E’ troppo presto per cominciare a fare bilanci.
E’ troppo presto per dire se per i miei figli sono una brava o una cattiva madre.
Certo, come tutte voi, sin da quando sono stati concepiti, li ho amati con tutta me stessa.
Ma questo non basta, non è sufficiente per superare l’esame.
A volte è proprio in virtù di quella parola, “amore”, che si compiono gli errori più grandi. E noi mamme, proprio accecate da quel sentimento sconfinato, non ce ne accorgiamo.
Nei giorni scorsi ho parlato con una psicologa. Le ho parlato dei miei dubbi, delle mie perplessità e delle mie reazioni, magari esagerate con Marco, quando mi accorgo che non ‘ingrana’.
Le urlate a rischio timpano di quando lo sprono a fare le cose più velocemente, rispettando non i suoi tempi, ma quelli di questa società che corre, corre, corre.
“Sbrigati a mangiare. Sbrigati a vestirti. Sbrigati a fare i compiti…”… Come un mantra, o forse come un martello pneumatico, tutte le mattine, tutti i giorni, sono lì a dire le stesse cose.
E invece lui continua con lo stesso andazzo, con il suo ritmo, che a me sembra quello di un bradipo, soprattutto quando sono in ritardo per andare al lavoro.
E lei, la psicologa, mi ha risposto con un esempio.
Mi ha detto: “Immagina di essere in metropolitana. Immagina una corsa piuttosto affollata. Ad un certo punto ti senti spingere, qualcuno si appoggia a te. Qual è la tua reazione?”
E io: “Mi darebbe fastidio, è ovvio!”
Lei: “Sì, magari reagiresti allontanandoti o allontanandolo”
Io: “Forse, probabilmente”
Lei: “ E se girandoti ti accorgessi che è una persona con le stampelle, avresti la stessa reazione?
Io credo di no. Credo che, al contrario, gli offriresti anche aiuto”.
Io: “Probabilmente”
Lei: “E’ così che devi vedere tuo figlio quando ti accorgi che non fa le cose esattamente come tu te le aspetti. Non è colpa sua. Non riesce a fare più di così. Ma non lo devi mortificare. Lo devi aiutare, sostenere”.
Le ho risposto: “Ma io cerco di aiutarlo. Lo incito, lo sgrido proprio per esortarlo a fare di più, a fare meglio”
Lei: “Ti rifaccio l’esempio delle stampelle. Pensa di nuovo a quel signore al quale tu hai deciso di dare una mano. Con il tuo modo di fare cosa accade? Che gli togli le stampelle e gli dici, anzi gli urli: “Dai, vai, forza, sbrigati che ce la fai… Secondo te quel signore che fa? Si mette a correre?”
Ha aspettato un secondo e poi ha continuato: “Secondo me no. Quel signore nella migliore della ipotesi rimarrà fermo, impalato. Nella peggiore della ipotesi cadrà”.
“Non è urlandogli costantemente ‘sbrigati’, che diventerà più veloce. Ma è cercando di capire cosa lo frena che lo aiuterai a non cadere e a migliorare le sue performance”.
E allora, quasi sentendomi attaccata, le ho detto: “Ma io non pretendo nulla da lui. Non sono una di quelle mamme che dice al proprio figlio “devi arrivare primo, devi vincere, devi essere il primo della classe, …”
Io gli ho sempre detto: “Fai il meglio che puoi, vai e divertiti”.
Mi ha guardata, mi ha sorriso e mi ha detto: “Questo è quello che gli dici con la voce. Ma lui, che è un bambino estremamente intelligente e sveglio, sa andare ben oltre. Lui ascolta il tuo cuore e capisce benissimo le tue emozioni. E sa quando ti senti fiera di lui e quando invece ti senti delusa.
E se non è veramente in grado di darti di più? Se veramente non riesce a mangiare più velocemente, a fare i compiti più velocemente, a rispettare i tuoi tempi, capisci che mortificazione per lui?
Tu in questo momento sei il suo faro. E con la tua luce lo riscaldi, lo alimenti. Sei il suo universo. Sei la sua mamma.
Non lasciare che questo faro lo illumini solo a intermittenza. Si sentirebbe disorientato.
Insomma, per concludere, non togliergli le stampelle strappandogliele dalle mani. Ma sostienilo. Si fortificherà e le lascerà cadere lui quando sarà il momento”…
E’ da giorni che penso e ripenso a questo colloquio.
E’ da giorni che penso a quanto ho sbagliato fin’ora. E a quanto sia realmente difficile fare la mamma.
Non ho scritto questo post, per me anche fin troppo intimo, per farmi “risollevare” da voi con le frasi tipo: “Ma no, Maria, non ti buttare giù,… non sei così male,… tutti possiamo commettere degli errori”.
L’ho scritto per condividere con voi questa esperienza, questo dialogo a cuore aperto, che per me è stato illuminante.
Magari qualcuna di voi in questo momento si trova nelle mie stesse condizioni. E allora quella mamma pensi “alle stampelle”!
Mettersi in discussione, fare autocritica è difficile. Ma è già un inizio…