Il pianto del bambino manda in tilt la mamma: come ci si deve comportare?

Io lo dico sempre: “Beata chi ci riesce”, ma io non riesco proprio a rimanere tranquilla sentendo i miei figli che piangono.
Il loro pianto mi manda in tilt. Il mio cervello lo registra come: “E’ scattato l’allarme, muoviti!”
E questo in tutte le circostanze, anche quando so, con certezza, che quelle lacrime e quelle urla sono dovute semplicemente a capricci. E’ un mio limite, lo riconosco.
Nel periodo in cui li allattavo, poi, mi accadeva qualcosa di veramente strano: se sentivo altri neonati piangere, mi arrivava la montata lattea. Pur sapendo che non erano i miei.
Misteri della natura…
Ma a quanto pare non sono la sola a non resistere al richiamo del pianto. Per moltissime mamme è un suono insopportabile. Eppure c’è qualcosa che possiamo e dobbiamo fare per il nostro bene e per quello dei nostri figli.

Ce ne parla la nostra Psicologa Amica, la dottoressa Francesca Santarelli.
Ecco cosa ci racconta a tal proposito:

Scommetto che ognuna di noi, almeno una volta nella vita, è andata a cercare qualche informazione inerente il significato del pianto del bambino, soprattutto in una prima fase di vita, quando si tratta solo di un neonato.

Sono stati scritti libri, capitoli interi, articoli e pubblicazioni su libri e riviste di ogni genere.

Si sono addirittura inventati marchingegni elettronici capaci, non solo di rilevare quando il bambino piange e noi siamo in un’altra stanza, ma addirittura con la pretesa “illusoria” di interpretare e dare significato a quel pianto.

Oggi, da mamma, capisco il richiamo del mercato e della commercializzazione in quel senso.

Non ce n’è: il pianto di nostro figlio, a qualunque età, ci mette proprio alle strette!

Lo sappiamo tutti che i bambini piangono (almeno finche non parlano) perche è l’unico modo che conoscono per comunicare, qualunque sia il bisogno e il messaggio che vogliono darci: hanno fame, sete, sonno, sono stanchi, annoiati, irritati o sofferenti.

E che quando parlano, molto spesso le lacrime sono collegate alla stanchezza o ai capricci e per questo sono una scarica che esercitano per liberarsi da tensioni interne.

Ma in entrambe i casi, ripeto, tutte siamo bravissime conoscitrici di queste belle spiegazioni e la nostra razionalità ce le appoggia appieno, ma quando ci troviamo nel bel mezzo di una crisi di pianto del nostro bimbo, ecco che dentro di noi scatta qualcosa che va bel al di là delle conoscenze e della razionalità.

Il suo pianto ci va a toccare delle note profonde dentro di noi, ci mette a contatto con un richiamo interiore che a volte fa venire i brividi per quanto è forte e incontrollabile.

E mentre gli uomini spesso riescono ad esempio ad ascoltare quel pianto e nello stesso tempo mangiano tranquilli o riescono a seguire il telegiornale in sottofondo, sembrerebbe che noi mamme non siamo programmate per fare due cose insieme di questo tipo: il “suo” pianto, azzera ogni parte del nostro cervello.

Quella vocina ci perfora la testa, prende ogni spazio mentale e ci fa vibrare qualcosa di profondo che poi sfoga in molte e diverse emozioni e reazioni.

Ce lo siamo sentite dire o ce lo siamo anche dette noi stesse molte volte che “è importante insegnare al bambino che si può tollerare il pianto e la frustrazione. Che non bisogna prenderli subito in braccio , ma lasciarli anche piangere un po’ ecc…”, ma vi risulta che sia cosi semplice nella pratica?

Una volta una mamma mi disse: “ è incredibile come ogni volta che mi metto a tavola con mio marito, la mia piccola comincia a piangere. Io mi dico che non devo accorrere subito e che può aspettare qualche minuto che finisco di mangiare, ma poi mi arrabbio con la mia bocca che ci mette cosi tanto tempo a finire ogni singolo boccone “!

Mi ha fatto sorridere talmente tanto questo racconto che lo riporto sempre negli incontri che faccio mensilmente con le mamme che mi seguono… e tutte ridono e mi dicono: “Ora che ci penso, è vero!! Accade anche a me”!

Bè, oggi non voglio replicarvi le solite teorie ne dirvi che non c e niente da fare per cambiare quello che sappiamo e che siamo nella pratica dell’essere mamme, ma come sempre voglio riflettere con voi su questo piccolo accorgimento:

Prima di accorrere dal nostro piccolo che piange, proviamo a contare fino a tre e nello stesso tempo imponiamoci di fare tre respiri profondi. Questo serve per sintonizzarci con le nostre emozioni.

Poi, proviamo a pensare che il pianto che sentiamo risuona cosi forte dentro di noi, ma non nel nostro cucciolo, nel senso che non è corrispondente a quell’allarme che invece noi avvertiamo quando lo sentiamo (anche se a volte sembra che li stai “ammazzando” per quanto sembrano disperati!).

Proviamo, in quei pochi secondi, a chiederci che cosa ci vuole dire quella vocina lì che urla, ma tenendo sempre presente che non è sinonimo di dolore!

Se facciamo questo, aiutiamo il nostro piccolo a vedere nei nostri occhi, non tanto la rabbia e l’ansia che spesso invece prendono il sopravvento in queste circostanze, ma una mamma che non si spaventa di quelle urla, ma che è capace di ASCOLTARE profondamente e poi, decidere con più lucidità come e quando intervenire.

L’accorrere dunque, non serve né a noi né a loro. Dobbiamo solo imparare forse a sintonizzarci con il loro pianto e non con quello nostro interiore che risuona quando li sentiamo.

Spero di esser riuscita anche questa volta a condividere e riflettere con voi su qualcosa di utile e importante per la bella esperienza che ci accomuna.

Vi ricordo che per appuntamenti o info con la dottoressa Francesca Santarelli, potete visitare il sito Internet del suo studio: www.studiosantarellidecarolis.com.