Che tipo di mamma è? Senza lustrini e paillettes In esclusiva l’intervista a Maddalena Corvaglia

Maddalena Corvaglia

Ho il piacere di presentarvi una giornalista-mamma, nonché mia amica, molto simpatica, divertente, ma soprattutto in gamba: Rossella Martinelli.

Mi ha chiamata qualche tempo fa dicendomi: “Che ne dici se creiamo una nuova rubrica sul blog con le interviste alle Vip?”
Le ho risposto: “Mah, in realtà Viva la Mamma non è tanto da Vip”

E lei subito: “Quando ero incinta e vedevo lievitare la mia pancia, cambiare il mio corpo, ma soprattutto avevo gli ormoni impazziti, il reflusso, i piedi gonfi e tutto il resto mi chiedevo:”Ma la gravidanza è democratica? Siamo solo noi ad avere questi ‘problemucci’ o anche le bellissime del red carpet o le show girl della tv?”

La domanda mi è piaciuta, da qui l’idea di creare una nuova rubrica “Le interviste alle Vip” curata da Rossella.

La prima intervista, assolutamente in esclusiva per noi, l’ha fatta alla bella mamma Maddalena Corvaglia.

Che tipo di mamma è?
Energica, forte. E per la sua piccola Jamie non ha certamente bisogno di lustrini e paillettes!

“Sembrerà strano a quante non ci sono ancora passate, ma esiste qualcosa di più democratico della cellulite, delle rughe o dell’alito pesante di prima mattina: la gravidanza.

Perché che vi chiamiate Maria Rossi o Megan Fox (la quale di recente ha sentenziato, a proposito della gestazione del suo primogenito «Sono stata talmente male che ero convinta di essere incinta di un baby vampiro tipo quello di Twilight»), i nove messi più belli e rivoluzionari delle vostre vite vi regaleranno almeno una di queste noie: gonfiore agli arti, reflusso, nausee, macchie sul viso, sedere delle dimensioni di una portaerei. E non parliamo nemmeno delle problematiche serie.

Per confutare il luogo comune che vuole immuni da grattacapi e sacrifici le belle e famose dello spettacolo – perché «tanto per loro è facile: hanno la tata» ­­ – ho pensato di dare il via a un ciclo di interviste in cui le mamme vip condivideranno con tutte noi gioie e dolori delle fatidiche quaranta settimane e delle prime dopo la nascita del bambino.

Iniziamo con Maddalena Corvaglia: 33 anni, mamma di Jamie Carlyn, 2 anni e 4 mesi, avuta dal marito Stef Burns, mitico chitarrista di Vasco Rossi. Sullo sfondo la vocina della sua bimba che – come ogni collega duenne – vorrebbe strappare di mano lo smartphone alla mamma e desiste dal furto solo quando in tv si palesa Peppa Pig.

Partiamo dall’istante in cui sul test comparvero le due lineette: la tua reazione?

«Paura. Tanta paura. Non avevo in programma una gravidanza: stavo insieme a Stef soltanto da sei mesi e, sebbene mi sentissi che fosse quello giusto, non era ancora il momento. La mia prima reazione è stata chiamare una mia amica, che è immediatamente corsa da me per tranquillizzarmi. Lui era negli Stati Uniti e non volevo dargli un annuncio tanto importante per telefono: mi è toccato tenere il segreto per una settimana… la più lunga della mia vita! Appena mi ha vista ha capito che qualcosa non andava; quando ho sputato il rospo mi ha stretta forte, dicendomi che tutto sarebbe andato per il meglio».

Hai aspettato le canoniche 12 settimane prima di informare parenti e amici?

«Abbiamo deciso di dirlo soltanto alle mie tre migliori amiche e alle sue sorelle, con cui ha un rapporto bellissimo. A mia mamma non ho detto nulla fino al terzo mese per paura che la gravidanza non andasse bene e che soffrisse».

E a Vasco quando lo avete  comunicato?

«Anche a lui dopo il terzo mese. In compenso, è stato uno dei primi a sapere che sarebbe stata una bimba: lo ha immediatamente scritto su Facebook!».

Qualche noia durante la gestazione?

«Dal secondo al quarto mese mi hanno fatto compagnia delle nausee tremende: specialmente al mattino ero ko. Ho iniziato a godere della gravidanza al sesto mese: fino a quel momento, la pancia quasi non si vedeva. Sono stata benone per un pezzo, considerato che a 7 mesi sono andata a San Francisco, ma dopo qualche settimana il ginecologo mi ha messo a riposo, proibendomi di fare sport, anche perché Jamie era troppo piccola. Il vero spavento, però, è arrivato all’ottavo mese: avevo la minima a 120 e si trattava di gestosi. Ho subito un cesareo d’urgenza: peccato, perché speravo in un parto naturale».

Un bello spavento il cesareo d’urgenza.

«Ero totalmente impreparata: calcola che non avevo nemmeno le cose basiche del corredino; sono dovute correre le mie amiche a comprarle. A mia mamma non ho detto nulla fino all’ultimo: ho inventato una serie di scuse perché lei è una che si preoccupa quando non c’è da preoccuparsi e figurati come sarebbe stata male in una situazione del genere! Dopo la nascita di Jamie sono stata intubata due giorni: ero gonfissima, sembravo una palla, persino le mani erano il doppio!».

Chi ti ha aiutato i primi tempi?

«Mia mamma: si è presa due settimane di ferie da scuola ed è venuta da me. In realtà i primi tempi non sono stati traumatici come avevo ipotizzato, né ho sofferto di depressione post partum. Semmai è stato lento il recupero dovuto al cesareo: per me, che amo lo sport, è stato faticoso stare ferma un mese e mezzo».

Durante la gravidanza ci sono donne che si sentono orrende e, altre, che non si sono mai sentite tanto avvenenti. Tu da che parte stavi?

«La mia fortuna è stato mio marito, che mi guardava come fossi la più bella del mondo. Avevo messo 15 chili, però io sono minutina e non si vedevano troppo. Cercavo di mettere maglie aderenti, ma discrete: niente pance fuori, esibite. Ero molto fiera del mio seno – mai stato tanto rigoglioso – e della luce che irradiava il mio viso».

Hai allattato?

«Finché ho avuto il latte che, ahimè, dopo una quarantina di giorni se ne è andato. Ho provato a stimolare la produzione usando il tiralatte, ma nulla: mi sembrava di mungermi. A quel punto il medico mi ha tranquillizzata, dicendomi che non dovevo insistere: il mio corpo aveva deciso così. Così come aveva scelto di farmi tornare il ciclo dopo soli 40 giorni».

Voglie e antipatie alimentari?

«Io detesto la pasta – sono persino allergica al pomodoro – eppure in gravidanza avevo sempre voglia di pasta in bianco. In compenso ho smesso di abbuffarmi di cioccolato: da una media di una tavoletta al giorno, sono passata a un quadratino»

Hai fatto diagnosi prenatale?

«Sì: volevo fare l’amniocentesi e mi sono fatta consigliare dal mio medico, che mi ha indirizzata verso Maurizio Magnani, un guru in materia. Sapevo che, rivolgendomi a lui, non avrei corso rischi».

Come avete scelto il nome della bimba?

«All’inizio, come tutti, abbiamo comprato il libro dei nomi, ma abbiamo finito col farne un uso al contrario: segnavamo su un foglietto quelli più brutti e Stef, puntualmente, chiamava le sorelle per dir loro cose come “Si chiamerà Fulgenzia!”. Loro, dopo un primo momento di imbarazzo, approvavano educatamente ogni nome con “So cute!”. E così, per gioco, l’abbiamo chiamata tra di noi Fulgenzia fino all’ultimo! Il giorno della nascita eravamo indecisi tra Jodie e Jamie, ma ha prevalso il secondo: anche perché la nonna paterna si chiama Jane».

Quanto ci hai messo prima di uscire dal baco da seta che tesse ogni neomamma e interagire con il mondo esterno?

«Complice il bel tempo, quasi da subito ho iniziato a portarla fuori con il passeggino, anche se sotto sotto avevo mille paure: farà troppo caldo? Troppo freddo? C’è troppa luce? Al lavoro, poi, sono tornata dopo 10 giorni: avevo già firmato per una trasmissione, proprio perché la nascita di Jamie era prevista un mese dopo. Paura della critiche legate ai chili da smaltire? Macché: ero troppo fiera delle mie tette!».

E, per concludere, la classica domanda che zii, prozii, parenti e conoscenti fanno alle mamme: a quando il secondo?

«Non saprei: io viaggio molto, vado a San Francisco tre volte l’anno e fare un volo intercontinentale di undici ore con due bambini mi spaventa troppo! Ma, del resto, la nascita di Jamie non era programmata: chissà che non succeda di nuovo»”.

Rossella Martinelli