Compiti a casa? Mio figlio mi fa disperare!

santarelli6Il tema che affronta oggi la psicologa amica, la dottoressa Francesca Santarelli, direi che mi tocca molto da vicino.

Stamattina anche la scuola di Marco ha riaperto i cancelli. Comincia per noi l’avventura della seconda elementare. Dico per NOI e non solo per LUI, perché l’andamento scolastico è un argomento che riguarda tutta la famiglia e me in particolare sul fronte compiti a casa.
E la parola fronte non l’ho usata a caso. I compiti sono “un fronte di battaglia” che ogni weekend ci vede in prima linea.
So già che da qui a qualche giorno riprenderemo il solito tira e molla: “Marco sbrigati, Marco non ti addormentare sul quaderno, Marco datti una mossa…”
Speriamo solo che quest’anno vada meglio.
In ogni caso cercherò di fare tesoro dei consigli della dottoressa Santarelli.

Ecco cosa ci dice:

“Prima o poi ogni genitori ci passa: il nostro cucciolo cresce, andrà a scuola e arriverà il diario con su scritto i suoi primi compiti da fare a casa!
Ecco…..il momento dei compiti a casa è un evento che può mettere a dura prova la pazienza del più santo dei genitori.
Soprattutto se nostro figlio ci complica le cose con svogliatezza, irrequietezza, ansia e non voglia!

Quando un figlio si rifiuta ripetutamente di impegnarsi, si perde, si lamenta, sbuffa, ecc., un genitore spesso si innervosisce, si sente preso in giro, oppure vive i comportamenti del figlio come una provocazione o un affronto al proprio ruolo di genitoriale.
La reazione, quindi, è spesso di arrabbiarsi con lui, sgridarlo, accusarlo di scarso impegno o studio, punirlo o ricattarlo in vari modi, o addirittura svolgere i compiti al posto suo per porre fine alle liti.

Queste reazioni sono comprensibili, soprattutto quando si torna a casa dal lavoro già stanchi e provati e con la pazienza che si conta col contagocce e il tempo che vola ….giungendo all’ora di cena in un batter d’occhio e con tutti i libri ancora sul tavolo!
Per rompere questo circolo vizioso di negatività è necessario andare un po’ incontro al bambino cercando di capire quali sono i motivi che stanno alla base di un tale comportamento, cercando di comprendere innanzitutto cosa gli succede, cosa si nasconde dietro ai suoi comportamenti che ci mettono cosi a dura prova.
Ma proviamo prima a capire la situazione opposta: cosa accade ai bambini che invece fanno i compiti a casa con più serenità?

Un bambino fa volentieri i compiti quando questa esperienza è per lui fonte di piacere e di soddisfazione personale, quando si sente “capace” di svolgerli e sa cosa si deve fare per riuscire bene, quando è sicuro che con un po’ di sforzo ce la può fare, quando trova interessanti e divertenti le cose che impara, quando sente che la mamma o il papà sono contenti nel vedere i suoi risultati positivi, quando li sente vicini e sente che può contare sul loro incoraggiamento o sostegno in caso di bisogno, quando è sereno e non ha particolari preoccupazioni.
Partendo da questa considerazioni, forse già ad alcuni di voi, si saranno aperte mille finestrelle in testa e avranno provato a darsi qualche risposta…se pur ipotizzata!
Ed ecco allora che è più facile comprendere che, un bambino non fa volentieri i compiti quando questa esperienza è per lui fonte di dispiacere o di umiliazione personale.
Succede quando si sente “incapace” di svolgerli e non sa cosa si deve fare per riuscire bene, oppure lo sa ma non ci riesce da solo, quando è insicuro e teme di fare brutta figura, quando non trova piacere in quello che fa e non si sente stimolato, quando sente che la mamma e il papà si arrabbiano e sono delusi di lui per i suoi comportamenti, oppure quando non riesce a soddisfare le loro pretese, quando ha preoccupazioni forti su qualcosa d’altro che gli impediscono di concentrarsi.

A volte inoltre, quando bambino non vuole fare i compiti, potrebbe esserci alla base anche un DSA (disturbo Specifico dell’Apprendimento (da diagnosticare verso i 7-8 anni) oppure altri disturbi di origine neurologica (disturbi alla vista..)
Cogliere profondamente e attentamente questi aspetti è molto importante per riuscire a svolgere la propria funzione genitoriale con efficacia, cioè per offrire al proprio figlio l’aiuto di cui ha realmente bisogno. Riuscendo a cogliere il nocciolo della sua difficoltà, è più facile trovare la strategia giusta per ottenere la sua collaborazione anche quando fare i compiti non è per lui piacevole. Non comprenderle o ignorarle, invece, porterà molto probabilmente ad una sua ribellione e al cosiddetto “muro contro muro”.

Per appuntamenti  con la dottoressa Francesca Santarelli, o info, potete visitare il sito Internet del suo studio: www.studiosantarellidecarolis.com 

 

 

 

 

26 risposte a “Compiti a casa? Mio figlio mi fa disperare!

  1. Mia figlia ha frequentato le elementari a tempo pieno terminando le lezioni alle 15:45 e poi 2 ore di doposcuola, veniva a casa la sera con ancora quasi tutti i compiti da fare perchè era lenta e svogliata,le maestre l’hanno seguita costantemente,lei le adorava, ma non sono mai riuscite a renderla autonoma nei compiti, a casa lo svolgimento si trasformava in dramma con ricatti, pianti, ma anche comprensione e dolcezza, le abbiamo provate tutte senza ottenere nulla. Ora sta per iniziare la prima media e ha già detto che non le interessa….non ha neppure finito i compiti, siamo un caso senza speranza?

  2. Allora…in teoria sono d’accordo con CriCri e spero di riuscire ad utilizzare lo stesso metodo che mi sembra il piu’ corretto soprattutto per la crescita del bambino. Pero’ devo dire che ci sono bambini che non hanno proprio voglia di studiare e se ne fregano se la maestra gli mette un brutto voto, per cui e’ logico che il genitore debba mettersi a fianco del figlio (mai sostituirsi) e spronarlo e se necessario obbligarlo a fare i compiti.
    Io sono sempre stata bravissima a scuola, mia madre non mi ha mai aiutato nello studio, mentre mio marito fino alle superiori era un disastro (poi ha cambiato rotta) e voleva solo giocare , cosi’ mia suocera gli e’ dovuta stare molto dietro…quando parliamo di Fede la frase finale e’ sempre “speriamo che per lo studio abbia preso dalla mamma!”…fra qualche mese vi aggiornero’

  3. ah dimenticavo: ho conosciuto ragazzi con genitori separati che erano bravissimi a scuola. Mentre ragazzi con famiglia unita ma con zero voglia di studiare.
    Quindi (a mio parere) il tutto dipende dal ragazzo piu’ che dalla situazione intorno a lui.

  4. BRAVA CRICRI!!!!! LA PENSO ESATTAMENTE COME TE! E anche a me questo articolo non mi convince…
    noi siamo ancora all’ultimo anno di asilo e sarà un “problema” che mi si presenterà l’anno prossimo.
    Ma una cosa che non capisco e che mi fa innervosire all’ennesima potenza e è quando sento mamme lamentarsi dei troppi compiti assegnati ai figli e del tempo che perdono per fare i compiti con loro. Ora, io dico: ma perché devo stare lì con mio figlio mentre fa i compiti o studia?????????? Ma non esiste proprio!!!!! Non è questione di menefreghismo (passatemi il termine) anzi , è un lavoro che secondo me inizia prima della scuola: qeullo di responsabilizzare il bambino: stai crescendo, figlio mio, ed è giusto che tu ti organizzi. Ovvio che noi genitori interveniamo in caso di necessità.
    Anche i miei genitori intervenivano solo se chiedevo qualcosa perché non avevo capito ! non li facevo? fatti miei, prendevo la nota sul diario e di conseguenza un bel castigo !!!! (ehehe non ero proprio una studente modello 🙂 🙁 🙂 … poi mi sono un po’ raddrizzata è???!!!).
    quindi sono dell’idea: in classe ti hanno spiegato, fai i compiti/studi, mi chiedi se non hai capito e ti aiuto volentieri. poi stop. Non hai fatto i compiti? li fai adesso o fai la figura davanti ai tuoi compagni.

  5. @ CriCri: anche mia mamma faceva così. Se io o mio fratello chiedevamo aiuto (per cose in cui era in grado di aiutarci, chiaro; ad esempio i compiti di inglese no perché non lo ha studiato), ci aiutava per quel che poteva ma mai si è sostituita a noi.
    Io in matematica ero una frana e mamma mi aiutava più a farmi ragionare sui problemi/espressioni invece che risolvermeli. Ci passavamo le ore e spesso non riuscivo a risolverli comunque correttamente…

    A 6 anni ho imparato a leggere e scrivere dopo un’operazione agli occhi che ha costretto l’occhio buono a stare bendato e l’occhio cieco a sforzarsi (questo a casa, a scuola niente benda perché sennò sì che erano problemi – ma provate a imparare a scrivere o a fare un tema con un occhio che sta recuperando da cieco a vedente piano piano con la riabilitazione)… Non penso che sia peggio di un bambino che vede i genitori separarsi, ma non è stato un motivo di “non ho energie mentali per stare sui compiti”.

  6. ho dimenticato di aggiungere che quando fa i compiti di distrae parecchio,si muove e non si concentra.E alla fine ci mettiamo una giornata intera per finire 2 compiti..Grazie

  7. Buongiorno, che dire…argomento molto interessante e doloroso.Mio figlio Matteo inizierà la seconda elementare e di fare i compiti non vuole sapere,anzi mi ha detto che non gli piace la scuola (iniziamo bene dato che siamo ancora in seconda….aiuto!!!)
    Detto ciò, anticipo che sono separata da mio marito ormai da quasi 4 anni,abbiamo un rapporto tranquillo e sereno per lui e per noi.
    Il primo anno di scuola è stato faticoso molto, le insegnanti mi ripetevano sempre che potrebbe fare di più ecc.ecc. il problema è che mio figlio è molto curioso ed anche a livello linguistico è avanti,ma non trova interessante quello che fa a scuola e non so come farglielo piacere dato che avrà davanti a sè anni e anni di scuola.Ogni volta fargli fare i compiti è un incubo per me,arriva il week end che non vedo l’ora che sia lunedì. Come posso fare per aiutarlo ad apprezzare di più quello che fa a scuola?
    Grazie mille …Deborah

  8. Maria in prima elementare ho avuto difficoltà perchè Asia ci ha messo un pò ad imparare a leggere, le davo cmq coraggio anche se le difficoltà all’ìinizio c’erano. In seconda è andata meglio è abbastanza autodidatta e chiede aiuto in difficoltà ma questo è capitato davvero pochissime volte si gestisce da sola, ovviamente devo essere sempre io a darle il via e se non termina una cosa parlando dei compiti da fare nel week end ha cmq la responsabiltà o “la paura” della maestra per cui finisce tutto. Ora m ha detto che ha un pò paura della terza elementare, le ho dato coraggio dicendo che tutto s’impara basta avere voglia.

  9. dimenticavo….se mi si chiede l’aiuto per una ricerca per una spiegazione semplice certo lo do e ben volentieri….non vorrei passasse per una menefreghista perchè non è così….sembra il contrario ma non è così.

  10. Mah questo articolo mi lascia un pochino perplessa. Sarà che io sono tra quelle che ha come motto “arrangiatevi”…non so. Io solo con la prima e solo per pochissimi giorni sono stata vicino mentre faceva i compiti, poi dopo aver compreso che la mia presenza voleva dire una sua svogliatezza beh cara mia ti puoi tranquillamente autogestire. Il problema di avere o meno voglia di fare i compiti dipende, dal mio modesto parere, anche dal carattere del bambino. E’ vero che se non ha capito la lezione ha difficoltà nello svolgimento dell’esercizio ma è anche vero che l’esercizio serve proprio a capire quanto il bambino ha compreso. Se un genitore si sostituisce al figlio purché questo vada a scuola con i compiti fatti beh il male lo fa proprio a suo figlio. Poi sempre secondo me se c’è un problema di apprendimento solitamente l’insegnante si rende conto. Io, mi sembra di averlo già scritto da qualche parte, con la prima…in prima (scusate il gioco di parole) è capitato (una volta x la verità) che andasse a scuola il lunedì senza aver terminato ciò che le era stato assegnato. Avevo notato che il sabato si stava trastullando ma ho solo detto: hai finito i compiti? Quasi. La domenica sera alle 8 mi dice: ma io non ho finito di fare i compiti. E allora? Mi aiuti? NO. Ma la maestra mi sgriderà! Fatti tuoi. Effettivamente la maestra l’ha ripresa e lei ha pianto non per la sgridata ma per l’umiliazione subita (che poi la maestra non l’ha umiliata le ha solo detto Vanessa come mai non hai fatto i compiti sei andata fuori?). Io alla ricreazione sono andata dall’insegnante e le ho detto che volutamente non sono intervenuta e che avrei fatto sempre così perché? A scuola va lei e non io! Però onestamente capisco anche chi non agisce come me, non lo condivido ma lo capisco. C’era una mamma di mia figlia, una persona splendida, che all’epoca sua andava molto bene a scuola. Per lei avere il figlio che non finiva i compiti era una cosa tremenda…era consapevole di non fare proprio il suo bene ma era più forte di lei.

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