Una mamma, un figlio, una vita rubata troppo presto. L’intervista a Laura Solimine

andrea
Quando sentiamo parlare di disgrazie, di malattie che colpiscono i bambini spesso tendiamo a pensare che no, a noi non potrà succedere. A noi non capiterà mai. Lo facciamo, credo,  per autoproteggerci, per poter pensare al futuro con il sorriso sulle labbra.
Ma a volte le cose non vanno come ognuno di noi spera.

A volte la malattia arriva, bussa alla porta e si porta via la cosa più preziosa che ogni mamma, ogni papà, ha: il proprio figlio.

Non ci voglio neppure pensare, ma credo che a tanto dolore io non riuscirei a sopravvivere.

Ci sono invece persone che nell’immenso, devastante dolore, trovano la forza non solo di andare a avanti, ma anche di aiutare i bambini meno fortunati e di dare sostegno alle loro famiglie.

E’ il caso di Laura Solimine, una persona che non ho avuto il piacere e l’onore di conoscere personalmente, ma che ho imparato a stimare, apprezzare ed ammirare seguendo le sue ‘gesta’.

Ve l’ho già presentata qualche tempo fa, lei ha fondato l’associazione “Insieme ad Andrea si può”.

Rossella Martinelli l’ha intervistata per noi.

Senza nulla togliere alle altre interviste, credo che questa sia davvero bella, toccante. Lascia il segno.

“Secondo il premio Nobel per la Letteratura José Saramago essere genitori è il maggior atto di coraggio che esista, perché significa esporsi a ogni tipo di dolore e alla possibilità di perdere quella creatura così amata che non è nostra, ma è soltanto un prestito: perché un figlio appartiene prima di tutto alla vita e al destino.
E il destino, a volte, può essere crudele. Lo è stato con Andrea Bassi, un bel bambino della provincia di Varese con i capelli neri e lisci, che amava la Juve, le figurine e il vento che gli scompigliava la chioma mentre andava in bici. Andrea aveva 11 anni: era pieno di sogni e speranze, aveva di fronte una vita intera da costruire e lui questo verbo lo amava particolarmente, perché come molti suoi coetanei taciturni adorava incastrare pezzetti di Lego e forgiare città, case, elicotteri.
Andrea era tutto questo. E molto altro. Era. Perché l’8 giugno del 2011 gli viene diagnosticata una leucemia linfoblastica acuta. Un referto terribile,  che lascia però spazio all’ottimismo: l’80% dei bambini che ne sono colpiti, si salva. E così, Andrea si sottopone al trapianto di midollo osseo, ma il destino ha altri programmi per lui: l’11 maggio 2012 il suo cuoricino smette di battere. Il giorno prima aveva realizzato il suo più grande sogno: ricevere la cresima.
Emulando l’esempio del suo bambino, che fino all’ultimo ha lottato e sperato, Laura Solimine, la sua splendida mamma, ha fondato “Insieme ad Andrea si può”: una onlus per supportare la ricerca contro la leucemia linfoblastica acuta, il cui obiettivo è dare un domani a quel 20% di bambini che ancora non ce la fa. Di questo e di molto altro abbiamo parlato con Laura: una donna forte e dall’animo gentile, capace di ripartire nonostante un lutto tanto devastante.

Non hai mai avuto rabbia nei confronti del destino o di Dio nel realizzare che tuo figlio è parte di quel 20% di bambini che non guariscono dalla leucemia linfoblastica acuta?
“Rabbia nei confronti della malattia sì, ma verso Dio mai: so che lui ha preso per mano il mio bambino e lo ha portato in Paradiso. Dio è colui che mi dà la forza per andare avanti ogni giorno ed è proprio stata la grande fede di Andrea a permettergli di affrontare con estrema pace e serenità le ultime settimane di vita: era come se fosse circondato da tanti angeli. Tant’è che ha insistito per poter ricevere la Cresima: si era preparato durante tutto l’anno insieme ai suoi compagni di catechismo. Il giorno prima di morire, il nostro parroco è andato in ospedale per impartirgli il sacramento: da quel momento l’ho visto ancora più tranquillo e senza ombra di paura”.

Molti bimbi malati compilano una lista di desideri: Andrea ne aveva altri?
“Andrea sapeva di essere alla fine, anche se non lo ha mai esplicitato a noi o ad altri. Aveva due desideri: avere una cameretta tutta per sé e tornare a Leolandia, dove era stato in gita con i compagni di classe divertendosi molto. Negli ultimi mesi, poi, aveva un altro sogno: fare una grande festa di compleanno. Stavamo organizzando il tutto e avevamo già preparato gli inviti, ma Andrea è andato in cielo qualche settimana prima di quel 29 maggio: abbiamo deciso di festeggiare comunque, qui a Jerago con Orago, sia quell’anno che il successivo, per ricordare tutti insieme la sua voglia di vivere”.

Qualche mese dopo la sua scomparsa, è nata la onlus “Insieme ad Andrea si può
“Un modo per tenere sempre vivo il ricordo del mio bambino e per reagire di fronte a una morte così ingiusta: dovevo continuare a lottare. Cerchiamo di sostenere la onlus con dei mercatini  in cui vendiamo oggetti realizzati dai bimbi del San Gerardo di Monza, dove Andrea era ricoverato, teniamo laboratori, facciamo gite, creiamo bomboniere per ogni ricorrenza e, di recente, ho pubblicato un libro: “La vita rubata”, ovvero il diario che ho tenuto sin dal primo giorno in cui ci è stato comunicato che Andrea era malato di leucemia. Oltre a questi metodi, è possibile sostenere l’associazione con il tesseramento o donando il cinque per mille . Con quanto raccolto fino ad ora siamo riusciti a sostenere una dottoressa del San Gerardo che si trova in Canada da un anno per trovare una cura per quel 20% di bambini che, attualmente, non hanno speranza di sopravvivere”.

Le mamme che perdono i loro bambini raccontano spesso di ricevere dei segnali. A te è mai capitato qualcosa di simile?
“È successo che una persona atea si sia convertita dopo aver conosciuto la storia di Andrea e abbia persino chiesto di ricevere i sacramenti. Oppure c’è la storia di un signore che un giorno è andato al cimitero ed ha pregato sulla tomba di Andrea, benché non lo conoscesse; l’indomani questo signore ha fatto un incidente e il destino ha voluto che io, un’estranea, fossi la prima a soccorrerlo”.

Hai altri due figli: Alessia, la maggiore e Michael, il più piccolo. Come è stato per loro vedere spegnersi il fratello?
“Per loro è stato ed è tutt’ora molto duro, perché sono comunque piccoli. Alessia, poi, era legatissima ad Andrea: avevano soltanto un anno di differenza. Quando è mancato le sono venuti mille sensi di colpa: si sentiva in qualche modo responsabile, perché quando lui era malato lei desiderava fortemente che fossimo tutti quanti a casa, uniti, e non in ospedale. Le siamo stati vicini per rassicurarla, anche se è un argomento di cui ancora non riescono a parlare molto”.

Che consigli dai a una madre che si trova a vivere il tuo stesso lutto?
“Le direi di affidarsi alla fede e di pensare che il suo bambino si trova vicino al Signore. Mi rendo conto che non è facile: per mio marito, ad esempio, è più dura. Crede in Dio e sa che Andrea ora è un angioletto, ma non riesce ad accettare che lui non sia più con noi. È difficile, è vero: Andrea è stato un dono, ci ha riempiti di felicità soltanto per 11 anni. Avrei voluto che allietasse più a lungo le nostre vite e, soprattutto, avrebbe dovuto vivere più di me. Ma lui, intanto, un miracolo lo ha già fatto: molte coppie si sfasciano quando perdono un figlio. Invece noi, nel suo ricordo, siamo più uniti di prima”.”

rossella-martinelli-21Rossella Martinelli

79 risposte a “Una mamma, un figlio, una vita rubata troppo presto. L’intervista a Laura Solimine

  1. non sei una merda AmbraFi ma solo una mamam come tutte noi e se mi fossi trovata al posto tuo cosa pensi che avrei fatto? anzi scusa cosa avrei pensato? esattamente quello che hai pensato tu.
    credo che la forza la trovi nella fede, la famiglia e/o amici e forse anche il fatto di avere altri figli ti sprona ad avìnadare avanti ma scusate non volgio neppure ensaric sarò codarda scusate ma al solo epnsiero mis coppia il cuore dal dolore..

  2. io sono d’accodo con ge1977: se hai altri figli la forza la trovi, per forza, perchè non puoi lasciarli soli, soprattutto dopo un dolore così devastante.
    se non hai altri figli, bè, non credo davvero che in questo caso la vita di un genitore possa andare avanti, si può sopravvivere perchè non si trova il coraggio di farla finita. ma altro non vedo.

  3. vorrei rispondere a Elisabetta
    Penso che in parte hai ragione, le malattie mortali ci sono sempre state… ma i tumori negli ultimi anni sono sempre più in aumento, e le cause, anche se non sono certe, sono dell’inquinamento, smog ecc…
    Probabilmente il mio bambino era più delicato, meno forte, ma sicuramente, non beveva, non fumava e tanto meno non assumeva sostanze stuperfacenti.
    Ripeto e sono sempre più convinta che il mondo che stiamo ammalando ci sta portando via le nostre creature.
    Il Signore li accompagna in paradiso, dando la forza a noi genitori di soppravvivere a tutto questo.

  4. io ho una grande fede nel Signore, me l’ha donata il mio Andrea qualche giorno prima che volasse in cielo… se solo aveste visto la sua serenità di fronte alla sua imminente morte…
    Non è un’aggrapparsi a qualsiasi cosa per soppravvivere al dolore, perchè il dolore quando perdi un figlio farà sempre parte della tua vita.
    E’ una fede che ti entra nel cuore. sento per certo che un giorno lo rivedrò per non separarmi più, anche se non lo capisci ora, perchè darmi un dono così bello e grande per poi portarmelo via, e in maniera così sofferente.
    Vorrei rispondere a tuttte quelle persone che anche per me il dolore è insopportabile, ingiusto e devastante… ma la forza devi averla, la trovi, devi andare avanti perchè hai una famiglia, altri figli che hanno bisogno di te.

  5. Non riesco a leggere l’articolo, scusate….Tremo al solo pensiero, sono una codarda, ma poichè mi è successo di rischiare di perdere il mio Filippo, so qual’è lo stato d’animo…per giorni e giorni ha lottato per vivere, ma non avevamo idea di quale sarebbe stato l’esito, e i medici brancolavano nel buio, so…so cosa vuol dire….e sono troppo codarda per riviverlo anche nell’esperienza di altri. ogni giorno, con la malattia di Filippo, so che basta una stupidata, una disattenzione, per morire. Può fare una vita normale, ma il pericolo è sempre in agguato, e il mio cuore sempre in fibrillazione.
    Io, come Maria, dico che non ho davvero risorse psicologiche sufficienti per sopravvivere a mio figlio. Vi dico, senza vergogna, che quando era su quel letto d’ospedale e ogni ora poteva essere l’ultima, io, lucidamente e serenamente, mi sono resa conto che se fosse morto io mi sarei uccisa immediatamente. Insultatemi pure per questo, ma vi giuro che non è stato un pensiero razionale, è come se fosse sgorgato da una parte nascosta del mio cervello, io stessa mi auto-dicevo che non dovevo ragionare così, che era un pensiero vergognoso, ma quella parte del cervello aveva tranquillamente deciso che non sarei sopravvissuta a mio figlio. Non so come spiegarlo, davvero…..Ora come ora rabbrividisco per quel mio pensiero, ma….se fosse capitato qualcosa credo che ora non sarei qui a raccontarlo…
    Scusatemi, mi sento una merda…

  6. È vero, pensi sempre che succeda agli altri, poi un giorno succede a te e ti ritrovi all’improvviso senza la terra sotto i piedi.
    La mia vita correva tra casa, figli e lavoro, una corsa continua che col sennò di poi, capisci che non ha senso, capisci e ridimensioni la corsa contro il tempo che non serve perché poi un giorno la vita si ferma e rallenta da sola e tu non puoi farci niente.
    Anche a mia figlia avevano diagnosticato una leucemia linfoplastica acuta, quel giorno rimane come una tegola sulla mia testa e su quella di tutta la famiglia.
    Io non sapevo niente di niente, non avevo mai frequentato neanche un ospedale se non per partorire, e tutto d’un tratto mi sono trovata a districarmi e cercare di capire di globuli rossi,bianchi, piastrine, neutrofili e quant’altro, decidere sulla terapia e sui protocolli da seguire, sterilizzare qualsiasi cosa, vivere giorno e notte con le mascherine e cercare di sorridere sempre, anche con tutta le ansie che mi portavo dentro.
    In tutto questo la mia, la nostra forza è stata solo lei, Martina, non si è mai abbattuta: 4 anni e ci ha insegnato tante cose nell’ultimo anno.
    La nostra fortuna è stata la sua reattività e il suo sorriso.
    Siamo stati davvero fortunati, ringrazio Dio tutti i giorni se lei ha superato così questa malattia e prego sempre che non ritorni mai più!
    Se ci sono stati momenti dolorosi nell’ultimo anno, anche perché si condividono le situazioni di tutti i bambini all’ospedale, non posso dimenticare anche le cose positive: i dottori, il reparto e soprattutto i volontari instancabili delle associazioni che sostengono questi bambini.
    I clown sono stati una salvezza e non li dimenticheremo mai.
    Il nostro cammino continua con la terapia di mantenimento, non è ancora finito, ma cerco sempre di trovare positività e per chi è toccato da questa esperienza non è facile perché le paure ci sono sempre, ogni giorno!
    Comunque sia comprerò il libro, sopratutto per aiutare l’associazione a raggiungere i suoi obiettivi.
    Dico a questa mamma che le sono vicina con il cuore e che la ammiro per aver trovato il modo per aiutare gli altri.

  7. @Kevin: non credo che gli interventi precedenti avessero l’intento di ferire o mancare di rispetto a qualcuno, ma che ponessero un interrogativo “dove si puo’ trovare la forza per resistere ad un dolore tanto forte?” …hai ragione la vita, la sopravvivenza ti fa svegliare , ti fa alzare e compiere tante azioni ma la forza per vivere di nuovo e non solo sopravvivere chi te la da? Mamma Laura ci dice la fede, qualcun altro puo’ dire i miei cari sopravvissuti, per latri puo’ essere la volonta’ di impegnarsi affinche’ nessun altro debba morire per una malattia…io non so davvero dove troverei la forza, quale potrebbe essere la mia ancora di salvezza…
    Una mia amica sta afforntando il calvario di mamma Laura, anche lei e’ forte e lotta come un leone per suo figlio, quando la incontri con lui mai un segno di cedimento sempre il sorriso sul viso ed una parola di incoraggiamento per chi incontra, quasi i ruoli fossero invertiti…poi lontana da occhi indiscreti e soprattutto dal suo bambino si sfoga e tira fuori tutto il suo dolore e la sua rabbia…per essere di nuovo carica e pronta ad affrontare quello che la aspetta…io la guardo ammirata, ammiro il suo coraggio, la sua forza, la sua pazienza e la sua determinazione e mi auguro con tutto il cuore che possa resistere…

  8. nn entro nel merito della fede o meno …. ognuno è libero di credere oppure no.
    io penso ke una perdita del genere possa essere affrontata solo qnd ci sono altri figli….per il bene degli altri figli. secondo me se ti muore il tuo unico figlio….non ce la fai a reagire xchè non ne trovi il motivo. una decina di anni fa una mia amica è morta in un incidente di macchina, figlia unica….i suoi non si sono mai ripresi….hanno continuato a “vagare” come zombi per il paese….
    magari sbaglio….ma io la penso così …. la fede sicuramente aiuta…..ma avere altri figli a cui pensare credo aiuti di più!!!!
    in ogni caso………un forte abbraccio a tutti i genitori ke perdono così ingiustamente i proprio figli!!!

  9. no kevin mis piace non è cosi, io credo che ognuno abbia una soglia del dolore e sappia bene se riesce o meno a sopportarlo, anche io mi sono posta la domanda e anche io dentro di me mi sono risposta se mio figlio morisse non ce la farei a sopportare il dolore, poi però se dovesse succedere spero solo di essere altrettanto forte come lo è stata e lo è tuttora Laura, il dolore nostro non è piu grande di altri il dolore per la perdita di una persona cara è dolore x tutti, e non è solo istinto alla vita, è diventare SOPRAVVIVENZA ALLA VITA perchè con un dolore cosi grande credo si riesca solo a sopravvivere, questo è il mio pensiero.
    x Laura:ciao cara amica!

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