Intervista a Selvaggia Lucarelli, eccola in una magnifica “versione mamma”

Ormai è diventato un appuntamento fisso quello con Rossella Martinelli e le sue interviste alle Vip.
Oggi è la volta di Selvaggia Lucarelli, scrittrice, opinionista, blogger ma soprattutto mamma.
A voi l’intervista:

“L’avete presente Selvaggia Lucarelli? Quella che su Twitter ha 243mila follower, che sa sempre cosa dire e quali parole usare, quella che con la sua penna graffia, irride e castiga, quella i cui status Facebook sono perennemente destinati ad avere una eco mediatica.

Bene: anche io avevo presente solamente quella Selvaggia. Poi, una notte di qualche mese fa, mi imbatto in una lettera scritta al figlio, Leon, otto anni. Inizio a notare che, di tanto in tanto, sulla sua pagina Facebook compaiono frammenti di vita da mamma: Leon che dorme; Leon che abbraccia il cagnolino Godzilla; Leon che sciorina pillole di saggezza che nemmeno un ottuagenario. Ecco: è a quel punto che mi viene una gran voglia di scoprire l’altra Selvaggia. Quella che è rimasta incinta quando la sua carriera, dopo anni di gavetta, iniziava a spiccare il volo e che poteva anche pensare “ora non decolla più”.  Quella che si è innamorata, sposata ma che a un certo punto, come tante di noi, ha dovuto affrontare una dolorosa rottura. Quella che, per lavoro, ha lasciato Roma per Milano, dovendo rinunciare all’aiuto dei nonni. Quella che al suo bambino scrive: “Quando mi chiedono come ho fatto a farti venir su così, io lo so che ho pochi meriti. Lo so che sei  speciale di tuo”.

Hai mai temuto che la nascita di Leon potesse danneggiarti a livello lavorativo?
Non credo che i figli penalizzino le carriere, casomai i mariti o i fidanzati! Mio figlio ha aiutato molto la mia carriera perché è sempre fonte di riflessioni, ispirazione e gratificazione. La maternità ha toccato delle corde che non pensavo di possedere, mi ha resa più sensibile ma allo stesso tempo più concreta, perché con un figlio si ride, si piange, ma si deve pure pensare a dargli da mangiare.

Quando eri incinta pensavi a che tipo di mamma saresti stata?

Non mi ero mai immaginata genitore e sconsiglio di farlo, perché il modo in cui si sarà genitori è poco pianificabile. Io sono piuttosto autoritaria e invece con mio figlio sono estremamente permissiva e poco apprensiva, ho visto donne che desideravano ardentemente la maternità e sono spaesate, incapaci; ho visto pessimi mariti essere padri meravigliosi etc… Non dite mai “Io sarò una madre che…” perché che genitori sarete, lo scoprirete alla prima notte insonne.

Cosa significa gestire una separazione quando si è famosi e tuo figlio può googlare di eventuali liti tra i genitori?

Per me esiste un unico punto fermo: chiunque vada in tv a raccontare beghe legate a separazioni e minori, meriterebbe l’intervento del tribunale dei minori. I pannolini sporchi si lavano a casa, lo dico da anni. Immagino quei poveri bambini che un giorno apriranno Google e leggeranno che il proprio padre ha accusato la propria mamma di essere una drogata o una belva o che la mamma ha accusato il padre di essere stato assente o di essersene fregato del figlio. Gli interessi dei figli non si fanno mai in tv, si fanno a casa, mantenendo pudore e buonsenso. O nei tribunali. Le paillettes non si addicono alle separazioni.

Leon ha un profilo Twitter: come lo hai messo in guardia dai rischi del web? Tieni controllato il suo profilo e le sue interazioni 2.0?

Ce l’ha ma ci va raramente e sempre con me. Sta solo prendendo confidenza col web, come è normale che sia, ma per fortuna preferisce stare nel suo mondo di Lego, libri e videogiochi. I bambini non vanno messi in guardia, vanno educati. E la stessa educazione che applicano nella vita la applicheranno nel web. Per il resto, il web non è un posto di maniaci adescatori. C’è gente losca, come c’è sotto casa, al bar, sull’autobus. Va spiegato che il male esiste anche lì senza fare del terrorismo e controllando molto. Ma anche in questo caso, attenzione sì, Gestapo no.

Parliamo di scuola: la croce delle mamme con figli alle elementari sono i compiti, che tengono intere famiglie segregate in casa nel week end. Leon è indipendente?

Leon ha un forte senso di responsabilità di suo, per cui i compiti non sono un dramma, ma un semplice dovere. Non li criminalizzerei: insegnano ai bambini a gestire il loro tempo e li preparano all’idea che ci sono cose che si devono sbrigare da soli, senza l’ombra della maestra accanto.

Come ti relazioni con le mamme dei suoi compagni? Mai pensato di fare la capoclasse?
Sono amica di alcune mamme e una mamma di una vecchia classe di Leon, Giusy, è una delle mie più care amiche. Tra mamme c’è una comprensione che va oltre l’umano. Solo noi sappiamo quale gioco di incastri sia una giornata con un figlio, un lavoro, un compagno.. vado alle pizzate, certo, ma capoclasse no. Sarei la peggior capoclasse dall’invenzione della prima cattedra ad oggi. In organizzazione e gestione gruppi, problemi, raccolta soldi sono ripetente da secoli.

Nella bellissima lettera che scrivevi a Leon per il suo compleanno sottolineavi che molti ti han chiesto se sia difficile crescere un figlio da sola, ma nessuno ha mai chiesto a lui se sia difficile crescere con una mamma sola.
Crescere un figlio da sola è difficile da un punto di vista organizzativo ed economico, ma dico la verità: io sono fortunata. Leon è un bambino facile, va d’accordo con tutti, è simpatico, responsabile e non ha mai creato il minimo problema. Mi aiuta la babysitter, ma sei ore a settimana, per il resto Leon cresce con me, vede il padre e per me la regola è accompagnarlo e andarlo a prendere a scuola, sempre, salvo rare eccezioni. E’ bello farsi buttare le braccia al collo quando escono da scuola: verrà il giorno in cui uscirà e farà finta di non conoscermi o dirà “ciao ma’”, masticando una cicca. Meglio godermelo ora.

Se potessi avere la macchina del tempo e rivivere un momento di questi otto anni insieme a lui, quale sarebbe?
Per me un momento incredibile è stata la prima volta in cui gli ho sentito dire “Io”. Avrà avuto un anno e mezzo. Camminava e continuava a dire “io” indicandosi con il dito. Aveva scoperto l’identità, la percezione di sé. Non era più me, la mamma, noi. Era Leon. Per me è stato quello il giorno in cui ha cominciato a camminare sulle sue gambe, non quello in cui ha fatto i primi passi. Mi sono commossa.

Ogni volta che, su Facebook, mi compaiono status di Selvaggia io clicco “Mi piace”. Dopo questa intervista chiederei a Mark Zuckerberg di introdurre il tasto “Mi piacissimo”.

Rossella Martinelli