Quando ho letto questa notizia sono rimasta per qualche secondo senza parole: in Inghilterra hanno deciso di ritardare la pubertà a sei bambini dal sesso incerto e sarà lo stesso Servizio sanitario nazionale britannico a farsi carico delle spese pagando le iniezioni che serviranno a mettere in pausa lo sviluppo fisico dei sei ragazzi.
La sperimentazione è portata avanti in una clinica a nord di Londra ed è la prima volta che ragazzini così piccoli ricevono questo trattamento, con l’obiettivo di dar loro più tempo per prendere una decisione sulla loro identità sessuale.
Amy, 11 anni, è una dei sei.
Si è ribattezzata Charlie – si legge sul ‘Daily Mail’ online – e si comporta da maschio sin da piccolissima, raccontano i genitori. Voleva essere vestita da maschio, piangeva se doveva indossare un abitino, si divertiva solo con giochi per bimbi. Tanto che lo scorso settembre la mamma le ha permesso di cominciare la scuola secondaria come un ‘lui’. E ora che la pubertà si avvicina, la donna è stata d’accordo a rinviarla sottoponendo la figlia alle iniezioni, una al mese.
I farmaci somministrati sono inibitori degli ormoni ipotalamici addetti allo sviluppo sessuale. Finora sono stati prescritti ad adolescenti con più di 16 anni, ma – secondo esperti favorevoli all’uso di questo trattamento – è fra gli 11 e i 15 anni che i ragazzini dal ‘sesso sbagliato’ hanno comportamenti autolesionisti o tentano il suicidio.
Che dire in merito?
Non lo so. Il mio io, su questo tema, è fortemente combattuto.
Mi sono chiesta: io avrei lo stesso coraggio di questa mamma? Ritarderei coscientemente la crescita di mio figlio nell’incertezza della sua identità? Lo darei in pasto alla spererimentazione? E a 11 anni questi bambini possono prendere una decisione che influenzerà il resto della loro esistenza?
Forse no! Sicuramente lo farei seguire da uno psicologo.
Ma la decisione finale gliela farei prendere in assoluta indipendenza… da grande!