117 motivi per non avere figli

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Scorrendo e zigzagando tra le news, la mia attenzione è stata rapita da questo titolo: “117 motivi per non avere figli”. Immagino che la notizia l’abbiate letta anche voi, visto che è stata pubblicata da diversi siti online. Si tratta della super modella Ellie Gonsalves che sul suo profilo Instagram, tra le varie stories, ne ha pubblicata una in cui elenca le ragioni per rimanere “childfree”, senza prole.
E’ una modella da 1,3 milioni di follower, quindi direi che ha un bel seguito. E questa sua provocazione ha suscitato, come ovvio, un bel po’ di reazioni, non tutte positive. Anzi, sono stati veramente tanti quelli che l’hanno quasi crocifissa con le parole.

Ora, per curiosità ho letto le 117 motivazioni e devo dire che molti mi sembrano sono semplici pretesti, non vere motivazioni. E lo ha affermato anche la stessa modella: “Mentre alcune delle cose sulla mia lista sono satiriche, molte sono serie e basate sui fatti. La pressione della società quando si tratta di questo argomento è davvero discutibile e credo che sia ingiusto nei confronti di coloro che hanno opinioni diverse”, ha scritto in un post.

Vi riporto alcuni dei motivi che sicuramente convinceranno anche voi a stare alla larga dalla procreazione:
– i figli sono una TUA responsabilità fino al giorno della tua morte.
– la perdita di capelli post partum
– sei sempre stanca
– il Mondo è già sovrappopolato
– i bambini possono ereditare traumi emotivi
– diventi la seconda priorità per il tuo partner
– i figli possono essere bullizzati o diventare bulli

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C’è ancora domani… per fortuna!

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In queste ultime settimane la parola “patriarcato” credo sia una di quelle più usate, forse abusate, ma sicuramente più discusse.

Io sono cresciuta respirando la cultura del patriarcato. Sono femmina (non donna…) e quindi tante cose le ho dovute imparare perché il mio status di “signorina” me lo imponeva.
Le femmine devono saper rammendare, devono saper cucinare, fare la spesa, tenere in ordine una casa e fare i mestieri di casa. Le femmine devono essere composte. Non devono tentare il maschio. Le femmine devono dire di sì, ma poi con le buone portare il maschio a fare quello che vogliono loro.

E così che sono diventata grande, con questi insegnamenti, con questi esempi. Ma i miei genitori non credo che abbiano colpe. Loro hanno fatto del loro meglio. Anzi, rispetto ai miei nonni si sono “evoluti”. Ma era quella la mentalità di quell’epoca. E loro sin da piccoli sono stati educati all’obbedienza, al silenzio e al rispetto… del padre e degli adulti.

Mio nonno era “signurìa” anche per i figli e quando si pranzava tutti insieme nei giorni di festa, sedeva a capotavola e nessuno poteva iniziare a mangiare prima di lui.  Ricordo che noi piccoli lo guardavamo trepidanti e aspettavamo con la forchetta in mano. Ma il nonno prima di cominciare aspettava che tutti i commensali fossero seduti ai propri posti, anche le mamme (donne) che servivano i pasti. E nessuno si poteva alzare o allontanare dalla tavola senza il suo permesso.

Se il nonno decideva una cosa, era quella. Punto. Non si poteva discutere. Lui portava i pantaloni a casa.
Allora era così. E non so se si chiedessero se fosse giusto o sbagliato. Era così.

I miei genitori hanno cercato di replicare su noi figli quella che era stata la loro educazione. Ma nello stesso tempo hanno allentato la morsa. Ci hanno concesso cose che per loro non erano neppure pensabili.
Io ho avuto la possibilità di studiare. Sono andata all’università, ho convissuto con il mio fidanzato prima che diventasse mio marito (ma a mille chilometri di distanza dai miei e non è un dettaglio).
Ma la cultura del patriarcato l’ho respirata. Negli anni però l’ho rinnegata. Ma mi rendo conto che ne porto ancora i segni e gli strascichi. E ogni tanto la confondo con la “tradizione“.

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L’inganno!

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E’ dura, cavolo se è dura.
Mia nonna diceva sempre: “Figli piccoli, problemi piccoli. Figli grandi, problemi grandi”.

Ma è proprio così? Secondo me no.

A me sembrava faticoso quando erano piccoli e mi sento stanca anche adesso che ho un figlio in piena fase adolescenziale e uno in preadolescenza.

Quando vedo i bimbi piccoli nei passeggini, che dormono beati mentre i genitori li scarrozzano di qua e di là, oltre ad un profondo senso di invidia, penso: “Però,… sono proprio dolcissimi e bellissimi”

Ma è tutto un inganno, sappiatelo!

Proprio oggi al supermercato ho visto un papà con il suo figlioletto in braccio. Il piccolo era abbarbicato al collo del babbo, con il pollice in bocca e sonnecchiava tranquillo. Il papà lo avvolgeva come a dire: “Tranquillo ci sono io a proteggerti”. Il bimbo poteva avere più o meno un annetto.

Un quadro tenerissimo. Sono rimasta a guardarli per un po’.

MA ATTENZIONE: E’ PROPRIO IN QUEI MOMENTI CHE PARTE L’INGANNO.

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Prendimi cuore a cuore

Ilaria Zambolin è una pedagogista che lavora con i bimbi da sempre. Laureata in consulenza pedagogica e progettazione educativa, ha seguito professionalmente molti rapporti genitori-figli. Ma il suo asso nella manica, la persona che davvero ha dato una svolta alla sua vita e che è per lei continua fonte di ispirazione di tante storie, è sua figlia.

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Dimmi che penna scegli e ti dirò chi sei

“La grafologia è la chiave di lettura dell’animo umano”, scrive Candida Livatino nel suo quarto libro “Dagli scarabocchi alla firma”.
Scrivere una frase su un quaderno, fare degli scarabocchi sul foglio o mettere la firma su un documento svela davvero chi c’è dietro ad una penna.
Sembra incredibile, ma tutto influisce ad esprimere uno stato d’animo, anche il tipo di penna che si sceglie oppure il colore dell’inchiostro.

Vi faccio una domanda: immaginatevi di essere in una cartoleria, di fronte a una parata di strumenti per scrivere. Quali scegliereste tra penna a sfera, pennarello a punta larga, pennarello a punta fine, stilografica e matita? Continua a leggere



Auguri papà per la tua festa!

Auguri papà!

Auguri a te che hai sempre creduto in me e mi hai dato fiducia!

Auguri a te che a modo tuo, senza tante smancerie e con poche parole, mi hai fatto sempre sentire la tua vicinanza.

Auguri a te che hai sempre (o quasi) condiviso le mie scelte, anche quando non ti sembravano giuste.

Auguri a te che hai sempre delegato a mamma i NO da appiopparmi, perché tu, lo so, avresti fatto fatica a negarmi qualcosa.

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Super Hero, un libro scritto da un ragazzo per i ragazzi

Qualche giorno fa ho ricevuto un messaggio da parte di Aidan, ve la ricordate? E’ quella simpatica donna che ci mandava le foto dei lavoretti che faceva con suo figlio, delle cacce al tesoro che organizzava per il compleanno dei ragazzi. Insomma, un vulcano di iniziative, tanto che avevamo inaugurato “l’angolo delle idee” proprio per raccogliere tutti gli spunti in modo da poter a nostra volta organizzare e creare momenti speciali.

Il messaggio era il seguente: “Ciao Maria come stai? È tanto che non ci sentiamo… Ora i figli sono grandi ma continuo a organizzare escape room e cacce al tesoro. Di recente ne ho fatta una sulla Casa di Carta per il compleanno di mio figlio. Se c’è ancora la rubrica ti mando le foto! Volevo chiederti un favore però… Mio figlio Cristian di 11 anni ha pubblicato un libro per ragazzi. Si intitola “Super Hero” e parla di 5 bambini che diventano super eroi. La casa editrice Barkov (http://www.barkov.it/libro/superhero).
Potresti parlarne sul blog?”

Caspita!, ho pensato tra me e me, i miei figli (di 13 e 11 anni) fanno fatica a leggerne uno,  devo pregarli per leggere qualsiasi cosa, e invece c’è un loro coetaneo che ne pubblica uno!

Che meraviglia! Largo ai giovani pieni di entusiasmo, di iniziative di creatività e anche di capacità, perché per scrivere un libro a 11 anni ed avere una casa editrice pronta a pubblicarlo, vuol dire che c’è del talento.

Di cosa parla questo libro?  Di cinque bambini qualunque, cinque tizi a caso come li chiama Cristian De Maria, che nell’estate che precede l’ingresso alla scuola secondaria scoprono di poter realizzare questo sogno impossibile. Continua a leggere



La scelta della scuola media… peggio di un parto!

Questo blog è fermo da troppo tempo. Lo so. Mancanza di tempo, mi dico per giustificarmi.
Ma una mia amica, che è venuta a trovarmi per un caffè qualche giorno fa mi ha detto: “E’ una scusa, una banale scusa. Si fanno le cose a cui si tiene di più, si vedono (o si sentono in questo periodo di semi-clausura) le persone a cui si tiene di più. Salta tutto ciò che non è nella lista delle priorità”.

Non sono perfettamente d’accordo. Mi è capitato tante volte di avere delle piacevoli priorità che sono passate in secondo piano per sopraggiunte sfighe chiamate “doveri”.

Ma veniamo a noi, altrimenti divago troppo!

Cosa mi ha spinto a scrivere oggi? Un po’ la nostalgia. In questo blog ci sono tanti anni della mia vita, tanti racconti di esperienze vissute. E poi, visto che ho condiviso sempre tutto con voi, ho pensato di condividere anche l’ultima decisione partorita: L’ISCRIZIONE ALLA SCUOLA MEDIA DI LUCA.

Prima di cominciare vi chiedo: ma voi vi siete fatti mille domande, mille paturnie, mille open day per decidere a quale scuola primaria di secondo livello iscrivere vostro figlio? Continua a leggere



Le fragilità nei bambini dopo il lockdown. Ne parliamo con la psicoterapeuta Dora Siervo

“Metti la mascherina”, “Non toccare niente”, “Non abbracciare i compagni”, “Niente baci a nessuno”, “Disinfetta le mani”… Quante volte al giorno avete ripetuto queste frasi ai vostri figli in questo strano periodo di lockdown? E sono certa che ancora oggi continuate a ripeterle.
Per non parlare nelle centinaia di telegiornali e programmi di approfondimento che gli abbiamo fatto vedere e sorbire in questi lunghi mesi. “I contagiati sono saliti a X mila, i morti hanno superato quota X mila”.
Ma ci siamo mai chiesti cosa provano i bambini di fronte a queste restrizioni?

Ne parliamo con la psicoterapeuta dott.ssa Dora Siervo:

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La vita in un battito d’ali

Lunedì 30 marzo 2020

Quello appena trascorso è stato un weekend davvero triste.

Un weekend che mi ha portato a fare tante riflessioni profonde e a chiedermi “perché”. Perché accadono certe cose? Ma non ho ricevuto risposte, perché non ce ne sono.

Era sabato sera. Eravamo tutti e quattro spalmati sul divano a vedere la Tv.
Ad un certo punto sento vibrare il cellulare. Un messaggio WhatsApp: “Ragazze, non so se lo avete già saputo, ma con infinita tristezza vi dico che è venuta a mancare la maestra della materna dei nostri bimbi”.
Lo rileggo. Lo rileggo. Lo rileggo mille volte. E poi rispondo, nella vana speranza che si sia sbagliata: “Sicura che sia lei?”

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