La ribellione

I “no”, lo sappiamo tutti, ai bambini proprio non piacciono.
Ma ci sono modi e modi per reagire davanti ad un “no” detto da mamma e papà.

La settimana scorsa, e precisamente lunedì, giorno dell’Epifania, eravamo tutti a casa. Era sera. Marco e Luca avevano chiesto di vedere i cartoni.
Mio marito aveva acconsentito, dando però un limite di tempo: mezz’ora, non un minuto di più.

Allo scadere del tempo Marco cominciò a frignare, a dire che voleva vederne altri, insomma a fare i soliti capricci.
Ma con una dose massiccia di rabbia.

E al “no” secco di mio marito, in preda ad uno scatto d’ira inspiegabile gli disse: “E’ meglio non avere papà, che averne uno come te!”.

Una frase così cattiva e pungente non me la sarei mai aspettata da un bambino dolce come lui.

Mio marito quella sera non gli rivolse più la parola e preparò la valigia.

Doveva andare via per lavoro il giorno dopo e stare via tutta la settimana, ma cominciò a preparare la valigia con un po’ di anticipo proprio per dargli un segnale forte.

Luca: “Papà che fai?”

E lui: “La valigia. Vado via, così Marco capirà se è meglio non avere un papà o avere me”

Marco capì la gravità della cosa che aveva detto. Più e più volte provò a riavvicinarsi al padre chiedendogli anche scusa. Prima un po’ sottovoce, poi quando il papà era fuori dalla stanza, alla fine dopo vari tentativi andati a male finalmente si armò di coraggio, si avvicinò e gli chiese scusa.

Ma mio marito gli rispose che era troppo tardi e che sarebbe andato via lo stesso.

Alle nove di sera portai Marco a letto.

Ma lui era troppo rammaricato e triste per addormentarsi.

A quel punto mio maritò andò da lui, parlarono un po’ a porte chiuse, si chiarirono e Marco gli promise che non si sarebbe più comportato così.

Sembrava che avesse capito, imparato la lezione.

Invece ieri sera c’è stata una mezza ricaduta.

Mio marito era fuori per lavoro. Eravamo a tavola solo noi tre, io e i miei due monelli. Avevo dato i fermenti lattici a Luca.
Anche Marco li voleva e così ha cominciato di nuovo a frignare: “Non è giusto solo a Luca, anche io voglio i fermenti lattici”.

E io: “Ma tu stai bene, che senso ha?”

A quel punto, con voce ferma e decisa mi ha detto: “Ti odio”

Mi sono girata verso di lui incredula, “Cosa? Cosa hai detto?”

Marco era diventato rosso fuoco. Si era accorto della gravità della cosa che mi aveva detto.

Sono stata molto dura con lui per tutta la sera. Niente coccole, niente storie. Dopo cena subito a letto.

Mi ha chiesto scusa, sempre sottovoce.

Gli ho detto che certe frasi fanno male, molto male e che non basta dire “scusa” per cancellare il dolore.

Anche stamattina sono stata piuttosto fredda con lui.

Avrà imparato la lezione?

 

 

 

33 risposte a “La ribellione

  1. @ambraFI: immagino il dispiacere… io però sono arrivata al max a prendere scopa e paletta e miracolosamente Luca inizia a mettere via i giochi…nemmeno li nascondo…
    una volta sono arrivati i “vigili magici” e, visto che Luca non aveva messo via le biglie di vetro…voilà sono sparite (eravamo stufi di vederlo giocare solo ed esclusivamente con le biglie per ore e di diventare matti a cercarle sotto i mobili e il divano, così abbiamo deciso di eliminarle, ma le ho messe in un piccolo contenitore sulla libreria)

  2. @Maria: sì sì anche coi con Filippo scegliamo i giochi da dare via per svariati motivi (sono da piccoli, sono rotti, non servono più ecc)…però, davvero, se ci pensate, i giochi sono il loro “lavoro” rappresentano tutto ciò che hanno, che è proprio “loro”, e chissà quanto sono affezionati a una cosa piuttosto che a un’altra…Quella volta per me è stato come perdere qualcosa di grande, che non sarebbe stato più sostituito, anche se poi ovviamente sono arrivati nel tempo altri giochi, io ripensavo sempre a quelli persi. Tra loro c’era un cavallo di plastica che ancora ricordo, e che nei miei ricordi è insostituibile. Un senso di perdita enorme. La vostra idea sicuramente funziona, ma io non l’ho mai applicata perchè, vista la mia esperienza, solo il fatto che lui possa provare quello che ho provato io….cioè, mettere a posto per il terrore di perdere i giochi, e quindi provare la paura della perdita, non mi piace, comunque i bambini non sanno considerare le cose nel contesto o nel futuro, per loro quell’attimo è l’eternità, se un gioco scompare è per sempre, anche se poi noi lo ritiriamo fuori! Magari, più che dire “li butto” (anche se poi non è vero che li buttate) potete dire la verità, e cioè che li mettete via al buio per un po’. Non proverebbero la paura della perdita, ma forse si sbrigherebbero comunque perchè saprebbero, altrimenti, di non poterci più giocare.
    Io personalmente per convincerlo a mettere a posto faccio la gara: ho un timer a coccinella, metto il tempo e chi mette via più giochi prima che suoni vince. Ovviamente lascio vincere lui. E poi gli ho spiegato che è la regola della casa, quando un gioco è finito si mette via. Ogni volta però gli faccio scegliere un gioco da tenere fuori in disordine, cioè che può non essere messo via. Questo fatto di essere lui a scegliere, e di avere una concessione, gli fa mettere a posto tutti gli altri!

  3. @maria, @ciocco73: sì ragazze, ma minacciate solo, mi raccomando! ve lo dico perchè io ancora oggi (43 anni) ho vivo il ricordo e il trauma di una volta che mia mamma, per punirmi per non so cosa, ha preso davanti a me tutti, dico tutti i miei giochi e li ha buttati. Buttati davvero! Io ancora adesso ci penso, e mi ricordo benissimo il dolore provato nel veder scomparire per sempre le cose a cui ero affezionata e che erano la mia vita! Non la perdonerò mai per quella grandissima cattiveria.

    • @AmbraFi: i giochi non li butto, ma li faccio sparire per un po’!
      Poi quando si comportano bene, miracolosamente tornano nel cestone 🙂

      I giochi che buttiamo (quelli rotti) o che doniamo agli altri bimbi (scuole, nidi, etc) li scegliamo insieme. Luca tende più a regalare, Marco a conservare…

      Però grazie per averci raccontato la tua storia, effettivamente non immaginavo che potesse suscitare un trauma così forte!

  4. non voglio fare la guastafeste ma il meglio secondo me deve ancora arrivare…..in adolescenza danno il massimo. Diventano un pochino perfidi. La junior mi preoccupa parecchio perchè è molto timida non riesce a descrivere ancora le sue sensazioni e racconta poco. Poi se cerchi di tirar fuori qualche cosa si chiude a riccio. Leggendo che anche voi state facendo come me (parlarne con loro ecc..) mi rincuora parecchio però che coltellate quando sbottano.

  5. @maria: io non arrivo nemmeno al 20…io conto fino al 3 e lui sa che io butto tutto se non raccoglie!!! gli ho spiegato che faceva così anche mia mamma… le prime volte contavo fino a 3 e poi prendevo scopa e paletta, ora arrivo al 1 e mezzo… 😉

  6. Maria anche mio figlio, 3 anni, è nella fase di ribellione pura e ci vuole davvero tanta pazienza. Oggi per esempio dopo pranzo, gli ho chiesto più volte di raccogliere tutti i giochi sparsi per la cucina; dopo l’ennesimo rifiuto da parte sua ho spento la tv dicendogli che, fino a quando non raccoglieva i giochi niente tv. Non ti dico che è successo addirittura è venuto verso di me viola in faccia e mi ha dato uno schiaffo con tutta la rabbia che aveva in quel momento. L’ho sgridato, mi sono alzata e sono andata via (dovevo comunque tornare a lavoro). Mi ha seguita per capire cosa dovessi fare e quando a capito che me ne stavo andando e’ scoppuato a piangere e a chidermi scusa.

    • @Roxy: per far raccogliere i giochi da terra ho un metodo che funge alla perfezione: conto fino a 20. Dopo che ho finito di contare tutto quello che è ancora a terra si butta (praticamente nascondo il gioco per lungo tempo in cantina). Dopo la prima e la seconda volta… ti assicuro che raccolgono tutto senza arrivare al numero 18.
      Ora i miei litigano su chi ha messo in disordine: è stato Marco, no è stato Luca. Questo per rimbalzarsi le responsabilità e non raccogliere i giochi. Ma quando comincio a contare…

  7. Maria anche Fede a volte si comporta cosi’ negli eccessi di rabbia ed anche noi adottiamo la vostra tecnica che ritengo l’unica possibile…far pesare l’accaduto, anche dopo le scuse, non lasciar subito correre ma far capire bene la gravit’a e che ci rimaniamo male…
    Comunque credo che sia una fase quasi obbligata, Fede fino a poco tempo fa non lo faceva, il capriccio da bambino piccolo si sta trasformando in una volonta’ di affermare se stesso e il suo deisderio..e’ quasi un volersela giocare alla pari con noi genitori, io almeno la vedo cosi’.
    E’ capitato che gli abbia detto non mi piace come ti sei comportato e lui nemmeno a me piace come ti comporti tu…poi anche lui una volta ha detto vi odio rivolgendosi a noi genitori e quando gli ho detto che era una cosa gravissima se sapeva il significato, candidamente mi ha risposto si che sono arrabbiatissimo con voi…quando gli ho spiegato cosda volesse dire ha detto ah allora non vi odio…
    Ci vuole tanta pazienza e pugno di ferro…senza lodarci troppo mi sembra che ce la stiamo cavando bene no Maria?

  8. Maria che dispiacere, che rabbia, che delusione!

    Forse avrà capito o forse sarà l’inizio della crescita, della ribellione, ma perchè non abbiamo più la capacità di educare i nostri figli come hanno fatto i nostri genitori?!

    Perchè i nostri figli si sentono autorizzati a rispondere con toni forti e agressivi?!

    Perchè a loro nn basta il nostro NO?!

    Il mio terrore è proprio questo non essere in grado di gestire l’educazione dei nostri figli!

    Il dialogo, ma non c’era dialogo, se era No – no restava – o forse è successo solo a me!!!

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