C’è ancora domani… per fortuna!

Istockphoto

In queste ultime settimane la parola “patriarcato” credo sia una di quelle più usate, forse abusate, ma sicuramente più discusse.

Io sono cresciuta respirando la cultura del patriarcato. Sono femmina (non donna…) e quindi tante cose le ho dovute imparare perché il mio status di “signorina” me lo imponeva.
Le femmine devono saper rammendare, devono saper cucinare, fare la spesa, tenere in ordine una casa e fare i mestieri di casa. Le femmine devono essere composte. Non devono tentare il maschio. Le femmine devono dire di sì, ma poi con le buone portare il maschio a fare quello che vogliono loro.

E così che sono diventata grande, con questi insegnamenti, con questi esempi. Ma i miei genitori non credo che abbiano colpe. Loro hanno fatto del loro meglio. Anzi, rispetto ai miei nonni si sono “evoluti”. Ma era quella la mentalità di quell’epoca. E loro sin da piccoli sono stati educati all’obbedienza, al silenzio e al rispetto… del padre e degli adulti.

Mio nonno era “signurìa” anche per i figli e quando si pranzava tutti insieme nei giorni di festa, sedeva a capotavola e nessuno poteva iniziare a mangiare prima di lui.  Ricordo che noi piccoli lo guardavamo trepidanti e aspettavamo con la forchetta in mano. Ma il nonno prima di cominciare aspettava che tutti i commensali fossero seduti ai propri posti, anche le mamme (donne) che servivano i pasti. E nessuno si poteva alzare o allontanare dalla tavola senza il suo permesso.

Se il nonno decideva una cosa, era quella. Punto. Non si poteva discutere. Lui portava i pantaloni a casa.
Allora era così. E non so se si chiedessero se fosse giusto o sbagliato. Era così.

I miei genitori hanno cercato di replicare su noi figli quella che era stata la loro educazione. Ma nello stesso tempo hanno allentato la morsa. Ci hanno concesso cose che per loro non erano neppure pensabili.
Io ho avuto la possibilità di studiare. Sono andata all’università, ho convissuto con il mio fidanzato prima che diventasse mio marito (ma a mille chilometri di distanza dai miei e non è un dettaglio).
Ma la cultura del patriarcato l’ho respirata. Negli anni però l’ho rinnegata. Ma mi rendo conto che ne porto ancora i segni e gli strascichi. E ogni tanto la confondo con la “tradizione“. Continua a leggere

L’inganno!

Istockphoto

E’ dura, cavolo se è dura.
Mia nonna diceva sempre: “Figli piccoli, problemi piccoli. Figli grandi, problemi grandi”.

Ma è proprio così? Secondo me no.

A me sembrava faticoso quando erano piccoli e mi sento stanca anche adesso che ho un figlio in piena fase adolescenziale e uno in preadolescenza.

Quando vedo i bimbi piccoli nei passeggini, che dormono beati mentre i genitori li scarrozzano di qua e di là, oltre ad un profondo senso di invidia, penso: “Però,… sono proprio dolcissimi e bellissimi”

Ma è tutto un inganno, sappiatelo!

Proprio oggi al supermercato ho visto un papà con il suo figlioletto in braccio. Il piccolo era abbarbicato al collo del babbo, con il pollice in bocca e sonnecchiava tranquillo. Il papà lo avvolgeva come a dire: “Tranquillo ci sono io a proteggerti”. Il bimbo poteva avere più o meno un annetto.

Un quadro tenerissimo. Sono rimasta a guardarli per un po’.

MA ATTENZIONE: E’ PROPRIO IN QUEI MOMENTI CHE PARTE L’INGANNO. Continua a leggere

Auguri papà per la tua festa!

Auguri papà!

Auguri a te che hai sempre creduto in me e mi hai dato fiducia!

Auguri a te che a modo tuo, senza tante smancerie e con poche parole, mi hai fatto sempre sentire la tua vicinanza.

Auguri a te che hai sempre (o quasi) condiviso le mie scelte, anche quando non ti sembravano giuste.

Auguri a te che hai sempre delegato a mamma i NO da appiopparmi, perché tu, lo so, avresti fatto fatica a negarmi qualcosa. Continua a leggere

L’urlatrice

Non è mia abitudine criticare o parlare male della gente. Ma stavolta ho veramente provato vergogna per lei: una mamma di un bambino di nove anni che gioca a calcio.
Giovedì sera, in via del tutto straordinaria, i bambini della squadra di calcio di Luca hanno partecipato ad un torneo.

Dopo aver lasciato i ragazzi, noi genitori siamo andati sugli spalti e subito abbiamo notato questa signora. Capelli biondi, voluminosi, ricci. No, non l’abbiamo notata per il suo charme, ma per la sua voce. Lei non parlava, LEI URLAVA.  E diciamo che dalla sua bocca non uscivano solo dolci parole, ma anche frasi di cui non andare fieri. Poi qualche parolaccia qua e là condiva il tutto e rendeva la serata ancora più gelida di quella che era.
Il tifo è bello quando incoraggia, quando dà forza, non quando svilisce.
La “signora” invece pensava di sostenere la sua squadra urlando frasi irripetibili contro gli avversari che purtroppo, in quel momento, erano i nostri figli: bambini di 9 anni. Continua a leggere

Quando la memoria della mamma fa acqua da tutte le parti…

Io dico sempre a mio figlio che sono un po’ come Dory, l’amica di Nemo. Lei soffriva di perdita di memoria a breve termine. Io allargo l’arco temporale ad un tempo indefinito.
Tante cose mi sfuggono e per evitare di perdermi nei meandri dei miei impegni e in quelli dei miei figli, devo segnare tutto sull’agenda altrimenti le informazioni passano per direttissima dalla RAM del mio cervello al dimenticatoio generale.

E fin qua, trovo conforto nelle chiacchiere con le amiche e colleghe. Siamo tutte nelle stesse condizioni. “Sarà colpa dell’età che avanza” ci diciamo per trovare una giustificazione.

Ma la cosa che mi mette più in imbarazzo e non saper rispondere alle domande dei mei figli attinenti alle materie di studio.

Marco: “Mamma, tu queste cose le hai studiate a scuole, le devi sapere!”,
Io: “Vero, ma più di 35 anni fa”!
Marco: “E cosa importa. Se le hai studiate vuol dire che le hai apprese e quindi le devi sapere, altrimenti a che serve studiare se poi si dimenticano le cose!”

Io: “Tesoro, sarebbe bello. Ma le cose non vanno proprio così. Quando la memoria del cellulare è piena che fai?”
Marco: “Pulizia. Cancello le cose che non sono importanti. Generalmente parto dai video che sono i più pesanti”.
Continua a leggere

Gli Ulivi della mia terra

Oggi non vi parlo né di Marco, né di Luca, ma dei miei ulivi.
Sono nata e cresciuta in Puglia, nel brindisino. Una terra baciata dal sole e popolata da questi magnifici alberi che non ci hanno mai fatto mancare olio, olive, legna e perché no, anche ombra.
Un po’ come gli abeti per Heidi, questi giganti non sono solo dei tronchi con delle foglie, ma dei compagni di vita, dei compagni di lungo corso. Non sono solo belli, ma anche maestosi, rigogliosi e soprattutto centenari. Ce ne sono alcuni che sono addirittura millenari.

Ogni volta che andiamo giù dai nonni, porto i miei figli in un posto che adoro. Un appezzamento di terra a pochi chilometri dalla spiaggia di Torre Guaceto. Continua a leggere

Scuola di calcio o scuola di vita?

Ci risiamo.
Si cambia squadra, si cambia società, ma alla fine si rivivono sempre le stesse scene.

Sto parlando ancora di calcio, quello che dovrebbe essere a nove anni, secondo me, ancora un gioco. Divertimento. Attività sportiva. E invece…
E invece a volte più che una scuola di calcio diventa una scuola di vita che non risparmia delusioni e pianti. Continua a leggere

Quando i primi giorni di scuola diventano una corsa ad ostacoli…

Le ferie bisognerebbe prenderle a settembre, non ad agosto!

Non per andare al mare, per godere dell’estate settembrina. No, no. Ma per superare con nonchalance la corsa ad ostacoli rappresentata dalla riapertura della scuola.

Per fortuna che esistono i campus anche nelle prime settimane del mese di settembre. Certo, bisogna mettere mano al portafoglio, visto che non sono tanto economici (ma questo è un altro discorso). Almeno sono una soluzione.

Poi finalmente arriva il primo giorno di scuola. Finalmente… Ho scritto finalmente?
E invece non finisce un bel niente. Ma comincia tutto. Continua a leggere

Pronti, partenza… via. Quasi. Anzi no

Settembre dovrebbe essere un mese tranquillo. Nelle settimane post ferie si dovrebbe ancora beneficiare di quella dose di forza e coraggio accumulata durante le vacanze estive.
Come una medicina a rilascio modificato, di quelle il cui effetto dura a lungo nel tempo, anche se a dose minima, il relax accumulato dovrebbe sortire gli effetti sperati fino alle vacanze successive, praticamente a Natale.
Non so se avete notato l’uso smodato del condizionale “DOVREBBE”. Sì proprio “dovrebbe”.

Perché nei fatti, invece, non va proprio così. E mi chiedo? Come mai le mie riserve si sono consumate anzitempo, praticamente nei due giorni dopo il rientro dalle ferie?

Delle vacanze al mare l’unica cosa che mi rimane, oltre al ricordo, è la pelle un po’ più scura, che avrebbe tanto bisogno di scrub.
Poi, complice anche il cattivo tempo che imperversa da giorni, il calo delle temperature e i forti temporali, mi sento già proiettata verso le giornate autunnali.

E come tutti gli autunno-inverno che si rispettino, ci sono tutti gli incastri da fare. Continua a leggere

Ma quale festa della mamma…

Lo so che per molte di voi la “Festa della Mamma” è solo un evento commerciale, senza un vero significato. E probabilmente in altre occasioni sarei stata d’accordo con voi.
Ma quest’anno no. Non so per quale motivo, per quale recondito stato d’animo, per quale forma di insoddisfazione latente che alberga dentro di me, ma quest’anno ci tenevo a ricevere almeno un “Auguri Mamma!”, un disegnino, una frase scritta su un pezzo di carta volante. Un segno. Niente di prezioso a livello economico, ma di immensamente importante per me, per la mia anima, per il mio essere mamma.

Evidentemente ho sbagliato qualcosa. Forse ho sbagliato in origine, nell’aspettarmi qualcosa. Ma senza farne mistero, ci sono rimasta male, molto male. Continua a leggere