Dopo il parto, tutti a casa in sei ore

mamma_neonato_HDalla sala parto al salotto di casa in sei ore.

Se il parto è andato bene, se non ci sono state complicazioni di sorta, se mamma e bambino stanno bene, dopo sei ore dalla nascita, bebè e neomamma possono lasciare l’ospedale e tornare a casa.

Nell’Ospedale Torregalli di Firenze da qualche mese stanno sperimentando le “dimissioni precoci”.

Dalle classiche 48 ore a sei ore. Cosa ne pensate?
La neomamma, però, non viene abbandonata a se stessa dopo le dimissioni.
Il giorno successivo al parto una ostetrica va a direttamente a casa sua per visitare mamma e figlio e dare gli opportuni aiuti e consigli.
E dopo due giorni la neomamma e il bebè si devono recare in reparto per gli screening obbligatori.

Ci sono però dei vincoli affinché tutto questo si possa realizzare: la neomamma non deve essere una primipara. Deve essere almeno al secondo figlio, quindi con un bel bagaglio di esperienza alle spalle.
La gravidanza deve essere giunta a termine tra la 37esima e la 42 esima settimana. E travaglio e parto (esclusivamente naturale) non devono aver avuto complicazioni di alcun tipo.

I medici dell’ospedale sono soddisfatti della sperimentazione tanto che vorrebbero estenderla anche agli altri ospedali della regione.
In questo modo, dicono, le mamma si ritrovano in un ambiente decisamente più accogliente e meno medicalizzato. Godono della sicurezza del parto in ospedale e dell’intimità e della tranquillità di un parto in casa.

Le critiche al progetto però non sono mancate e non mancano. C’è chi pensa che si tratti solo di uno stratagemma dell’ospedale per liberare posti letto nei reparti di ginecologia e ostretricia che generalmente sono molto affollati.

Voi chiedereste le dimissioni anticipate?

Mi sono posta la stessa domanda.
Ebbene, quando è nato Marco avrei voluto un’ostetrica al mio fianco anche solo per un’ora. Avevo mille dubbi e mille paure. Non sapevo come prendere in braccio il bambino, come allattarlo, come cambiarlo, come lavarlo, come medicare il cordone ombelicale. Tutto mi sembrava complicato.
Ero in ospedale. Era il 27 luglio del 2007. Quel giorno c’erano state tantissime nascite e c’erano pochissime puericultrici.
Mi sono sentita abbandonata. Nessuna di loro mi ha dedicato un solo minuto.
Il bambino si era attaccato male al seno. Mi faceva malissimo. Piangevo per il dolore. Ma le ostetriche erano troppo impegnate per ascoltarmi.
Solo durante la visita delle dimissioni una puericultrice mi ha vista con le lacrime agli occhi, si è avvicinata, ha guardato il bambino e ha detto: “No, così non resisterai neppure un altro giorno. Ti verranno le ragadi, soffrirai da morire e smetterai di allattare. Il bambino lo devi mettere così, il capezzolo così, le tue mani così!”
Un minuto. E’ bastato solo un minuto e c’è stata la svolta. Ho allattato per altri 12 mesi senza problemi.

Per fortuna il parto era andato bene. Marco stava bene. Sarei andata via già dopo 6 ore e molto volentieri, pur essendo alla prima esperienza. A casa avrei avuto più assistenza. E con la certezza di avere una ostetrica con me il giorno successivo, non avrei avuto dubbi.

Quando è nato Luca, 48 ore mi sono sembrate infinite. E con la consapevolezza che c’era Marco a casa che ci aspettava, sì, anche in quel caso avrei firmato le dimissioni anticipate.

Quindi sì, questa sperimentazione con assistenza domiciliare e controlli successivi in ospedale mi piace molto.
E mi piacerebbe ancora di più se, con il parere favorevole dei medici, fossero le neomamme a decidere se andare a casa o rimanere in ospedale.