Stamattina mi è arrivata questa e.mail da una mamma, una cara amica del blog.
Lei parla a nome di un gruppo di genitori ai quali sta per essere tolto un diritto: quello di mandare i propri figli al nido.
Un nido che c’è, che esiste, che funziona, che è pieno di bambini allegri che giocano ignari del fatto che il prossimo anno non avranno più un posto per loro.
Un nido comunale. E come si sa, in un periodo di austerity, i Comuni tagliano i servizi.
E quindi… zac… sforbiciata ai nidi. In fondo lo Stato garantisce a tutti i bambini un posto alla scuola primaria.
Già trovare posto alla materna è un lusso. Al nido poi è … un extra lusso!
Rabbia, disapprovazione, sdegno. Questo è il sentimento di questi genitori.
Il nido privato costa parecchio, quasi come un secondo mutuo. Un onere che non tutte le famiglie posso sostenere, soprattutto se si hanno più figli piccoli.
Chissà quante di queste persone dovranno lasciare il proprio lavoro per accudire i bambini.
Siamo sicuri che sono queste le politiche migliori di sostegno alle famiglie?
Siamo sicuri che è così che si vuole invertire la rotta della natalità a zero?
Non posso non dare voce a questa mamma e al gruppo “Per fare un bambino ci vuole un asilo”.
Ecco a voi la lettera. Se vi va… condividetela su Facebook, facciamola girare.
“Ciao Maria.
Siamo in gruppo di genitori, viviamo nella città di Parma e abbiamo l’interesse comune di difendere i servizi all’infanzia. Dirai tu, nel 2015 c’è bisogno di difendere i servizi all’infanzia? Ebbene, a Parma sì.
Da qualche mese ci siamo organizzati in un comitato autonomo e indipendente, con lo scopo di tutelare i diritti dei nostri bambini di essere istruiti fin dalla primissima infanzia, da tutti coloro che vogliono ledere o negare questo diritto. E ci siamo dati un bellissimo nome: “Per fare un bambino ci vuole un asilo”.
Già, noi mamme e papà sappiamo bene quanto intensa sia l’esperienza di avere un bambino che inizia a frequentare un asilo nido, cosa voglia dire affidarlo ad estranei, come questi estranei diventino poi quasi componenti della famiglia, cosa voglia dire vederlo crescere ogni giorno e imparare e socializzare e diventare quello sarà domani, partendo dal nido, passando alla scuola d’infanzia, sino ad arrivare alla scuola elementare.
Ci siamo sentiti in obbligo di unirci in questa che ormai è diventata una battaglia in difesa a questo diritto, al diritto che tutti i bambini e le loro famiglie hanno di vivere queste esperienza.
A gennaio abbiamo scoperto per caso da una dirigente scolastica che l’amministrazione comunale aveva intenzione di chiudere il nido del quartiere più giovane di Parma. Un pugno allo stomaco, insomma, un fulmine a ciel sereno. Abbiamo aperto una seguitissima pagina facebook e, in mesi di richieste di concertazione con i politici, di incontri tra di noi e con genitori di altri asili e altre scuole, e approfondimento di altre situazioni (eh sì, non solo gli asili erano sotto attacco dalla nostra amministrazione, ma anche i disabili), siamo arrivati alla notizia che finalmente i nostri amministratori ci hanno dato: asili che chiudono, altri a cui verranno ridotte le sezioni, altri che verranno privatizzati, altri ancora che verranno esternalizzati (dati in gestione a società partecipate). Quello che ci aspettavamo insomma dopo mesi di incontri era diventato realtà, i nostri sospetti confermati.
Il colpo è stato duro, ma ci siamo rimboccati le maniche e ci siamo detti: “Nulla è perduto, proviamoci ancora”.
E così abbiamo fatto: proposte, richieste di incontro, richieste di fermare la riforma. Finalmente otteniamo qualche incontro con i nostri amministratori, ma ormai è tardi, a sentir loro, e nulla si può fare.
Ci chiediamo dunque quale società decide di tagliare sul futuro dei bambini, invece di investirci? Quale istituzione decide di tagliare più di 200 posti per il prossimo anno scolastico, circa il 12% dei posti attualmente disponibili tra nidi e materne, e avvisare le famiglie a giochi fatti?
Quante madri dovranno rinunciare al loro lavoro il prossimo anno per tenere a casa i figli rimasti senza un posto all’asilo?
Quante educatrici perderanno il posto di lavoro?
Davvero nel bilancio di un comune non ci sono spese meno importanti dell’educazione dei nostri figli da tagliare? Che politica è quella che sceglie di tagliare proprio su una delle fasce più deboli, i nostri bambini (o i disabili) ? Vale la pena di rinunciare a questo patrimonio e mettere in difficoltà centinaia di famiglie per pochi soldi (pochi relativamente ad un bilancio comunale)?
Tu Maria, che ne pensi?
Noi pensiamo che no, non ne vale la pena, e per questo la nostra battaglia continua, e continuerà finché i nostri bambini non saranno al sicuro da chi li vuole privare delle loro esperienza educativa e da chi vuole privare noi genitori del nostro diritto di essere appoggiati come famiglia, e non ostacolati, proprio dalle istituzioni.”
“Per fare un bambino ci vuole un asilo”