A ZOOM Torino è già Halloween!
Zucche di ogni dimensione, ragnatele, scheletri, ragni e streghette popolano il parco zoologico.
Ma ciò che lascia sempre a bocca aperta sono loro, gli animali che popolano questo bioparco.
Domenica scorsa siamo andati, per la seconda volta, in questo incantevole parco, dove la natura regna sovrana nel rispetto massimo degli inquilini che lo popolano.
La cosa che ogni volta mi colpisce e mi stupisce è la bellezza della struttura con questa natura così rigogliosa, le cascate, i laghetti, le piante, i fiori. E poi loro: lemuri, suricati, cicogne, zebre, rinoceronte, tigri, gibboni, pinguini, ippopotami, giraffe, che se la godono allegramente … Non c’è il leone, ma tutti gli animali sono trattati come dei “re”.
Non ci sono gabbie, ma isole. Staccionate, sassi, rocce e corsi d’acqua a fare da perimetro al posto delle reti di ferro. In molti casi sono stati ricreati anche gli habitat naturali. E sarà forse per tutto questo che si ha la sensazione che gli animali a Zoom vivano quasi “liberi” o comunque che stiano proprio bene.
L’isola che mi è piaciuta di più? Il Madagascar!
A conquistarmi sempre loro: i lemuri. Non so quanti siano, ma sono veramente tanti e di diverse razze. Saltano di ramo in ramo con una velocità e una delicatezza straordinaria. Simpatici animaletti dal passato leggendario. Ecco cosa si dice di loro:
A fare la differenza con gli altri parchi sono anche gli incontri con i biologi del parco. Un’esperienza che arricchisce e che dà l’occasione a grandi e piccini di imparare tante cose sugli animali.
E’ come vedere un documentario naturalistico, ma dal vivo.
I biologi si mettono a disposizione degli ospiti, spiegando loro tutte le caratteristiche, le peculiarità e le curiosità sugli animali che si trovano lì. E rispondono poi a tutte le domande che gli vengono rivolte.
Noi abbiamo assistito al “feeding dei pinguini”.
Vedere i pennuti in smoking mangiare è stato molto divertente. Loro sono piccolini e fuori dall’acqua sembrano impacciati, goffi e buffi. Ma quando si tuffano riescono a raggiungere velocità pazzesche, soprattutto quando c’è un pesciolino da conquistare e mangiare.
E’ quasi ressa. Piccoli siluri, anche molto agili.
E quando nuotano con le pinne aperte, poi, sembrano degli uccelli che volano e volteggiano in acqua.
Dopo aver distribuito pesciolini a tutti i pinguini, la biologa ha chiesto ai bambini presenti se avessero domande da fare. Tutti con le mani alzate uno ad uno hanno cominciato a fare le domande più disparate: “Come fanno ad ingoiare un pesce intero? Dove lo mettono? Che cos’è il gozzo? E le foglie che cadono nell’acqua sono pericolose? Le possono ingoiare?”
E poi ancora: “Perché hanno un anello all’ala?”…
Alla fine anche Marco ha sollevato la mano e ha chiesto: “I pinguini sono come i delfini? Fanno uscire l’aria fuori dalla schiena? Vedo delle bolle sul dorso. Respirano così?”
La biologa lo ha guardato e gli ha detto: “Sei un ottimo osservatore. Ma no, i pinguini non sono come i delfini. Loro hanno un forellino sulla parte superiore del naso, l’aria esce da lì, ma si incanala tra le piume e sembra come se le bollicine uscissero dalla schiena, proprio come hai detto tu! Bravo, in pochi mi fanno domande così particolari!”
Marco era orgogliosissimo…
Lasciati i piccoli pennuti bianchi e neri, siamo andati ad ascoltare “i segreti sulle tigri”, poi la storia di “Freddy, il rinoceronte”.
Stavamo per assistere a “gli ippopotami sotto’acqua”, ma abbiamo dovuto abbandonare il gruppo perché ci attendeva un’esperienza ancora più eccitante e adrenalinica: “La extra experience: diventa falconiere”
A dirla tutta io mi sono limitata a fare da fotografa della famiglia. Non ho avuto il coraggio di far atterrare sul mio braccio i rapaci. Avevo paura che mi mordessero.
I loro becchi mi fanno paura. I loro artigli mi fanno tremare.
I miei tre uomini invece sì. E anche con molto piacere.
Abbiamo avuto l’onore di vedere da vicino (loro tre da molto molto vicino) aquile, gufi, barbagianni, poiane, falchi e avvoltoi.
Non so come abbiano fatto i miei due piccoli ometti a reggere rapaci così grandi. Ma vi assicuro che erano eccitatissimi. Felicissimi. Orgogliosi del loro coraggio.
Ed io ho immortalato i loro sorrisi con decine e decine di scatti.
L’unico rapace che forse avrei potuto prendere in mano io è il barbagianni. Aveva delle piume bianche, lucide, con dei riflessi dorati. Veniva voglia di accarezzarlo.
Ma il falconiere ci ha spiegato che questi piccoli rapaci si possono toccare solo sul petto e delicatamente. L’unto delle nostre mani sporca il loro piumaggio e toglie quella patina di grasso che a loro serve per rendere le penne impermeabili e proteggersi così dalla pioggia.
Dopo la extra experience siamo rimasti ancora nell’anfiteatro per assistere allo spettacolo del volo dei rapaci.
“Guardate, quello è Geronimo, con le sue penne gli indiani si facevano i copricapo. Quello è un barbagianni, ma è femmina, si chiama Valentina”. Luca voleva mettersi in mostra, aveva voglia di dire a tutti che lui quei rapaci li aveva presi sul suo braccio.
Stanchi e anche un po’ infreddoliti, siamo usciti dal parco che era ormai l’ora di chiusura.
Ed esattamente come è successo la prima volta i bambini, una volta in macchina, prima di addormentarsi ci hanno chiesto: “Quando torniamo?”
La prossima volta (perché ci sarà una prossima volta!), tiferò per “l’extra experience giraffe feeding”.
Riuscirò a dare da mangiare alle giraffe? Non so, mezzo metro di lingua blu… mi fa impressione 😉
Ma almeno ci posso provare!