Ho chiesto alla psicologa amica, la dottoressa Francesca Santarelli, di scrivere un post su come aiutare bambini e adolescenti alle prese con la paura dei terremoti.
In questi ultimi mesi mi sono arrivate tante e.mail da parte di mamme e papà preoccupati per i loro figli. Mail che non vi allego per rispettare la loro privacy, ma vi assicuro molto toccanti.
Sentire i genitori raccontare di bambini che vogliono andare a dormire con i vestiti addosso per essere pronti e preparati in caso di fuga, oppure di ragazzi che fanno fatica ad addormentarsi e ritardano sempre di più l’ora del sonno, fa davvero molto male.
Spero che questo post della dottoressa possa aiutare i genitori ad affrontare al meglio questo problema con i figli. A loro tutta la mia solidarietà.
“L’Organizzazione Mondiale della Sanità mette tra le prime cause di disturbi psicologici traumatici acuti, o Disturbo Post Traumatico da Stress, le calamità naturali devastanti, in primis i terremoti.
Il Disturbo Post Traumatico da Stress può insorgere immediatamente o dopo una catastrofe, se questa comporta la perdita della propria casa, la sensazione di pericolo per la propria vita, l’assistere al ferimento o alla morte di persone care o conosciute, e i sintomi possono comparire anche qualche settimana dopo, per protrarsi fino a 6-8 mesi dall’evento scatenante.
Il terremoto lascia un segno profondo nel vissuto dei bambini, simile ai bombardamenti, alle guerre: i piccoli hanno dovuto rendersi conto all’improvviso che “c’è qualcosa di incontrollabile, contro la quale non esiste difesa” e “neanche mamma e papà possono nulla”.
I bambini, per come sono strutturati psicologicamente, hanno meno difese e meno strumenti personali per poter comprendere, accettare e anche reagire e agli eventi negativi. Si trovano a dovere affrontare sensazioni prima sconosciute, come la paura, il lutto, la perdita della casa e delle proprie abitudini, la vista di immagini drammatiche…
Alcuni hanno perso amici cari ma soprattutto famigliari, spesso i genitori stessi. Altri hanno visto morire il fratello o la sorella accanto a loro. Peluche, bambole, biciclette, monopattini, scarpine coperte di polvere, delle macerie degli edifici crollati in ogni comune colpito dal sisma.
Questi bambini necessitano di particolari attenzioni da parte di genitori, insegnanti e operatori sanitari, dei pediatri, degli psicoanalisti e degli psicoterapeuti. Alcuni potrebbero non reagire “emotivamente”, né piangere ma somatizzare e quindi avere mal di pancia, mal di testa, vomito, dolori diffusi o possono manifestare comportamenti regressivi (riprendere a fare pipì a letto, non dormire da soli,fare brutti sogni). I bambini più grandi invece possono sviluppare una paura per gli estranei, non voler rimanere mai da soli, cercare continuamente la presenza dei genitori e avere un attaccamento maggiore, apparentemente “morboso” ma causato dal timore di perderli, di essere separati da loro, paura che “torni” il terremoto. Timori causati da quanto successo o riattivati se erano passati.
È normale dunque, in queste situazioni, provare paura intensa, senso di impotenza, di angoscia, di confusione che possono però scomparire in breve tempo, grazie anche al supporto e alla vicinanza di persone affettivamente importanti. Primi fra tutti i genitori.
Un tempestivo aiuto psicologico infatti, è indispensabile per aiutare i più piccoli a esprimere la paura, che se condivisa si affronta meglio e bisognerà fare di tutto per ricondurli, il prima possibile, a una vita normale.
Recuperare, insomma, tutte quelle attività che caratterizzavano la quotidianità prima del terremoto. Prima ricominceranno ad andare a scuola, per esempio, meglio sarà.
Ma fondamentale, sarà l’aiuto dei genitori. Se i bambini vedono che mamma e papà sono disperati perdono anch’essi ogni speranza.
Diversi studi hanno dimostrato che i bimbi che hanno vissuto una situazione di guerra con accanto una figura adulta a cui affidarsi sono riusciti a superare i traumi molto meglio. Dunque ora i genitori devono garantire una presenza reale e rassicurante, con atti e parole.
Una maggiore attenzione, non solo verso bambini e adolescenti coinvolti nel tragico evento, ma anche verso coloro che siedono di fronte ad uno schermo televisivo, ai bambini che guardano, che ascoltano e leggono. Un’esposizione indiretta – attraverso i media – ad un evento traumatico può, infatti, incidere sul benessere psichico di adulti e bambini, arrivando a costituire un fattore di rischio per lo sviluppo di una sintomatologia, come il Disturbo Post-Traumatico da Stress.
Veniamo agli aspetti pratici dunque: cosa possono fare, genitori e adulti per i bambini sopravvissuti al terremoto?
– Trovare il tempo e la tranquillità necessari per stare insieme a loro; ascoltare le loro domande, anche se ripetitive e insistenti. Rispondere con sincerità; evitare il più possibile di mostrare ansia e preoccupazioni. Infine, scegliere parole semplici e utilizzare esempi concreti per spiegare quello che sta succedendo.
– Osservare i loro comportamenti, spesso infatti l’ansia può presentarsi sotto forma di mal di testa o mal di pancia ricorrenti. Spesso gli adulti tendono a celare la realtà della morte agli occhi dei bambini. In realtà per poter superare il difficile momento del lutto, è necessario parlarne. Per farlo, l’adulto, che deve essere, lui in primis, in una situazione di stabilità emotiva, deve scegliere un momento di tranquillità, sia per il piccolo che per se stesso.
-Infine, se si ha la possibilità è opportuno allontanarsi dal luogo che può ricordare disagio e sofferenza. Dobbiamo rassicurarli sul fatto che è del tutto normale sentirsi tristi e arrabbiati e che non si devono sentire “cattivi” o “sbagliati” se sperimentano queste emozioni. Aiutiamoli a dare un nome a ciò che provano, per riuscire ad affrontarlo e gestirlo.
Per appuntamenti con la dottoressa Francesca Santarelli, o info, potete visitare il sito Internet del suo studio: www.studiosantarellidecarolis.com