Lo schiaffo: educativo o diseducativo?

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Oggi la psicologa amica, la dottoressa Francesca Santarelli ci propone un argomento che sicuramente farà molto discutere: lo schiaffo.
Dare uno scappellotto al proprio figlio è educativo o diseducativo?
Le generazioni passate lo consideravano fondamentale, un must per avere figli obbedienti ed educati. C’era anche un vecchio detto: “Mazzate e panelle fanno i figli belli.  E panelle senza mazze fanno i figli pazzi”. Proprio a sottolineare il fatto che ogni tanto qualche schiaffo raddrizza il tiro.

Confessate: chi di voi non ha mai ricevuto uno schiaffo dalla propria mamma o dal proprio papà?
Io sì. All’occorrenza qualcosa è arrivato. E vi assicuro che sono cresciuta senza grossi traumi (o almeno credo 😉 )

Oggi le cose sono cambiate.
Nel Nord Europa, e i fatti di cronaca ce lo hanno dimostrato, per una sculacciata al proprio figlio si può anche finire in galera.

E in Italia? Le ultime tendenze parlano di dialogo, comprensione, amore…

Personalmente qualche sberla sulle mani e ogni tanto sul culetto ai miei figli l’ho data. Ma loro sapevano perfettamente di averla combinata grossa!

Ma ritorniamo alla domanda iniziale: dare uno schiaffo educa o diseduca?

Ecco cosa ci dice la psicologa Santarelli:

 

“Il coro degli specialisti che si occupano dell’infanzia, psicologi, psicanalisti, pedagogisti, educatori, è unanime: quando mamma o papà ricorrono alle mani sbagliano. Però, nella realtà dei fatti, è una cosa del tutto comune e normale che a chiunque possa scappare uno schiaffo o una sculacciata in preda a emozioni tanto intense come quelle che i nostri figli ci sanno attivare (impazienza, rabbia, nervosismo). E questo, non ha mai ucciso nessuno, ma non è di certo un gesto educativo.

Se succede è importante che se ne parli subito dopo al bambino, che si riconosca con lui di aver esagerato, magari perché si era arrabbiati per altre ragioni.

La maggior parte delle volte in cui al genitore capita di alzare le mani, infatti, è a causa di sue personali arrabbiature, trasferite ingiustamente sul figlio che non c’entra niente.

Soprattutto nei casi in cui alla base della sberla o della sculacciata non ci sia la perdita della pazienza o lo sfogo di una rabbia personale, non preciso intento educativo, c’è da cambiare rotta.
A mio parere, è con la fiducia, l’accoglienza, l’ascolto, il dialogo, le regole, che si cresce e si educa un bambino, non certo con le punizioni, le minacce o le sberle.    

Se schiaffi e scappellotti rimangono fuori dalla porta di casa, come dovrebbero, non significa dunque che entrino vizi e dissolutezza.

Come diceva un famoso psicanalista, anche la più blanda violenza ha un effetto traumatico: un bambino piccolo, ancora nell’età dello sviluppo, vede il genitore soltanto come colui a cui affidarsi, da cui essere aiutato e protetto. Non può concepire che questa persona, dalla quale è totalmente dipendente e alla quale si rivolge per avere sicurezza, lo aggredisca o gli voglia far del male fisicamente. Paura, rabbia e soprattutto senso di impotenza per non poter lasciare il campo, saranno le sue emozioni di fronte a questo tradimento e saranno così dolorose da creare il trauma.

È un percorso che si può spiegare meglio attraverso l’immagine del salvavita che scatta se l’energia elettrica e’ troppa.

Terrore e impotenza sono emozioni dolorose talmente intense da far scattare la dissociazione della quale il bambino non è più in grado di percepire il suo stato d’animo.

Giù le mani, dunque, sempre e comunque. Con una possibilità di recupero da tenere sempre presente in caso le mani e i piedi abbiamo infilato la strada sbagliata. E il caso che può capitare a tutti è quello, come dicevamo all’inizio, di perdere la pazienza e di cadere nell’errore.

Se, però, l’adulto ha la saggezza di riconoscere il suo limite, può addirittura offrire al bambino un’occasione di crescita, dialogando con lui dell’accaduto e mostrandogli che è umano avere dei limiti.

Infine, altrettanto importante è il dialogo all’interno della coppia di genitori che dovrebbero confrontarsi, discutere e riflettere sul loro progetto educativo quotidianamente, perché oltre all’amore deve esserci un pensiero sull’educazione dei figli e una continua riflessione sulla relazione con loro. Altrimenti il mestiere di genitore non sarebbe il  più difficile del mondo!”

 

Per appuntamenti  con la dottoressa Francesca Santarelli, o info, potete visitare il sito Internet del suo studio:  www.studiosantarellidecarolis.com