Il tempo passa, le generazioni si susseguono. Cambiano le mode, cambia la tecnologia. Cambia anche il clima. Ma una cosa rimane ferma, anzi un punto fermo: la mamma.
La mamma è sempre la mamma e di mamma ce n’è una sola. Si potrebbe dire usando le solite e ripetute frasi fatte.
E anche nell’era dei social network, della digitalizzazione, della condivisione di tutto e di tutti, un giovane su tre ha come figura di riferimento la mamma.
E’ la persona con la quale è più facile confrontarsi per per parlare di sè; meglio di amici o fidanzati ma anche più’ vicina rispetto alla figura del papà, punto di riferimento solo per il 9% dei giovani.
E’ quanto emerge da un’inchiesta realizzata nell’ambito del Rapporto Giovani, la ricerca dell’Istituto Giuseppe Toniolo sui giovani dai 18 ai 30 anni.
Sono pochi i giovani che non hanno una figura di riferimento nella vita e se non ce l’hanno è perché al momento non l’hanno ancora trovata.
Vorrebbero che fosse un amico o un’amica perché riconoscono in questa figura la capacità di ascoltare senza giudicare.
Ma se si chiede alle nuove generazioni chi sia a ricoprire questo ruolo nella propria vita, la figura, cioè, con cui si confrontano più frequentemente per parlare di sè, per il 33% è la mamma (percentuale che sale al 38% tra le donne e i giovanissimi tra i 18 e i 20 anni).
Il 14% risponde il partner, mentre il papà si ferma al 9%. C’è anche però un 26% che si fida principalmente di un amico; seguono professori, educatori e figure religiose con solo l’1% delle citazioni.
Guardando alle differenze di genere, la mamma rimane in testa alle classifiche per le figlie (38%), mentre per i figli maschi un amico batte di un punto la madre (28% contro il 27%).
L’aiuto maggiore che cercano è quello di chi è disinteressato (22%), che ascolta senza giudicare (21%) e che riesca a far capire loro dove sbagliano (16%) garantendo il massimo della comprensione (16%).
L’amico ascolta senza giudicare (54%) e capisce realmente i problemi da affrontare (42%). La mamma e il partner sono disinteressati e pensano solo al bene del figlio/a o del compagno/a (entrambe al 42%). E’ invece il partner a trasmettere serenità ed entusiasmo per la vita (35%), il padre è invece simbolo di autorevolezza (30%) e di esperienza (26%).
Dopo aver letto tutto questo mi sono chiesta: chi è il mio punto di riferimento?
Per tante, tantissime cose, ovviamente la mamma. Ma ci sono cose che la mamma non può e non deve sapere. E allora?
Allora è bene avere anche altri punti di riferimento. I miei sono mio marito e mia cugina, la mia “sori finta (ossia la sorella mancata). Non c’è nulla che all’uno o all’altra non racconterei. Io non sono una persona che si tiene tutto dentro. Anzi, sono una gran chiacchierona. E se sono in ansia o tesa per qualche motivo non mi chiudo a riccio, ma scarico sugli altri le mie tensioni!
E allora ecco entrare in azione i miei punti di riferimento. Sempre pronti ad ascoltarmi e a consolarmi all’occorrenza.
Spero, o meglio mi piacerebbe che anche i miei figli avessero più punti di riferimento: oltre alla mamma anche papà (per loro adesso un mito!) e loro stessi. Che ci fosse tra loro sintonia, confidenza, fiducia e stima reciproca. Esattamente com’è tra mio marito e i suoi fratelli. Si sentono poco, si vedono ancor meno, ma sanno di esserci sempre gli uni per gli altri!
E poi quando si vedono è sempre festa!