Ci credevamo quasi invincibili… e invece!

Quattro settimane. Sono ormai quattro settimane che siamo chiusi, o forse sarebbe meglio dire reclusi, in pochi metri quadri.
E se prima qualche passeggiata in tarda sera nel parco sotto casa ce la concedevamo, rispettando ovviamente tutte le disposizioni (non si tocca nulla, non ci si appoggia alle panchine…), giusto per fare qualche passo e sgranchire le gambe, ora abbiamo rinunciato anche a quella.

In casa. Giorno dopo giorno in casa.

L’unico contatto con il mondo esterno è la finestra. Ma anche affacciandosi ogni tanto, non si vede nessuno. Si sentono solo ambulanze in lontananza. E a volte neanche tanto in lontananza.

Incredibile, surreale, pazzesco, assurdo.

Non so come possiamo definire questo periodo che stiamo vivendo.

Alle 18.00 appuntamento quotidiano con il “bollettino di guerra”: in Italia i contagi sono aumentati di tot, i morti di tot. Come si può definire tutto ciò se non bollettino di guerra?

E il pensiero va a tutti coloro che stanno lottando con tutte le loro forze contro il “nemico invisibile”, a chi non ce la fa. Allo strazio di chi non può salutare un proprio caro e a chi non può offrire neppure una degna sepoltura ad un proprio familiare.

Ci sono scene che credo nessuno di noi dimenticherà.

In poche settimane siamo passati dai baci e abbracci reali a scene surreali.

C’è un episodio a cui ho assistito e che spesso rivedo davanti ai miei occhi e rivivo.
Un paio di settimane ero in fila fuori dalla macelleria. Centro paese. Ad un certo punto a sirene spiegate sono arrivati vigili del fuoco, ambulanza e polizia municipale. Vedere uomini in tuta bianca con guanti, maschera e occhiali protettivi, praticamente irriconoscibili, portare via una persona in barella mi ha profondamente scossa. Quella persona, ho saputo qualche ora dopo, non ce l’ha fatta. Il coronavirus ha avuto la meglio. Tutto questo accadeva davanti ai miei occhi, a pochi passi da me. Straziante.
Eppure, davanti a tanto dolore, c’era chi riprendeva tutta la scena con il cellulare.
A pro di che? Per non dimenticare? Beh! Non credo si possa cancellare dalla memoria una immagine come quella.
Uno dei vigili presenti sul posto si è accorto delle macabre riprese e ha chiesto a questa gente di cancellare immediatamente i video.

La situazione è questa. Pazzesca, incredibile.
Noi siamo fortunati. Stiamo bene (o quasi). Certo, ci sono i soliti acciacchi. Ma oggi il mal di spalla, il mal di gamba, il mal di testa sono stati declassati. Con quei sintomi oggi si scoppia di salute.

“Ragazzi fate attenzione, ragazzi non vi fate male… ehi, voi due… guardate che se vi fate male o vi rompete una gamba… rimanete così, con la gamba penzolona, ma all’ospedale non vi ci porto! Quindi fate prima a non farvi male!!”

Scene quotidiane di ordinaria follia che vi racconterò.
Il professore di lettere di Marco ha assegnato come compito di scrivere ogni giorno una pagina di diario.
Ovviamente Marco ha avuto da ridire: “Sono in casa, non faccio niente di bello, cosa scrivo? Come posso riempire una intera pagina? Capisci mamma, una intera pagina! Neppure se mi invento barzellette posso riempire una pagina intera!”

Ho notato grande fatica nei primi giorni. Ma ora è il suo primo pensiero. E vedo che riesce a riempire tutta la pagina senza fare tante storie. Non mi permette di leggere ciò scrive e io rispetto la sua privacy. Ma mio marito, invece, ha avuto accesso al diario. Non mi ha spoilerato il contenuto, nonostante la mia grande curiosità. Ma mi ha detto che ci sono degli spunti molto interessanti. Che giorno dopo giorno si è trasformato da elenco delle cose da fare in un viaggio introspettivo.

E allora ho pensato: se lo fa lui, perché non lo posso fare io? In fondo il blog è un diario. E allora metteremo nero su bianco come si vive per settimane in una manciata di metri quadri senza mettere il muso fuori dalla porta, se non con la mascherina.

Parleremo della fatica che si fa a conciliare casa, cucina, figli, compiti e smartworking.

Di come i ragazzi stiano affrontando questa nuova sfida: la didattica a distanza. Di quanta poca voglia abbiano di fare i compiti. Di come, almeno nel nostro caso, siano seguiti poco o per nulla dalla scuola.
Di come molti docenti siano spariti nel nulla e altri, invece (pochi, molto pochi), si siano attrezzati con pc, app e siti vari per fare le video-lezioni.
(Questo al momento è un argomento che mi ferisce molto. Ma ne parleremo!)