Oggi parliamo di fiabe, delle più tradizionali favole. Quelle che la nonna raccontava alle nostre mamme, le nostre mamme raccontavano a noi e noi leggiamo ai nostri figli. Per esempio Hänsel e Gretel. Chi non ha raccontato questa storia ai propri bimbi?
Ma vi siete mai soffermati sulla trama?
E’ piena zeppa di reati perseguibili penalmente. Dall’abbandono di minori, al sequestro, dal tentato omicidio, all’omicidio vero e proprio, al furto. Insomma… un sacco di lavoro per qualsiasi avvocato.
E allora perché raccontiamo queste cose ai bambini?
La risposta ce la dà labiondaprof, Elisabetta Belotti: queste favole aiutano i bambini a crescere.
In questo post parlerò del ruolo delle fiabe nella crescita del bambino, del loro significato e della loro importanza.
Lo spunto mi è venuto da una lettrice che, commentando un mio post precedente, ha scritto di essere interessata a libri che parlassero di paure per bambini di età superiore ai 5 anni. Quindi non paure “piccole” o definite come quelle relative al ciuccio, all’asilo, al sonno, ma paure più articolate: la paura dell’abbandono, il timore (e il desiderio) di crescere, di entrare nel mondo dei ragazzi grandi e poi degli adulti.
Le fiabe. Le fiabe sono la risposta alle paure dei bambini che stanno crescendo e capiscono che molte cose cambieranno nella loro vita. Le fiabe raccontano situazioni che aiutano i bambini a riflettere ed elaborare le difficoltà che devono affrontare nella crescita: dovranno studiare, lavorare, lasciare la casa della mamma e del papà. Insomma, diventare adulti.
Le fiabe non insegnano ai bambini che i draghi esistono, loro lo sanno già. Le fiabe insegnano ai bambini che i draghi si possono sconfiggere.
– G. Chesterton
Questo aforisma di Chesterton chiarisce bene quale sia il significato delle fiabe. Le fiabe sono un genere narrativo antichissimo, millenario. Per alcuni studiosi sono addirittura la testimonianza degli antichi rituali di iniziazione alla vita adulta, presenti nella maggior parte delle società antiche. In quei tempi, come più recentemente nelle società tribali africane o asiatiche, i fanciulli pronti per diventare adulti erano condotti da soli in un luogo isolato, e sottoposti a prove di coraggio e sopravvivenza. Quando il fanciullo tornava a casa, dopo aver dimostrato di sapersela cavare da solo, era considerato un adulto: poteva cacciare con gli altri uomini, sposarsi, avere dei figli e formare una famiglia propria.
In molte fiabe questa “sottotraccia” è ben visibile: Pollicino che viene abbandonato nel bosco, Cappuccetto Rosso che deve attraversare il bosco da sola, la fuga nel bosco di Biancaneve. Infine, moltissime fiabe si concludono con il ritorno a casa del protagonista che, superate le prove, può sposarsi, magari con la figlia del re. O, nel caso delle principesse, sposano uno dei pretendenti alla loro mano.
Il fascino delle fiabe sta nei loro archetipi, cioè nelle situazioni che si ripetono simili in racconti anche appartenenti a civiltà diverse e lontane. Innanzitutto i ruoli sono sempre ben definiti: i buoni sono buoni e i cattivi sono assolutamente cattivi. L’eroe protagonista è buono, all’inizio ingenuo seppur coraggioso, e deve affrontare delle prove; l’antagonista vuole ostacolarlo ad ogni costo ed è malvagio, sleale, capace di odio sconfinato. Il protagonista, o la protagonista, viene solitamente supportato da un aiutante (la madre/una fata/un vecchio saggio/un animale magico).
Il fatto che i ruoli siano così ben definiti aiuta i bambini: essi imparano che una persona buona, anche se sbaglia, impara dai propri errori e può averla vinta sugli ostacoli che la vita gli oppone. Imparano altresì che il cattivo viene punito per le sue malefatte, anche se all’inizio può sembrare favorito o vittorioso. La fiaba è la realizzazione del concetto che il Bene vince sempre sul Male, che il coraggio e la lealtà pagano, mentre la malvagità e la scorrettezza non sortiscono alcuna vittoria.
Uno studioso russo, Vladimir Propp, ha individuato poi alcune funzioni tipiche delle fiabe, cioè delle costanti che caratterizzano tutte le fiabe. Le più significative e presenti sono: la partenza dell’eroe, le prove che deve superare, la lotta con l’antagonista, i mezzi magici forniti dall’aiutante, l’inganno svelato, il ritorno dell’eroe. E le nozze. Queste, più che un momento romantico, sono la prova tangibile che il protagonista/la protagonista è ormai diventato adulto e può staccarsi dalla famiglia d’origine.
Le fiabe per secoli e secoli sono state raccontate oralmente e tramandate di padre in figlio: solo negli ultimi secoli sono state scritte. Tra le raccolte più importanti di fiabe, ricordiamo Le fiabe dei fratelli Grimm, di cui si è celebrato il bicentenario nel 2012, e le Fiabe italiane di Calvino.
Poi ci sono le cosiddette fiabe d’autore, come quelle del danese H.C. Andersen, l’autore de La sirenetta e de Il brutto anatroccolo. Queste fiabe sono state scritte dall’autore, non raccolte dalla tradizione, ma rispecchiano la struttura, gli archetipi e i significati delle fiabe classiche.
Il 19 marzo scorso è uscito il libro Fiabe italiane di Calvino, Fiabe per i più piccini. Una raccolta Mondadori, con una scelta accurata di fiabe, illustrata da Giulia Orecchia… Il prossimo post riguarderà proprio questo libro, perciò: a presto.
E buona lettura a voi e ai vostri bambini!