“L’Italia non è un Paese per bimbi”. Mi ha colpito molto il titolo di questa agenzia e soprattutto che a lanciare questo particolare allarme siano stati proprio i pediatri durante il 67esimo Congresso della Società italiana di pediatria (Sip).
Ma perché l’Italia è un Paese “no-kids” e perché la vita per le famiglie si fa sempre più difficile?
L’elenco, ahinoi genitori di piccole pesti, è proprio lungo.
“I seggioloni nei ristoranti sono ormai merce rara. Siamo il Paese maglia nera su questo fronte. Per non parlare degli spazi dedicati all’allattamento, anche questi insufficienti, soprattutto nei centri commerciali”, lamenta Marcello Giovannini, professore di pediatria all’università Statale di Milano e presidente della Società italiana di nutrizione pediatrica (Sinupe).
“Abbiamo una percentuale di posti negli asili nido che è tra le più basse al mondo – gli fa eco il presidente della Sip, Alberto Ugazio – Se a livello europeo è previsto che il 33% dei bimbi trovi posto nei nidi, l’Italia si ferma poco sopra il 22%. Siamo indietro anche rispetto ai Paesi vicini, come Francia e Germania. E ci distinguiamo in negativo soprattutto per quanto riguarda i nidi aziendali, uno strumento che cambierebbe radicalmente la vita delle mamme”.
E a spiccare come ‘citta’ ostili ai più piccoli’ sono soprattutto le metropoli, “dove è sempre più difficile, e poco salutare, circolare a piedi o in bicicletta”, facendosi largo fra le auto con i loro gas di scarico, sottolinea ancora Ugazio.
Così la battaglia “per un’Italia più a misura di bambino” diventa “l’obiettivo più importante e strategico per la pediatria italiana”.
I camici bianchi dei piccoli lanciano un appello ai politici nazionali e locali: “Bisogna riportare il bambino al centro delle scelte sociali e politiche del Paese, perchè oggi il quadro è davvero sconfortante”, avverte Ugazio. “Siamo il Paese che nel 2010 ha fatto meno bambini (è nostro il tasso più basso di natalità al mondo: 1,2 nati per donna fertile) e già questo dimostra lo scarso interesse per i bambini. Il nostro appello ai politici riguarda anche la spesa per la famiglia, oggi ferma all’incirca all’1,2% del Pil, contro una media europea del 2,2% e percentuali che in Germania e Regno Unito arrivano anche al 3,5%”.
Purtroppo, continua, “oggi si registra lo scarso interesse della politica in generale e delle amministrazioni locali per la mamma, il bimbo e la famiglia. Forse perchè i bebè non votano, i loro diritti passano in secondo piano”. Poca l’attenzione anche alla qualità dell’aria e alla sicurezza alimentare: “Oggi i nemici del sistema immunitario – sottolinea Alessio Fasano dell’università di Baltimora – si sono moltiplicati rispetto al passato. Dobbiamo difenderci da sostanze chimiche e cancerogene, e da alimenti mai visti prima. E non a caso ci troviamo davanti a epidemie di asma, ad allergie alimentari sempre nuove. Dobbiamo renderci conto che è proprio in età pediatrica che si gioca il futuro degli adulti di domani. Spero che la classe politica ascolti per una volta la classe medica e collabori per migliorare la qualità della vita dei più piccoli”.
La rivoluzione per un’Italia ‘baby-friendly’, secondo i pediatri, dovrebbe passare anche dagli spot tv. “Oggi il bambino, soprattutto per il marketing, è un oggetto più che un soggetto”, osserva Giovannini. Da un monitoraggio sulle pubblicità televisive dei due canali italiani più seguiti dagli adolescenti (Italia 1 e Canale 5) emerge uno squilibrio per carboidrati e dolci che insieme sono protagonisti del 55% degli spot, contro lo 0,6% delle verdure.
Tutti questi problemi, conclude Ugazio, “vanno affrontati al più presto, se non vogliamo che il nostro diventi un Paese di vecchi”.
Che dire? Che mai battaglia mi trovò in prima linea come questa! E concordo pienamente su tutti i punti denunciati dai camici bianchi dei nostri bimbi.