Ieri sera siamo andati a vedere una piazza di Milano che non avevo mai visto, piazza Gae Aulenti.
Nel quartiere nuovissimo che sta nascendo in questi anni, dall’architettura super moderna, tra i grattacieli vetrati più alti della città, c’è questa piazza che, a dire il vero manca di verde, ma è davvero particolare.
Fontane, giochi di luci, giochi d’acqua e un biliardino 11 contro 11.
Proprio così un calcetto balilla lunghissimo, come tre tradizionali messi insieme. Una formula di aggregazione sociale davvero vincente.
La cosa più bella è che si gioca gratuitamente. Basta andare al bar chiedere la pallina…e la sfida comincia.
Noi eravamo in 8, 4 adulti e 4 bambini. Luca troppo piccolo per partecipare attivamente.
All’inizio stavamo giocando da soli, ma spostarsi da una parte all’altra del biliardino anche se divertente, è abbastanza faticoso. Nonostante la serata fresca e ventilata avevo un bel fiatone.
Ma non siamo rimasti soli a lungo.
La gente che passava di lì prima si fermava incuriosita, poi scattava delle foto e infine si metteva accanto a noi a giocare.
Mi sono ritrovata ad esultare e a battere cinque gioendo per il goal fatto con gente che non avevo mai visto prima. E che probabilmente non vedrò mai più. Troppo bello!
Ci siamo divertiti veramente tanto.
Poi siamo andati a mangiare in una pizzeria. E lì mi sono divertita meno.
Accanto a noi c’era un tavolo con tre adulti e 4 bambini. Questi ragazzotti erano seduti garbatamente al loro tavolo. Non si sono alzati una volta. Non hanno detto mezza parola. Buoni e tranquilli per tutto il tempo.
I nostri quattro bambini, invece, hanno fatto i bambini. Non sono stati in silenzio, si sono alzati più volte, li abbiamo rimproverati qualche volta e hanno giochicchiato tra di loro.
Nulla di trascendente o trascendentale. Non hanno demolito il locale, non si sono arrampicati sui lampadari, non hanno fatto chiasso più del normale.
Esatto più del normale.
Ma cosa è normale? Qual è il limite per definire un comportamento normale?
Dovevate vedere che occhiatacce mi lanciava la mamma dei bambini “bravi”. Uno sguardo che poteva essere interpretato tra l’indignato e lo schifato. Avrà pensato: “Questi non sono in grado di stare in mezzo alla gente!”.
M’inceneriva tutte le volte che alzavo la testa e io mi sentivo i suoi occhi perennemente addosso.
Le avrei voluto dire: “Signora, i miei figli neppure se li sedo con potenti calmanti rimangono seduti al tavolo a mangiare garbatamente come i suoi, senza muoversi, senza dire una parola, senza mostrare vivacità alcuna. Non so se li ha minacciati prima o se gli ha promesso laute ricompense dopo. Non so come diavolo abbia fatto ad “ammaestrarli” così, ma i miei sono bambini, sono vivaci e ridono e scherzano. E le dirò di più, quando sono insieme ai loro amichetti giocano!
E poi si guardi intorno, sono i miei che rientrano nella normalità, non i suoi! Si giri, ci sono altri bambini che ridono e scherzano e giocano anche con gli aeroplani di carta fatti con le tovagliette del locale, perché non incenerisce con lo sguardo pure loro, senza puntare solo e soltanto me?”
E invece non le ho detto nulla. Non vedevo l’ora di scappare via da quel locale.
Una volta fuori ho detto ai nostri amici: “Ma avete visto come ci guardava quella signora?”
E il mio amico mi ha risposto: “Sì, ma mi dispiace per lei che ha tolleranza zero. Non le ho chiesto scusa perchè non c’era nulla di cui scusarsi”.
E in tutta sincerità penso che avesse ragione. Ma in quella pizzeria volevo sotterrarmi dalla vergogna! Mi sono sentita incapace di gestire i miei due bambini. Sigh!
Per risollevarmi il morale siamo tornati al mega-biliardino. Altra partitona a 11 e siamo tornati a casa con il sorriso.