La separazione è una decisione difficile e dolorosa per ogni coppia che si dice addio. E diventa ancora più difficile e complessa quando ci sono dei figli, soprattutto se ancora piccoli.
Il sogno della famiglia unita si sgretola, il desiderio di far crescere i propri figli in un ambiente sereno, felice e rilassato viene a mancare, almeno in un primo periodo.
E si soffre ancora di più all’idea di veder soffrire i propri figli per colpe che non gli appartengono.
E allora che fare? Come gestire questa situazione? Quando e come parlare con loro? E come gestire anche il post-separazione, la vita in due case diverse, senza farli sentire dei “pacchi postali”?
Oggi affrontiamo questo argomento delicato con la psicologa Francesca Santarelli.
Ecco cosa ci consiglia:
“Non avete idea di quante coppie arrivano in studio da me chiedendomi aiuto nella gestione dei figli durante le fasi di separazione. Per quanto tutt’oggi se ne parli ormai come se fosse la cosa più frequente che una famiglia si trovi ad affrontare, ancora veicolano informazioni e messaggi errati e confusionari che spingono i genitori, quando si trovano di fronte al problema reale in prima persona, a “correre” da me in cerca di “formule magiche” e soprattutto innocue per i loro bambini.
La separazione di una coppia genitoriale crea inevitabilmente dolori, anche quando è una scelta condivisa e rappresenta la soluzione migliore rispetto ad un prolungato stato di conflitto o di blocco.
Quando la coppia ha bambini piccoli, diventa importante curare la comunicazione, fatta sì di parole, ma soprattutto di comportamenti.
Per tanti anni la separazione dei genitori è stata considerata da pediatri, neuropsichiatri e psicologi come un trauma per i bambini: mi sembra una lettura molto lineare e fatalista!
Anzi, spesso una separazione risulta prognosticamente più favorevole sia per i membri della coppia che per i figli, perché permette di interrompere una convivenza sempre più forzata e prolungare stati di conflitto quotidiano e blocchi evolutivi.
Di certo è comunque una situazione dolorosa, perché implica un lutto, una perdita, anche di progetti, investimenti… implica un dover riprendere la propria vita in mano e per quanto sia desiderato è comunque difficile.
Anche i bambini non sono immuni da queste sofferenze, anzi, spesso per le loro caratteristiche di pensiero tendono a darsi le colpe di quanto accaduto.
Diviene quindi necessario per ogni genitore tutelare il più possibile i figli durante l’iter della separazione.
Vediamo quindi che cosa è utile dire e fare, e che cosa è dannoso dire e fare.
Quando, come e che cosa comunicare?
Sarebbe utile che la comunicazione rispetto alla separazione sia data da entrambi i genitori insieme. Occorre scegliere parole che siano comprensibili ai bambini, ma anche veritiere: dire bugie, anche se con l’intenzione di proteggere, non è mai utile per un figlio. Rischia di alimentare confusione, far vacillare le sicurezze che dai genitori si possono avere…
È meglio quindi comunicare la decisione quando si è assolutamente sicuri di quanto si sta per dire.
È utile arricchire la comunicazione con esempi concreti di che cosa vorrà dire che mamma e papà si separeranno (rispetto alla collocazione, alle visite…).
Occorre esplicitare che la separazione è una scelta dei genitori, su cui i bambini non hanno avuto alcun ruolo: a volte lo si dà per scontato, ma per i bambini è fondamentale sentirselo dire, così come non si deve suggestionarli rispetto all’attribuire colpe o responsabilità ad uno dei due genitori.
Fondamentale è che nessun genitore screditi e squalifichi l’altro: anche se ne avete tutte le ragioni, farlo davanti ai figli non fa bene a loro e potrebbe essere per voi un autogol clamoroso.
Non è utile cercare di chiedere ai bambini cosa ne pensino e come si sentano… spesso alla notizia della comunicazione possono reagire “come se niente fosse”, o con esplosioni di rabbia, di pianto… l’importante è accogliere qualsiasi emozione e ogni sua manifestazione.
Mantenere comportamenti coerenti: non sembra utile “per il bene dei bambini” che dopo la quotidianità in case separate, i genitori facciano vacanze insieme o partecipino l’uno ai festeggiamenti dell’altro: il rischio è che nonostante l’intenzione di voler far vivere al figlio un momento di condivisione, si alimentino confusione e illusione di momenti che in realtà non si propongono nella vita di tutti i giorni.
Diverso è il caso di festeggiamenti relativi ai figli, come cerimonie religiose, feste scolastiche, compleanni.
Uno dei vissuti maggiormente ricorrente in chi ha avuto genitori separati è la sensazione di essere “dei pacchi postali” che vengono recapitati ora qui ora là, in base a situazioni, bisogni concreti o altalene nel rapporto tra i genitori.
Ovvio che se c’è un sistema di visite regolamentato può essere che i figli si sentano spostati qui e là, ma il come questo avviene fa una differenza importante.
Sarebbe meglio avere una regolarità che renda ai figli prevedibili e anticipabili i momenti in cui sono con un genitore o con l’altro.
Il momento del passaggio tra un genitore e l’altro dovrebbe avvenire dentro la casa del genitore in cui si va, o da cui si parte, non in mezzo alla strada, davanti al cancelletto o tramite terzi per evitare che gli ex partner si incontrino.
Non è pensabile pensare inoltre, che l’altro genitore faccia esattamente quello che vorremmo e facessimo noi con il figlio: se vi siete separati era ovvio che qualche divergenza l’avrete pure avuta.
Non occorre aver paura di rendere comprensibile ai figli che vi siano differenti visioni e metodi tra mamma e papà: i bambini sono molto abili a coglierle (lo avranno già fatto prima che vi separaste) e a scindere i contesti. Anzi, può diventare educativo per loro comprendere come le diversità di opinioni siano tollerabili e possano creare risorse, l’importante è che non si cada mai in comportamenti aggressivi, anche verbali.
Occorre che i genitori però si confrontino in assenza dei figli su questioni educative e sanitarie importanti, per consultarsi e decidere come fare.
Il rischio per il genitore non collocatario, quello che vede meno i figli, è diventare una sorta di “genitore della domenica”, pensando che in virtù del minor tempo a disposizione possa concedere tutto ai figli, guadagnandone in popolarità, riscattando sensi di colpa o per non dover gestire capricci e lamenti che possono scaturire da dei “no”.
L’esperienza clinica insegna che le maggiori difficoltà derivano non tanto dal fatto che i genitori non sanno che cosa sarebbe meglio evitare, quanto che le sofferenze ed il rancore che si prova a volte prevale su tutto e oscura quel che dovrebbero essere i comportamenti genitoriali più utili al benessere dei figli piccoli.
Come già detto, occorre non criticare e squalificare, disapprovare o ridicolizzare l’altro genitore in presenza dei figli.
Altrettanto importante evitare assolutamente di non affidare ai bambini il compito di messaggeri per parlare con l’altro genitore: per esempio, non bisogna far chieder al bambino se possa andare a casa di uno e dell’altro o se possa chiedere all’altro genitore il permesso per stare con lui/lei.
È importante che tra i genitori si mantenga un canale di trasmissione delle informazioni relative ai figli, e anche sulle proprie abitudini di vita laddove queste incidano sulla quotidianità dei figli
E quando ci sono nuovi partner?
Questo è un altro capitolo su cui spesso si creano le tensioni maggiori: l’ideale sarebbe non coinvolgere i figli in nuove relazioni finché queste non siano consolidate. Sarebbe meglio informare l’altro genitore del fatto che si presenterà un’altra persona al figlio, evitando di parlarne al bambino come un nuovo genitore”.”
Per appuntamenti con la dottoressa Francesca Santarelli, o info, potete visitare il sito Internet del suo studio: www.studiosantarellidecarolis.com