Il test di paternità? Sui banchi delle farmacie

“Quel bimbo che mi sorride e mi saltella sulle ginocchia, facendomi gli occhi dolci è davvero mio figlio?” Vi sembra una domanda assurda? Follia? Mica tanto. Considerate che un recente studio ha rivelato che un bambino su 25 non è figlio di quello che si ritiene essere il padre. E tra coloro che hanno fatto il test, e quindi che nutrivano già un dubbio, la percentuale sale notevolmente: 1 bambino su 5 ha un padre biologico diverso. Così sono sempre di più gli uomini timorosi di infedeltà e tradimenti che acquistano i test di paternità su Internet in tutta segretezza e anonimato. Ma anche tante mamme incerte dei loro rapporti.
I numeri lo dimostrano. La crescita delle vendite è esponenziale: oltre il 300% negli ultimi 5 anni.
Ma da oggi, almeno per i papà inglesi, c’è una novità: il kit per cancellare dilemmi, o chissà per confermare il tradimento, lo potranno acquistare comodamente in farmacia al costo di circa 35 euro.

Un “prodotto da banco sui generis”, direi. Ma la Boots, ossia la principale catena britannica, è sicura del successo. I potenziali acquirenti sono davvero migliaia!
Mi viene in mente quel detto degli antichi latini: “Mater semper certa est, pater numquam”, ossia la madre è sempre certa, il padre mai!

I sudditi di Sua Maestà potranno quindi fare un esame casalingo del Dna facendo il prelievo della saliva con tre tamponi. Una pratica del tutto simile a quella comunemente usata da medici e investigatori privati.

Dopo aver prelevato i campioni di mamma, bimbo e presunto papà questi andranno inviati alla Anglia Dna, una compagnia privata che per altri 150 euro provvederà ad effettuare l’analisi, che assicura avere il 99,9% di precisione, e a fornire i risultati al richiedente.
Attenzione però, i risultati del test non possono essere ammessi in tribunale.

“Circa metà dei test che facciamo abitualmente sono relativi a bimbi sotto i 12 mesi, di cui quindi si scopre il padre prima che siano coscienti – spiega un portavoce dell’azienda al Daily Telegraph – in ogni caso se il bimbo ha meno di 16 anni per il prelievo serve il consenso della madre, e non si potrebbero fare analisi non consensuali”.

Non sono riuscita a trovare la fonte di queste ricerche. Ma i numeri mi sembrano davvero impressionanti. Per le case produttrici di sicuro si tratta di un mercato di grande appeal. Basti pensare che già nel 2009 in Germania i test richiesti erano uno su 4mila abitanti.
In Italia non so. Non circolano cifre nè ufficiali, nè ufficiose.

Ma anche questo è un segno dei tempi che cambiano? Donne sempre più disinibite? Coppie sempre meno stabili? Tradimenti sempre più facili? Chissà!
L’unica osservazione che mi viene da fare è che, anche in questo caso, a pagare per gli errori dei genitori, veri o presunti che siano, sono sempre loro: i figli… innocenti.