Non so a voi, ma a me i preziosi consigli di Francesca Santarelli, la nostra Psicologa amica, sono mancati proprio tanto.
Devo dirla tutta: a onor del vero lei ha continuato a rispondere alle vostre domande e a scrivermi. Soltanto che io dal profondo Sud non ho avuto la possibilità di pubblicare le sue e.mail.
Mea culpa. Ma rimedio subito.
Eccovi un interessantissimo articolo scritto dalla dottoressa Santarelli in risposta ad una domanda sulla delicatissima fase del “è tutto mio”.
Una nostra cara lettrice tempo fa ci ha scritto: “Ultimamente sono molto preoccupata per il fatto che la mia bimba di 21 mesi pretenda tutto dicendo: “mio!” con un tono spaventosamente categorico. Ho notato che all’asilo prende i giochi in mano ad altri e poi fa capricci incredibili con “mio!” per non restituirli.
Stamattina, mentre le mettevo i calzini, si è presa il piede con le mani e ha urlato “no, è mio!”. E’ normale?”
Ecco cosa risponde la nostra Psicologa amica:
“Quante volte abbiamo sentito un bimbo che subito dopo le prime parole, quali “mamma”, “papà”, “pappa”, inizia a pronunciare la frase “E’ mio!”, strappando a volte dalle mani altrui un oggetto oppure facendo il possibile per non lasciare lo stesso dalle proprie, sebbene quella cosa in realtà non gli appartenga.
Questo non vuol dire che tutti i bambini, compreso vostro figlio, siano egoisti, anzi al contrario: questo comportamento è del tutto normale!
In questo momento il piccolo è convinto che tutto il mondo giri attorno a lui, quindi è comprensibilissimo che pensi che tutto gli appartenga. Anzi, si tratta di un passaggio obbligato nella maturazione cognitiva e nella costruzione della personalità del bambino che si manifesta in genere dopo l’anno di età, quando comincia a staccarsi dalle figure di riferimento e a percepire la differenza tra il mondo esterno ed interno (il proprio corpo). Inizia quindi per lui un processo di identificazione di sé, che si accompagna però a un senso di “onnipotenza” in cui crede che tutto ciò che lo circonda sia un prolungamento del suo essere e quindi rivendica il suo diritto al possesso su ogni oggetto.
Questa fase di egocentrismo, che si prolunga per qualche anno, spesso sconcerta gli adulti, che non sanno in che modo reagire di fronte agli atteggiamenti decisamente possessivi nei confronti degli oggetti, soprattutto quando il bambino comincia a relazionarsi coi i coetanei e questi atteggiamenti sfociano in dispute che finiscono spesso in litigi e pianti. Tipico il caso di bambini che all’asilo non si accontentano di giocare con i giocattoli a loro disposizione, ma vogliono possederli, portarli via con sé, in quanto pensano che tutto appartenga loro.
Detto questo, e avendovi tranquillizzato sul fatto che sia un atteggiamento del tutto normale, è anche bene sapersi rapportare do fronte a questi comportamenti con le migliori strategie educative, perche in qualche modo, questi atteggiamenti vanno canalizzati e trasformati in azioni educative e di contenimento.
E’ necessario che i genitori trasmettano ai propri figli un modello educativo che sia in primis coerente e poi che si adatti al loro temperamento: contemporaneamente al processo di svincolo dalla loro fase egocentrica, in cui si spiega che non tutto il mondo è di sua proprietà, è opportuno inoltre che le madri e i padri mostrino ai figli che esiste anche lo scambio di oggetti e che quindi quando una cosa viene prestata, successivamente deve essere restituita; inoltre esistono delle modalità ben precise utili per farsi prestare un qualunque oggetto: è necessaria la gentilezza. Dunque, insegnare al bambino a chiedere per cortesia (o per piacere) una cosa e ringraziare nel momento in cui l’ha ottenuta, permette al bambino di sviluppare una rappresentazione del modo in cui ci si rapporta agli altri nel momento in cui si condivide un qualsiasi oggetto.
Un metodo utile potrebbe essere quello di improvvisare delle piccole scene in cui è l’adulto stesso ad appropriarsi di un oggetto del suo piccolo scatenando la sua ira, successivamente si spiega che questa risposta emozionale può avvenire anche in un altro bambino nel momento in cui gli viene sottratto un oggetto di sua proprietà; questo meccanismo è molto utile soprattutto perché permette al bambino di allontanarsi da una concezione egocentrica della realtà e percepire anche il punto di vista altrui
Può capitare che non sempre il bambino si comporti nella maniera sperata; in questo caso non bisogna subito allarmarsi ma è necessario che il genitore non utilizzi dei metodi aggressivi per riottenere un determinato oggetto; una tecnica utile potrebbe essere quella che io definisco “in positivo”, ovvero premiare un comportamento desiderato, piuttosto che punire bruscamente quelli indesiderati.
È comunque meglio adottare un atteggiamento piuttosto fermo che aiuterà il bambino a capire che non tutti gli oggetti sono suoi e che bisogna quindi restituirli al proprietario. L’atteggiamento degli adulti in contatto con il bambino è infatti fondamentale non solo per insegnargli a discriminare tra cosa gli appartiene e cosa no, ma anche per cominciare a fargli capire il senso della condivisione e della collaborazione con gli altri, quell’”insieme è meglio” che sta alla base della costruzione di una personalità serena e di un atteggiamento sociale solare e aperto.
In genere, comunque, dopo i quattro anni i bambini cominciano a superare questa fase e imparano a condividere più facilmente le proprie cose con gli altri”.