Oggi non vi parlo né di Marco, né di Luca, ma dei miei ulivi.
Sono nata e cresciuta in Puglia, nel brindisino. Una terra baciata dal sole e popolata da questi magnifici alberi che non ci hanno mai fatto mancare olio, olive, legna e perché no, anche ombra.
Un po’ come gli abeti per Heidi, questi giganti non sono solo dei tronchi con delle foglie, ma dei compagni di vita, dei compagni di lungo corso. Non sono solo belli, ma anche maestosi, rigogliosi e soprattutto centenari. Ce ne sono alcuni che sono addirittura millenari.
Ogni volta che andiamo giù dai nonni, porto i miei figli in un posto che adoro. Un appezzamento di terra a pochi chilometri dalla spiaggia di Torre Guaceto.
Ogni anno scattiamo le foto vicino agli stessi alberi. Sono dei giganti monumentali di una bellezza indescrivibile. Nessuna foto, nessun ritratto gli può rendere giustizia.
Sono talmente preziosi da essere in predicato per diventare Patrimonio Mondiale dell’Umanità dell’UNESCO.
Mi piaceva l’idea di creare un album fotografico con le foto dei miei bambini che, anno dopo anno, diventano grandi vicino a questi ulivi che al contrario rimangono lì, uguali a se stessi nei secoli.
“Mamma, secondo te questi alberi hanno visto i saraceni? I normanni? I messapi?”, mi ha chiesto Marco l’ultima volta che siamo andati. L’idea che questi alberi abbiano potuto “vivere” quella parte di storia che ha studiato a scuola e che a lui sembra lontanissima lo stupiva molto.
Ed ora saperli in fin di vita per colpa della Xylella mi fa stare male. Molto male.
“Mamma ma come è possibile! L’uomo è riuscito ad andare sulla Luna e ora non riesce a trovare una cura per salvare gli alberi?” mi ha detto teneramente Luca.
La scorsa estate, durante una bella serata tra amici in campagna, parlavamo di questo argomento con una nostra amica agronoma. “Ormai la Xylella è arrivata a Brindisi. Pochi anni ancora e colpirà anche questi alberi (indicando gli ulivi che ci circondavano). E a quel punto in pochi anni queste terre saranno dei cimiteri degli ulivi”.
Io la ascoltavo con le lacrime agli occhi. Non riesco ad immaginare la mia terra senza quelle infinite e meravigliose distese di ulivo. Perderebbe il suo tratto distintivo, forse il più bello.
Non ce la faccio, non riesco ad arrendermi. In cuor mio spero sempre che la scienza riesca a sorprenderci e a smentire tutti quelli che parlano di destino funesto.
Spero che si riesca a trovare una cura, una soluzione per salvare questo patrimonio preziosissimo, la nostra storia, il nostro passato. Per me il presente e per i miei figli il futuro.