La prima gara di Taekwondo

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C’è una prima volta per tutto. E domenica scorsa per Marco è stata la sua prima volta in una gara di Taekwondo
Si è battuto con bambini che non conosceva e che non aveva mai visto prima.

Sono sincera, quando l’ho iscritto a Taekwondo non conoscevo molto di quest’arte marziale. Per me era un modo per fargli fare un po’ di sport, un po di movimento. E speravo che imparasse anche a rispettare le regole, insomma la disciplina.
Mai avrei immaginato di assistere a combattimenti dove se le danno di santa ragione. Calci e pugni a volontà. Certo, sempre rispettando le regole. Ma di cazzotti e piedate sempre si tratta!

Domenica ho assistito proprio a scene di questo tipo.

In un padiglione immenso di una fiera, in provincia di Bergamo, erano riunite tutte le varie arti marziali. E vi assicuro che ne ho visto delle belle.

La mattina alzataccia per preparare i panini e per arrivare alle nove in punto all’appuntamento con gli altri ragazzi della scuola.

Io e Marco siamo andati insieme ad un suo amichetto e alla sua mamma. Mio marito e Luca sono arrivati dopo un paio di ore.
“Marco sei emozionato?”, gli ho chiesto prima di andare
Mi ha risposto: “Perché dovrei esserlo?”
Ok, mi sembra che lo spirito sia quello giusto. 🙂
Arrivati a destinazione, però, mi sono resa conto che lo spirito di Marco e del suo amico, che ridevano, scherzavano, si rincorrevano, non coincideva con quello degli altri compagni. I nostri erano lì per passare una giornata insieme, per divertirsi e anche per gareggiare. Gli altri erano lì per combattere e vincere.

Sentivo i genitori fomentare i propri figli con frasi anche pesanti e con parole irripetibili tipo: “Vai e massacralo, stendilo, distruggilo, annientalo …”.

Un ragazzotto, poteva avere 10-11 anni, ha detto ad un amico: “Tranquillo, ho corrotto il giudice”
L’ho guardato incredula e mi sono detta tra me e me: “Parla di corruzione e non ha neanche la barba … e quando sarà grande che farà? Ma poi, dove le sente queste cose?”.

Forse un po’ di spirito di competizione ci vorrebbe. Ma quello, secondo me, è veramente troppo.

A gareggiare c’erano, oltre ai ragazzi più grandi e alle cinture nere, anche i bambini piccoli. Tutti avvolti in questi kimono più grandi di loro. Mi faceva una tenerezza a vederli così.
Poi invece, con caschetto, paradenti, guantoni e calzari sul tappeto se le davano con forza e veemenza.

L’attesa è stata lunga, estenuante, a tratti anche noiosa.

Ma quando ad un certo punto hanno chiamato Marco una scarica di adrenalina ha percorso tutto il mio corpo. L’ho abbracciato e gli ho detto nell’orecchio: “Vai e divertiti. Comunque vada mamma è orgogliosa di te!”. E poi sono corsa a trovare una posizione degna per riprenderlo con un video.

Il papà era al bordo del tappeto che gli dava dei consigli in veste di coach.

Il primo combattimento l’ha vinto, il secondo lo ha perso. Ma si è difeso bene, con coraggio e determinazione.

Certo, incitarlo a picchiarsi mi faceva specie, quando poi tutti i giorni continuo a ripetere che le mani non si usano e che non ci si picchia!

I combattimenti più violenti, ovviamente sono stati quelli dei grandi. Ad una gara di kick boxing un ragazzo ha ricevuto un pugno dritto dritto in faccia. Si è fermato, ha tolto il paradenti, ha sputato il dente che gli era saltato e ha continuato a combattere.

Per fortuna è una scena che mi è stata raccontata. Io non l’ho vista dal vivo.

“Ma come si fa a perdere un dente e a continuare a combattere? Io mi sarei messa a piangere per il resto della vita!” ho detto a mio marito.
“E infatti tu non fai arti marziali!”, mi ha risposto.
“Beh… non mi dispiace affatto! Per quanto mi riguarda preferisco la zumba”

Ad un incontro di Taekwondo, invece, un ragazzo ha scelto di non indossare il casco (che dopo una certa età è facoltativo), ha preso una botta sull’occhio che faceva impressione. Dopo un’ora sembrava Mike Tyson…

In una specie di gabbia per tigri, invece, c’erano dei ragazzi che facevano lotta libera.
“Marco, vieni a vedere… questi combattono come facciamo noi a casa…”, ha detto Luca al fratello.

E io: “Bene, ci mancava solo questo. E ora chi li fermerà più quei due…”

Tra tutte le discipline mi è piaciuta la “capoeira”, un’arte marziale brasiliana. A ritmo di djembe uomini e donne, tutti vestiti di bianco, danzavano, volteggiavano. Era bellissimo vederli.

Siamo tornati a casa che era ormai sera. Stanchi ma arricchiti di questa nuova esperienza e anche con un bel bottino: una medaglia d’argento e una di bronzo.

Ma soprattutto siamo tornati a casa sereni e con il sorriso.

Tanti bambini, invece, hanno pianto. Hanno pianto per la sconfitta. E hanno pianto anche temendo i rimproveri dei genitori.

E ho visto con i miei occhi papà rimproverare, con parole anche dure, i propri figli rei di non aver vinto la medaglia di oro!

Ma che spirito è quello? Cosa insegniamo ai nostri figli? E’ l’atteggiamento migliore? Così li sproniamo o li mortifichiamo?

Non lo so.

Io ai miei figli dico sempre che non importa arrivare primi. Che ciò che importa è l’impegno, essere certi di aver dato tutto il possibile.
Ma così facendo… a volte si accontentano e non puntano oltre.

Chissà qual è la strategia più giusta…

 

 

21 risposte a “La prima gara di Taekwondo

  1. mi è scappato l’invio….
    cmq anche a me non piace vedere che ci sono genitori che urlano ai figli per primeggiare nello sport come se fosse questione di vita o di morte… cavoli lo sport serve per imparare regole, fare amicizie e divertirsi… e come te dico, decidi di fare uno sport ok, ti devi impegnare, se riesci bene se non riesci amen ma impegnati e divertiti…

    @deny20: mi spiace molto per tua mamma … un mega abbraccio

  2. @maria: io ho praticato karate fino alla cintura nera (con scarsi risultati mentre mio fratello era bravissimo) ma ho sempre vissuto questo sport come uno sport non come una questione di vita e di morte, ho assistito a combattimenti (soprattutto tra cinture nere e ragazzi grandi) dove se le davano di santa ragione, certe volte erano più violenti quelli delle ragazze che quelli dei ragazzi, ma poi amici come prima…
    Luca sta facendo judo, per ora è un gioco, ma ha i compiti da fare a casa (noi leggiamo una pagina di un libro con molti disegni delle mosse e adatto a bambini e lui deve fare un disegno su un quaderno) e il maestro poi li guarda e dà il voto…a volte penso che sia esagerato ma altre penso che gli fa solo bene xchè si sta preparando alla responsabilità dei compiti di prima elementare… cmq l’ambiente della palestra è molto amichevole e famigliare e a lui piace… però vedo che il judo rispetto al karate è meno violento… per fortuna
    cmq quando facevo io karate il maestro si era raccomandato di usare le “mosse” solo per difendersi e in palestra e così sto dicendo a luca… si fanno le mosse solo in palestra, se vuole con il papà per provarle, ma MAI e poi MAI a scuola

  3. Ho praticato un po’ di kick boxing fino a quando mi sono accorta di essere incinta … andavo giusto per divertimento: niente cinture, niente gare, una vera e propria schiappa!!!!! 😀
    Mi spiace tantissimo no potere far praticare alcuno sport ai miei figli per mancanza di tempo e di accompagnatori … ma, senza alcun dubbio, lo scopo sarebbero lo sport ed il divertimento, non sono certo una di quelle mamme i cui figli devono a tutti i costi primeggiare!!!

    @Deny20: mi dispiace tantissimo per la tua mamma, ti sono vicina!

  4. Sai, giusto ieri sera leggevo un articolo che parla di una mamma che ha postato un video in cui chiede all’amichetto stalker della figlia 15enne (coetaneo anche lui, più o meno) di lasciarla stare, perché se la figlia ha detto che vuole solo essere amica, lui deve rispettare la sua scelta.

    Secondo la mamma, questi atteggiamenti sono dovuti anche a un messaggio sbagliato, o meglio, dico io, giusto di base ma applicato in modo sbagliato: cioè che i genitori dicono che non ti devi arrendere, che devi avere quello che vuoi, che devi insistere finché non ottieni. Chiaro che poi un 15enne con gli ormoni impazziti (o anche un 30enne, ovvio) fanno i danni.

    Quindi secondo me anche e soprattutto nello sport si passa un messaggio giusto (impegnati) ma distorto (massacralo).

    La strategia più giusta, almeno all’inizio, è la tua. Ovvio che se poi vogliono andare avanti ci deve essere più impegno eccetera ma a quell’età è più un divertimento che una corsa all’oro olimpico.

  5. @Maria: ti adoroooooo. Raccontando di Marco mi sembra che tu stia raccontando Vanessa (panini compresi). La differenza è che lei non ha mai vinto una medaglia se non quando le davano a tutti 🙂 e non ti dico che soddisfazione.
    Scherzi a parte, anche io come te le dicevo che ero orgogliosissima di lei, a me non importava il fatto che arrivasse ultima, o penultima…tanto ci ero abituata. A me importava che ci “mettesse la faccia” provandoci e dando il meglio di se. Probabilmente avendo avuto una figlia che non primeggiava le sconfitte non facevano male, non so. Quello che so è che i genitori che hai descritto mi fanno una gran pena, e ancor di più i figli di questi genitori. Perchè questi bambini devono sentirsi così falliti? Lo sport non dovrebbe insegnare il divertimento e lo stare bene? E i genitori non dovrebbero consolare e attutire i fallimenti? (che poi fallimenti non sono).

  6. Ciao mamme …. è da molto tempo che non vi scrivo più .. purtroppo gli ultimi tempi sono stati molto difficili …. vi ho letto quando potevo però non avevo neanche il tempo di respirare … una “bruttissima” malattia si è portata via mia mamma per sempre .. purtroppo!! E io essendo figlia unica vi lascio immaginare quello che ho passato!! Comunque bravo al nostro mini campione di Taekwondo!! Io ho mio figlio più grande che gioca a basket e quest’anno per la prima volta ha partecipato ad un piccolo campionato … io di mio gli dico sempre di divertirsi e non polemizzare se qualche compagno sbaglia o altro .. ma ci sono dei genitori veramente che “fanno paura” urlano e strapazzano i figli come se dovessero partecipare all’NBA!!! Sono bambini e si devono divertire ..

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