La rivoluzione dei papà: 9 su 10 in sala parto

In barba ai consigli del luminare francese Michel Odent che invita i futuri papà a sostare nella sala d’attesa dell’ospedale per non mettere ansia alle donne in travaglio, in Italia quasi tutti gli uomini decidono, invece, di rimanere accanto alle loro compagne nel momento più importante della loro vita: la nascita del figlio! La percentuale è altissima: oltre il 92%.

Lo certifica l’VIII Rapporto Cedap sull’evento nascita in Italia, pubblicato dal ministero della Salute, secondo il quale solo l’8% scarso dei neo papà non assiste alla nascita dei propri figli.
Nel 92,03% dei casi, invece, la donna ha accanto a sé al momento del parto (ovviamente sono esclusi i cesarei) proprio il padre del bambino.

L’exploit si è avuto soprattutto negli ultimi 5 anni con la percentuale dei “babbi” presenti passata da circa il 60% a oltre il 90%.
Possiamo parlare di rivincita dei papà? Di presa di coscienza?

Secondo il ginecologo del Cristo Re di Roma, Giovan Battista Serra “è evidente che le dinamiche sono cambiate e i padri hanno assunto un ruolo diverso, assumendosi delle responsabilità sin dall’inizio, dal simbolico taglio del cordone ombelicale”.
Tuttavia “quando un padre non è tranquillo ma è forzato nella sua decisione di entrare in sala parto dal desiderio della moglie o della compagna può essere d’intralcio”.
In tal caso, forse sarebbe meglio se aspettasse fuori!

Io, credo di avervelo già raccontato, ho avuto mio marito al mio fianco durante tutto il travaglio e parto in entrambi i casi, sia quando è nato Marco che quando è arrivato Luca. E per me è stato fondamentale. Indispensabile.
Quando mi venivano le contrazioni io respiravo profondamente e mi chinavo e lui mi rialzava.
Nel momento del parto, invece, il maritino era accanto all’ostetrica e mi incoraggiava: “Dai forza… si vede la testa”, “Forza forza arriva…!”, “Ha i capelli neri”, “Spingi, spingi”. ” Ci sei, ci sei”.
Sembrava lui il medico!
Ricordo che quando è nato Marco mi sono emozionata tantissimo quando ho visto i suoi occhi lucidi, riempirsi di lacrime: era nato!

Per Luca, invece, ha rischiato di perdersi il momento “clou” per un panino!
Immaginate la scena: era domenica 25 aprile, S. Marco (giusto per rovinare la festa al fratello!), Festa della Liberazione. A Milano tutto chiuso: bar, paninoteche, eccetera.
Eravamo in ospedale dalla mattina alle 8. Erano le 9 di sera e il povero marito aveva mangiato solo grissini e taralli. Mi avevano fatto l’epidurale e quindi non avevo dolori. La dilatazione era ancora assente o quasi. E così gli ho detto: “Vai prenderti un panino. Se accade qualcosa ti chiamo”.

Mezz’ora dopo si è scatenato Luca, voleva nascere. Chiamo il marito. Aveva percorso oltre un chilometro per trovare il primo posto aperto. Aveva preso un panino con un bicchiere di CocaCola e si era appena seduto.
Ma niente, non c’era tempo per mangiare. Si è alzato, è uscito e ha percorso tutta la strada correndo e dando di tanto in tanto un morso al panino. E’ arrivato tutto trafelato, con il panino che, nel frattempo, si era piazzato di traverso sullo stomaco! Erano quasi le 10 di sera.
Alle 10:30 di sera il secondogenito ha visto la luce!
Abbiamo riso come matti: nove mesi di attesa, tutto il giorno in ospedale e poi non assistere al parto… per un boccone! Sarebbe stato il colmo. Per fortuna che è andato tutto per il meglio…

In ogni caso la sua partecipazione è stata talmente grande, talmente forte, che ho sempre avuto la sensazione che a partorire siamo stati in due!

Che dire: la mia è stata una esperienza più che positiva, per questo contravvenendo anche ai consigli di Michel Odent, vi dico: se avete la possibilità “partorite in due”.