Dare o non dare una notizia infelice al proprio figlio?
Davanti a lutti, separazioni o altri eventi importanti ma tristi che possono avere un impatto sui bambini, è meglio prendere tempo, tamponando l’emergenza con qualche bugia detta a fin di bene, o dire da subito la verità?
La psicologa Francesca Santarelli non ha dubbi: i bambini hanno bisogno della verità.
E ci spiega chiaramente il perché:
“La sincerità non è solamente una questione di morale o etica per cui ci sono delle bugie bianche, dette a fin di bene, e delle bugie nere dette per nuocere a qualcuno o per il proprio interesse personale. In particolare quando ci rapportiamo ai bambini non dobbiamo dimenticare che gli adulti sono le uniche fonti autorevoli in grado di spiegare loro le situazioni e aiutarli a comprendere il mondo che li circonda, non solo quello fisico ma anche quello emotivo. Ai bambini non va nascosto che si può soffrire o si può essere arrabbiati, e non si deve impedire loro di sentire o manifestare queste emozioni. Le proveranno comunque, come capita normalmente a tutti gli esseri umani, pertanto è importante che imparino a riconoscere queste emozioni e a gestirle, piuttosto che negarle o reprimerle.
Una delle sfide maggiori degli adulti nei confronti dei bambini è quella di essere sempre sinceri e trasparenti con loro anziché mentire o nascondere alcuni avvenimenti dolorosi che riguardano la famiglia. La scelta di non mettere a conoscenza il bambino di determinati avvenimenti ha solitamente due motivazioni principali: quella di ritenere che il bambino, essendo piccolo, non sia in grado di comprendere la situazione, e quella di ritenere che il bambino possa rimanere traumatizzato e subire dei danni emotivi, in particolare nel caso di avvenimenti tragici quali i lutti. Se poi i lutti o le situazioni dolorose riguardano i genitori e sono avvenuti in un’epoca talvolta precedente alla nascita del figlio, quasi si dà per scontato che non sia necessario coinvolgere il bambino con i propri problemi, con le proprie sofferenze.
Il beneficio principale che si crede di ottenere comportandosi così è quello di proteggere il bambino dalla sofferenza. Ciò che spesso si fa fatica a comprendere è che il non parlare di certe sofferenze non significa non manifestarle (attraverso il comportamento, il non verbale: la mimica, la postura, il tono di voce ecc.). Il bambino pertanto percepirà nei genitori o nel suo contesto d’accudimento un’emotività negativa che non riuscirà a comprendere e a spiegarsi. Se nessuno gli spiegherà come stanno realmente le cose e cosa sta succedendo potrà crearsi una propria spiegazione, il più delle volte autoriferita. Ad esempio, “Se la mamma è triste è perché non sono stato bravo”. “La mamma piange perché sono stato cattivo”. Questo tipo di spiegazioni che il bambino si dà, nel tempo, potranno minare la sua autostima, il suo senso di sicurezza, di competenza, di amabilità, determinando in molti casi difficoltà emotive in età adulta. Ecco così che l’intento positivo dei genitori di proteggere il proprio bambino porterà invece a conseguenze negative di varia intensità a seconda della situazione. Nella pratica quello che suggerisco sempre è di dimostrare al bambino che gli adulti per primi sono in grado di affrontare le proprie emozioni e di tollerare e gestire le loro. E’ importante perciò che siano prima di tutto gli adulti a gestire la propria emotività in modo tale da trovare anche le parole giuste per parlare al proprio bambino. Se si sta soffrendo intensamente, è meglio prendersi un po’ di tempo per assestarsi piuttosto che improvvisare spiegazioni poco verosimili per tamponare la situazione. Ad esempio piuttosto che dire “Sei troppo piccolo per capire” oppure “Va tutto bene, non ti devi preoccupare” usare frasi del tipo “In questo momento mi sento troppo male per parlartene, ma spero di poterlo fare presto appena starò meglio” che in effetti rispecchia maggiormente la realtà e pone l’accento su una propria difficoltà piuttosto che su una incapacità del bambino.
Il vantaggio principale di accettare le situazioni dolorose come parte imprescindibile della nostra vita consente di avere maggiori risorse ed energie per andare avanti e per rinsaldare la nostra autostima. Ciò è naturalmente valido sia per gli adulti che per i bambini.
Parlare subito, anziché aspettare tanto tempo, di avvenimenti tragici che riguardano direttamente il bambino ha due vantaggi: quello di far sentire il bambino accudito anzichè solo e triste e quello di dimostrare che delle cose (anche negative) si può parlare. E’ proprio attraverso il dialogo, attraverso la traduzione del dolore in parole, che si può arrivare ad elaborare e superare le sofferenze.
Non bisogna dimenticare che spesso il timore degli adulti di parlare ai bambini deriva dal fatto di non sentirsi loro stessi capaci di affrontare argomenti sconvolgenti emotivamente. Le persone sono in grado di integrare i traumi nella loro vita solo se hanno vicino persone disposte a condividere la sofferenza. In realtà i bambini sono straordinariamente bravi a gestire lutti e sofferenze, spesso in maniera più consapevole degli adulti stessi, hanno solo bisogno di persone vicino in grado di ascoltare e spiegare con parole semplici e comprensibili per la loro età la realtà che li circonda.
Per appuntamenti con la dottoressa Francesca Santarelli, o info, potete visitare il sito Internet del suo studio: www.studiosantarellidecarolis.com