Oggi con la psicologa amica, la dottoressa Francesca Santarelli, torniamo a parlare di separazioni.
C’è una frase del suo intervento che mi ha colpita: “E’ difficile unirsi per dividersi, eppure è l’unico modo per preservare gli elementi di continuità che permangono anche quando tutto sembra ormai finito”.
Durante separazioni, tra la mura domestiche, volano parole che a volte feriscono molto più che i coltelli. I colpi bassi diventano all’ordine del giorno. E il rancore condisce il tutto facendo diventare questa difficile esperienza ancora più dolorosa.
E’ vero, è un lutto. In fondo è il funerale del “progetto famiglia” così come era stato pensato nel meraviglioso giorno del “sì”.
Eppure c’è un modo per evitare che si arrivi all’esasperazione.
Ecco cosa ci consiglia la dottoressa Santarelli:
“Se è vero che ci si sposa in due è altrettanto vero che ci si separa in due. Ci vuole un tempo per costruire un legame, un progetto, una casa ed un tempo per lasciare tutte queste appartenenze.
Alcune “uscite di casa” sono molto veloci e male organizzate, specialmente quando non sono corrisposte dal partner che viene lasciato. Altre vengono rimandate nella speranza che nel frattempo succeda qualcosa… intanto il rapporto viene trascurato, l’altro evitato e se un incontro diventa possibile esplode il conflitto.
Succede spesso che da separati gli ex coniugi continuano a litigare come se fossero ancora sposati, perché si separano su un livello e restano uniti su un altro.
In presenza di figli, la cosa più pericolosa per loro non è assistere alle liti dei genitori, che comunque bene non fa, ma che questi imparino a NON PARLARE, imparino cioè che in famiglia o nella coppia è meglio non comunicare. E questo diventa un modello per i figli, con cui prima o poi nella vita dovranno fare i conti.
A tutto questo si aggiungano i ruoli giocati da parenti, amici, colleghi che nella vita di tutti i giorni ascoltano e si schierano con le ragioni dell’uno contro l’altro, ma soprattutto degli avvocati che, invece di svolgere l’importante funzione di mediazione, sposano o interpretano il rancore del loro cliente sfoderando un arsenale di strategie ciniche ritenute più efficaci, non in termini umani bensì in termini giudiziari, pur di colpire l’avversario.
La separazione diventa così una battaglia dove tutto è lecito e dove alla fine ci sarà un genitore che vince ed uno che perde, uno buono ed uno cattivo, uno premiato ed uno punito.
In questi casi un percorso di mediazione familiare con uno psicologo esperto diventa l’intervento più specifico per la riorganizzazione delle relazioni familiari in vista o in seguito ad una separazione o al divorzio.
Il mediatore, come terzo neutrale e con una formazione specifica, nella garanzia del segreto professionale e in autonomia dall’ambito giudiziario, si adopera affinché i partner elaborino un programma di separazione soddisfacente per sé e per i figli, in cui possano esercitare la comune responsabilità genitoriale (affido condiviso o prevalente, quote di tempo dei figli con i genitori, mantenimento e divisioni di beni).
La figura del mediatore non sposa alcuna posizione: il suo intervento è diretto a ricostruire in assoluta neutralità un dialogo interrotto tra le parti.
L’esperienza di separazione è sempre carica di significati dolorosi, che riguardano una sconfitta, una perdita, un fallimento. Ha la stessa potenza di un lutto. Le perdite sono sempre molteplici e vanno a investire una complessità di riferimenti importanti: il progetto affettivo, la definizione di sé e dell’altro, l’identità sociale, la propria casa.
La confusione e lo smarrimento diventano i compagni fedeli e sgraditi di questo momento, i pensieri o i comportamenti si riempiono di contraddizioni da respingere e negare, e tutto sembra aver perso un senso…
E’ inevitabile che la coppia in crisi si concentri innanzitutto sulla soluzione dei propri problemi. Ma in un modo o nell’altro i figli partecipano alla crisi familiare e hanno pertanto il diritto e il bisogno di essere ascoltati: le scelte, anche le più giuste e opportune, non possono passare sopra le loro teste, ma vanno concordate insieme.
Certo è difficile unirsi per dividersi, eppure è l’unico modo per preservare gli elementi di continuità che permangono anche quando tutto sembra ormai finito.
Dovere della coppia in crisi è dunque chiedere aiuto per non perdere di vista i figli nel conflitto e per non farsi troppo male: non è tanto la separazione a costituire un problema per i figli, quanto proprio il loro comportamento che spesso li induce a tenerli all’oscuro di quanto sta accadendo “per il loro bene”.
Ma i figli, che all’oscuro non lo sono mai, devono essere informati, ascoltati e compresi, tenendo conto della loro età.”
Per appuntamenti con la dottoressa Francesca Santarelli, o info, potete visitare il sito Internet del suo studio: www.studiosantarellidecarolis.com