Ci sono bambini che si strusciano sui braccioli dei divani, quelli che cercano di trovare il piacere “giocando con il peluche”.
Sì, proprio così, bambini che cercano il piacere. E non lo fanno con malizia. E’ un bisogno naturale, fisiologico, spontaneo.
Spesso però se lo fanno in presenza di adulti, magari estranei, possono creare un certo imbarazzo, soprattutto nei genitori.
Allora che fare?
Meglio fermarli? Sgridarli? Far finta di niente?
Le risposte a queste domande arrivano dalla nostra psicologa Francesca Santarelli.
Ecco cosa ci dice:
La scoperta della sessualità infantile – e in particolare della capacità da parte del bambino di raggiungere il piacere attraverso la stimolazione delle cosiddette zone erogene- risale a Freud, che descrisse le diverse tappe dello sviluppo psicosessuale infantile proprio riferendole alle diverse aree del corpo che via via risultavano suscitare, se stimolate, tale gratificazione fisica nel piccolo.
In particolare Freud distingue tre fasi:
-la fase orale: relativa alla fascia di età compresa tra la nascita e il primo anno di vita, in cui il bambino ricava piacere dal contatto della bocca col seno materno o con quelli che rappresentano dei sostituti del capezzolo (il ciuccio, il ditino o un oggetto morbido da succhiare).
-fase anale: caratterizzata dal periodo di crescita che va da 1 a 3 anni, nel corso della quale (soprattutto dai 18 mesi) il bimbo acquisisce il controllo degli sfinteri, cioè la capacità di trattenere feci e pipi. A questa età l’espulsione e la ritenzione dei prodotti del proprio corpo suscitano nel piccolo un’intensa sensazione di piacere e una forte curiosità nei loro confronti, tanto da arrivare a toccarli e a esibirli con fierezza.
-fase fallica: questa è la tappa conclusiva del processo freudiano che va da 3 a 6 anni, contraddistinta dalla scoperta della differenza tra maschi e femmine e l’avvio della graduale strutturazione dell’identità sessuale che andrà delineandosi nella pubertà. In questi anni e quindi del tutto naturale che il bambino manifesta un particolare interesse verso gli organi genitali e quindi non ci si dovrà allarmare se lo si sorprende a toccarsi le parti intime.
Non suscitare sensi di colpa è fondamentale in questa fase, considerando che il bambino si trova ad affrontare il complesso di Edipo, l’attrazione nei confronti del genitore di sesso opposto. È una fase transitoria che in genere viene superata versi 6/7 anni con identificazione definitiva con il genitore dello stesso sesso. Le pratiche di autoerotismo che compaiono tra i 3 e i 4 anni possono indurre lui un senso di colpa profondo se in esse si insinuano fantasie che coinvolgono le figure genitoriali. Aggravare questo senso di colpa, con un atteggiamento punitivo, finirebbe per esasperare e rendere più difficile il superare di questi sentimenti.
Il modo più efficace per aiutare il bambino, consiste nello sforzarsi di mantenere il controllo quando le prime volte lo si sorprende mentre si tocca: se un certo imbarazzo e del tutto naturale, è importante non sgridarlo o accusarlo di star facendo qualcosa di male e spiegargli che quello che gli sta succedendo non deve turbarlo: fa parte della natura umana ed è comune in tutti gli individui.
È necessario fargli capire che la sessualità rientra nella sfera dell’intimità di ogni persona e quindi non andrebbe esibita: ciò aiuta ad avviare in lui l’elaborazione del senso del pudore. Nel caso, invece, il bambino ricorra all’autoerotismo troppo di frequente o associ questa pratica a sentimenti di tristezza o la tendenza a isolarsi, è opportuno rivolgersi a uno psicologo dell’età evolutiva.
Per appuntamenti con la dottoressa Francesca Santarelli, o info, potete visitare il sito Internet del suo studio: www.studiosantarellidecarolis.com