Una mia collega: “Maria, ti posso segnalare un servizio interessante che è andato in onda stamattina a MattinoCinque?”
Io: “Certo, dimmi”
E lei: “No, sarebbe inutile, tanto tu non metti mai queste notizie sul tuo blog”
Io: “Scusa?”
E lei: “Sì, il tuo blog è per famiglie felici, da pubblicità del Mulino Bianco”.
Io: “Vabbè, questa te la potevi evitare. Ma mi dici di cosa stai parlando?”
Lei: “E’ una storia che mi ha veramente turbata e colpita. Mi sono immedesimata in quella piccola che a 7 anni è stata strappata alla famiglia e portata via dai servizi sociali senza neppure avere la possibilità di salutare i suoi genitori, e in quella mamma che, come tutti i giorni, è andata alla fermata dell’autobus, ma non ha trovato la sua bambina e non l’ha più vista né sentita per 11 anni”.
Incuriosita (a quel punto non potevo tirarmi indietro) ho visto il servizio.
Inquietante.
Angela a 7 anni è stata rapita dalla giustizia, poi è stata messa in un istituto, poi in un altro, e infine è stata data in adozione ad un’altra famiglia che aveva già un figlio naturale e altri due adottivi.
L’hanno costretta a vivere una vita dura, difficile, fatta di doveri e di lavoro.
Ora quella bambina è una persona adulta. E’ cresciuta ed è riuscita, dopo anni di ricerche, a ricongiungersi con la sua famiglia d’origine.
Una storia drammatica, che ha dell’incredibile. Fortunatamente a lieto fine.
Una storia che è capitata ad Angela, ma che potrebbe capitare anche a qualsiasi dei nostri figli.
“Ogni anno vicende come queste coinvolgono decine di migliaia di bambini e di adolescenti perché c’è una gestione di danaro che muove questo tipo di vicende”, parole dell’Avv. Francesco Morcavallo.
E tutto è partito da un disegno…
“Ci abbracciammo forte, esattamente come avevo sognato di fare fin da quando le ero stata strappata con la forza. In quel momento sentii il profumo della mia mamma. La riconobbi attraverso quella sensazione calda”, queste le parole di Angela quando finalmente, dopo 11 anni e ormai vicina alla maggiore età, riuscì a riabbracciare la sua mamma.
Ma può chiamarsi “GIUSTIZIA” questa?