Yu Yu: prima il successo, poi l’anoressia, poi la fuga. Oggi la felicità con la figlia Nina

yuyu

Yu Yu, ve la ricordate? Cantava “Mon petit garçon”.

L’ha intervistata per noi Rossella Martinelli. Ve lo anticipo: un’intervista bellissima!

“Tempo fa un’amica mi regalò una meravigliosa frase che aveva sentito da Pupi Avati. Non la ricordo a memoria, ma faceva più o meno così: “Invidio le donne perché per nove mesi hanno dentro due cuori“.
Due cuori che battono; due cuori che pulsano; due cuori che, aggiungo io, con il loro incedere arrivano fino all’anima: e la guariscono.
Come è successo a Giuditta, che una volta si faceva chiamare Yu Yu e cantava “Mon petit garçon, pour toute la vie garçon”. Giuditta che con il suo motivetto in francese conquista l’Italia ben prima di Carlà. Giuditta e le prime serate, gli spot, la fama, i lunghi capelli castani e il corpo da mannequin. Giuditta che un giorno smette, suo malgrado, di essere Yu Yu: il successo svanisce, la musica finisce e, da copione, gli amici se ne vanno. Ed è allora che Giuditta incontra “la bestia”, come l’ha ribattezzata lei stessa nel suo libro, “Il cucchiaio è una culla”.
Giuditta lotta contro quella bestia – l’anoressia – che la vuole divorare e le ruba due bambini. Decide di farsi ricoverare, ma non basta: per rinascere, a volte, bisogna osare e fuggire. A Ibiza, magari. Ed è lì che Giuditta Guizzetti, bergamasca di madre francese e con una vita trascorsa tra Giappone, Sud e Nord America, rifiorisce. Conosce Piermario e, dopo qualche tempo, il suo corpo spolpato assume la forma di un cuore: al suo interno cresce Nina, che oggi ha 8 mesi. E, ora che la resurrezione è completa, a Giuditta non interessa più nemmeno essere Yu Yu: in estate lei e Piermario inaugureranno a Ibiza il loro ristorante, “Margherita” (Santa Eulalia, calle San Vincente); lui in cucina, lei in sala. Radiosa, così come traspare da questa intervista.

Come è stato questo ultimo anno e mezzo?
“Pieno di emozioni intese: difficile tradurle in parole. All’inizio della gravidanza ero sorpresa, confusa: poi, a un certo punto, è scattato qualcosa. Mi guardavo allo specchio e mi vedevo diversa: mentre il mio corpo assumeva una nuova forma, io esplodevo di gioia. Non mi sono mai sentita tanto bella”.

Come ogni donna, durante la gravidanza hai dovuto pesarti. È stato difficile salire nuovamente su una bilancia?
“Per la prima volta la bilancia è stata una mia alleata: vedere crescere di peso il mio corpo era una vittoria. Non ho mai avuto paranoie legate alla mia nuova silhouette, nemmeno per un millesimo di secondo: trovavo quelle rotondità così magiche e perfette!”.

E quando la pancia è sparita si è affacciato un po’ di baby blues?
“Confesso che non pensavo il dopo fosse così difficile: la pancia mi mancava e gli ormoni facevano le bizze. Ma con la persona giusta al proprio fianco è possibile affrontare anche i momenti duri”.

Ogni primipara vive con terrore il primo trimestre di gravidanza, temendo di perdere il bimbo dall’oggi al domani. Immagino l’ansia aumenti esponenzialmente se questo dramma si è già verificato.
“I primi quattro mesi ero molto spaventata e sono stata praticamente sempre a riposo. Ogni minimo dolore o sensazione diversa mi riempiva di angoscia. Poi, però, ho capito che qualcosa era cambiato e che potevo finalmente stare tranquilla. Da quel momento in poi la gravidanza è trascorsa serenamente, salvo l’ultimo periodo: Nina non voleva uscire dalla pancia e, dieci giorni dopo il termine, i ginecologi hanno optato per il cesareo. Lei è venuta al mondo qui, ad Ibiza: perché in fondo è qui che sono rinata anche io”.

Mamma italo francese che ha vissuto in tutto il mondo, papà italiano, nata a Ibiza: quali tradizioni seguite per lo svezzamento e la crescita di Nina?
“Io accetto consigli da tutti, ma finisce sempre che seguo il mio istinto. Anche perché qui le pappe per i bimbi sono un po’ troppo saporite: piene di aglio e di porri! Fortunatamente lei è onnivora e non dà problemi. Un’altra cosa che fanno in Spagna sono i buchi nelle orecchie quando le bimbe hanno pochi giorni. Tant’è che posso vestirla di rosa e metterle fiocchi ovunque, ma per strada la gente non fa che dirmi: “Qué lindo tu niño!”. Però non mi passa neanche per l’anticamera del cervello l’idea di metterle gli orecchini così piccola”.

Ti capita mai di cantarle “Mon petit garçon”?
“No, nessuna delle mie canzoni: intono le ninna nanne che mi vengono in mente; alcune in francese, altre in spagnolo o italiano. E, quando siamo solo noi due, tiro fuori la chitarra e canto per lei: impazzisce di gioia e si muove tutta! Del resto la musica ce l’ha nel sangue perché, quando ero incinta, ho registrato il mio ultimo album (“L’amour”, ndr)”.

In che lingua parlerà?
“Per ora dice solo “pa pà-”. All’inizio ci ero rimasta male, ma poi una signora ecuadoregna mi ha spiegato che dalle sue parti si racconta che quando il primogenito dice “papà” significa che nascerà un fratellino: è il nostro sogno! Certo, con le giuste tempistiche”.

Quattro anni fa avresti mai pensato che la tua vita potesse prendere questa piega?
“No: non immaginavo che potesse diventare tanto luminosa. Nel giro di tre anni ho conosciuto l’uomo della mia vita ed è arrivata Nina. Chi lo avrebbe detto! La maternità è sempre stata il mio sogno, ma mi ero rassegnata all’idea che non avrei mai trovato il principe azzurro: tant’è che quando ho conosciuto Piermario mi ero da poco informata sul percorso da seguire per l’inseminazione artificiale ed ero lì lì per andare a Barcellona a farla”.

Ne “Il cucchiaio è una culla”, riferendoti al mercato discografico, scrivevi: “Dopo avermi succhiato anche l’anima, mi hanno buttato via”. Se un giorno Nina ti dicesse di voler fare la cantante?
“Non rimpiango nulla di quel che ho vissuto: ho ricordi pazzeschi legati a Yu Yu, sia per quanto riguarda i momenti d’oro che per la fase nera. Se non fosse andata come è andata, io oggi non sarei qui e Nina non ci sarebbe. Sono scappata per disperazione: se non avessi toccato quel livello di dolore, non sarei mai fuggita. Ora c’è lei che è la mia gioia e io credo di aver saldato il mio conto con le disgrazie. Tornando alla domanda: Nina potrà fare tutto ciò che vorrà”.

Il corpo di tante donne che hanno sofferto di anoressia non riesce a ospitare una nuova vita. Tu, per loro, rappresenti una speranza.
“Ricevo molte mail di mamme e papà che mi ringraziano perché il mio libro ha aiutato le loro figlie, ma anche di ragazze che soffrono di anoressia. Mi è capitato soltanto una volta di dare il mio numero a una di loro: un giorno mi chiama e mi dice “Giuditta, ti devo dire grazie”. Io avevo appena scoperto di aspettare Nina e, così, le ho risposto: “E tu sei la prima persona in assoluto a saperlo: sono incinta”. In questi anni mi sono esposta raccontando la mia storia e sai perché? Per dimostrare che ce la si può fare a sconfiggere la bestia”.

Nel suo libro Giuditta scriveva “sono una farfalla al contrario e non credo che la natura consenta questa retrocessione”. Ancora non sapeva che qualche miracolo, alle volte, la natura lo consente.
Perché poi è arrivata Nina. Nina con gli occhietti che brillano e che dentro hanno il sole di Ibiza. Nina con il nasino all’insù e le guance ripiene di panna montata. Nina che non ha nemmeno avuto bisogno di pronunciare “abracadabra” perché le è stato sufficiente scalciare da dentro la pancia per compiere il più inaspettato dei prodigi: permettere alla sua mamma di tornare ad essere farfalla. E volare, volare, volare. Questa volta sì: “pour toute la vie”.”

 

Rossella Martinelli