In occasione della festa del papà… parliamo dei “papà di oggi”

Mi ricordo mio nonno, severo e autoritario con i figli (molto meno con noi nipoti ;)).
Anche mio padre è stato un papà piuttosto parco di parole e autorevole (e anche lui molto più “morbido” e accondiscendente con i nipoti).
Li definirei padri d’altri tempi, pronti ad intervenire, presenti al bisogno, ma che lasciavano alle mogli l’onere di sbrigare la quotidianità. Non credo che mio padre mi abbia mai cambiato un pannolino o lavato e stirato la tutina. E a memoria, non ricordo neppure mi abbia mai portato al parco senza la mamma o preparato qualcosa da mangiare.
Non fraintendetemi, questa non è una critica, io adoro mio padre.
Ma i papà “moderni” sono fatti d’altra pasta. Non è raro incontrare al parco dei papà da soli che giocano con i loro figli, o in piscina nell’acqua a fare attività nell’acqua, o padri che accompagnano i loro pargoli a scuola, a danza, a calcio, che vanno in bicicletta insieme. Ora (e lasciatemelo dire “per fortuna”) i padri partecipano attivamente nella vita e nella crescita dei propri figli.

Ma siamo sicuri che è un bene? Così facendo stanno perdendo di autorevolezza e autorità? Si stanno trasformando in “mammi”?
Della figura del “padre moderno” parliamo oggi con la psicologa amica Francesca Santarelli che ci dà anche dei consigli su come vivere al meglio la paternità.

Ecco cosa ci dice:“Tra poco sarà la festa del papà e come ogni anno, mi sembra il minimo celebrare questo giorno così importante facendo una riflessione insieme a voi su questo ruolo troppo spesso dimenticato da parte di noi mamme…

Sembra passato un secolo da quella figura impettita e seriosa delle fotografie in bianco e nero che raffiguravano i Papà di qualche decennio fa.

La paternità è un vissuto psicologico, un’esperienza emotiva il cui percorso è differente da quello intrapreso dalla madre. L’assenza di cambiamenti fisici impedisce nei nove mesi di avvertire il cambiamento, tanto che è una conquista moderna cosa hai visto  la cura e la dedizione della preparazione alla paternità. Nel passato il padre diventava padre quando prendeva in braccio sui figlio, ma  oggi i papà sono “gravidi”, cioè vivono l’attesa nella preparazione al compito che li attende con tutte le ansie, le preoccupazioni e le grandi aspettative che ne consegue.

La psicologia tradizionalmente vede nella figura paterna una protezione, un’icona dell’autorità  e colui che accompagna il figlio nel mondo esterno. Questa figura, sebbene rassicurante per molti aspetti, è anche fredda e un po’ lontana. Oggi il coinvolgimento degli uomini moderni è più assiduo e più concreto.

Il papà di oggi infatti, nella gestione dei figli, possiamo paragonarlo quasi a un vero e proprio “mammo”, con l’aggiunta di un significato psicologico nella crescita dei figli che è del tutto unico.

Secondo le ultime ricerche consegnate all’ONU da parte dei più grandi maestri della psicologia infantile, è stato dimostrato che gli uomini che interagiscono con i figli vivono meglio e più a lungo, hanno meno problemi di salute e sono anche più produttivi al lavoro. I più grandi ricercatori universitari aggiungono che i figli di uomini appagati come genitori crescono in modo più equilibrato e sereno.

È un tesoro reciproco sia per il padre che per i figli passare del tempo insieme.

Giocando insieme ai figli, infatti, i papà hanno la preziosa occasione di conoscere meglio le loro creature, scoprendo i loro talenti, le preferenze, i gusti, ma anche le debolezze e le difficoltà. I momenti di gioco aumentano una confidenza, la solidarietà, l’intesa e aiutano a mantenere aperto il canale del dialogo.

Quello che sottolineo spesso nelle mie terapie con i genitori, soprattutto se hanno figlie femmine, è che sono numerose le ricerche che dimostrano che le ragazze che hanno una relazione amorevole con il padre, comunicano con lui e vengono sostenute fin dall’infanzia, cresceranno con più fiducia in se stesse più capaci di fare affidamento sulle proprie capacità.

Per quanto riguarda i maschietti invece non dobbiamo dimenticare che giocare  ha anche un valore educativo e di prevenzione: aiuta a far passare al bambino messaggi e valori, come la sana competizione, l’accettazione delle sconfitte, l’altruismo, la generosità è l’auto ironia.

Molto spesso i padri mi chiedono quale sia il gioco migliore da fare con i loro figli. L’ideale è cercare di proporre sempre attività diverse, alternando quelle più rilassanti come bambole, trenini, libri, attività manuali, giochi da tavolo, ad altre più dinamiche, come gare, giochi di movimento e anche la lotta, purché sia sempre l’adulto a tenere in mano le redini del gioco e che chiarisca il limite tra divertimento e violenza. Bastano pochi minuti al giorno. L’importante è che sia un tempo di qualità, facendo sentire il bambino che sia davvero dentro al gioco e non solo fisicamente presenti. Si può anche sfruttare il momento della colazione o del tragitto verso la scuola per improvvisare un giochetto.

Attenzione, però, non cadere nella trappola dei “figli spugne”, pronti ad assorbire ogni minuto libero del papà! È bene che capiscono di non essere al centro del mondo, annoiandosi e sentendosi dire anche “mi spiace, ora non posso”.

Con piccole dosi di frustrazioni impareranno ad affrontare i conflitti ed accettare i rifiuti.”

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Per appuntamenti  con la dottoressa Francesca Santarelli, o info, potete visitare il sito Internet del suo studio:  www.studiosantarellidecarolis.com 

Francesca Santarelli è in libreria con il libro “Mamme No Panic”, scritto a quattro mani con Giuliana Arena