Come vi ho raccontato ieri, il primo giorno di viaggio, per sbaglio e per errore, abbiamo visitato un pezzo dell’entroterra della Croazia. La parte più rurale e meno turistica, quella fatta di case con le facciate ancora crivellate dai colpi della guerra, alternate a case in costruzione con i mattoni rossi a vista.
Le case erano chiaramente abitate da tempo, anche se senza intonaco e rifiniture esterne.
Essendo nata e cresciuta al Sud Italia questa cosa non mi doveva meravigliare. In alcune zone del Mezzogiorno non è raro trovare case perfettamente arredate all’interno, ma senza intonaco all’esterno.
Eppure in Croazia ho respirato un’aria diversa. C’erano ancora chiari ed evidenti i segni di una guerra non tanto lontana. Un conflitto che ha sicuramente lasciato un segno profondo. E quelle facciate crivellate mi hanno parecchio amareggiata. Pensavo alle persone che erano lì in quegli anni, ai bambini, chissà quanta paura!
Nello stesso tempo, però, si vedeva anche la voglia di ricostruire e ripartire.
Marco ci ha tempestati di domande sul perché di quella guerra. Ma a tante domande, ahimè, non ho saputo dare risposta.
Girato l’angolo però, abbandonata la parte più povera, le cose e le case erano completamente diverse. Tutto bello, tutto nuovo, tutto perfetto, tutto moderno. La zona vicina ai laghi di Plitvice è curatissima. Costruita su misura per i turisti. E infatti c’era gente che arrivava da ogni parte del mondo. Non ho visto molti alberghi, ma un numero infinito di appartamenti in affitto e residence. E nei ristoranti, biglietterie, bar, tutti parlavano perfettamente l’inglese, tanti il tedesco e molti l’italiano. Non abbiamo avuto alcun tipo di problema. Anzi.
Dopo Plitvice, su consiglio di una guida turistica, siamo andati a vedere Rastoke. Un piccolo villaggio costruito su un fiume. La chiamano la Piccola Plitvice, perché anche qui cascate e cascatelle non mancano. Piccolo borgo, ma estremamente grazioso. Se avessimo saputo prima della sua esistenza, sicuramente la camera l’avrei cercata lì. Ma siccome noi improvvisiamo e non organizziamo, ci siamo accontentai di una breve sosta, giusto il tempo per scattare qualche foto e poi via verso Zadar (Zara).
Zara, la città dove la presenza del socialismo di Tito è ancora evidente. Buona parte della città, dopo i bombardamenti della seconda guerra mondiale, è stata ricostruita con quelle che i miei figli hanno definito “case popolari”.
Però vi posso dire che il centro storico è un vero scrigno che testimonia il passato glorioso della città. Piccolo, veramente piccolo, ma prezioso.
Dopo un giro per il Foro Romano, una sbirciata alla chiesa bizantina di San Donato e una sosta sui gradoni dell’Organo Marino per ascoltare la musica prodotta dalle onde del mare, i miei figli non ne potevano più. Erano stanchi di camminare e volevano fare solo una cosa: mare!
Così abbiamo lasciato Zara e ci siamo diretti al nord verso l’Istria.
Mio marito mi definisce “tipa da bandiera”. Ossia che non mi godo appieno i posti che visitiamo, che non mi immergo nell’atmosfera, ma che arrivo, guardo, punto la bandiera per dire “Fatto”, “Visto” e poi via verso un’altra meta, un’altra bandiera da puntare. E così in una settimana gli faccio fare mille tappe e ogni viaggio diventa un tour de force.
E così dopo Rastoke al mattino e Zara nel pomeriggio, per la notte ho prenotato un appartamento a Crikvenica (Cirquenizza). E lì finalmente i bambini si sono goduti una giornata di mare, mare, mare e gommoni.
Ora, non me ne vogliano i croati e neppure gli italiani amanti della Croazia, ma io sono abituata alle spiagge del Salento, alla sabbia dorata, al mare azzurro-verde.
Lì al posto della sabbia c’erano solo ciotoli, ghiaia, scogli e terra. Per camminare bisognava avere ai piedi le scarpette e la gente non portava sotto il braccio l’asciugamano, ma una sorta di materassino imbottito ripiegato in tre.
No, non è per noi che amiamo giocare con la sabbia, costruire castelli e fare lunghe passeggiate sul bagnasciuga. Il mare però è molto bello, pulito, trasparente.
Ad ogni modo ai miei figli la giornata di mare è piaciuta parecchio. Erano stanchi morti ma felici. E pronti per la tappa successiva: l’Istria.
Ah… l’appartamento che avevo trovato last second (perché davvero all’ultimo secondo :)), invece, non era grandioso: una mansarda al terzo piano senza ascensore. E non vi dico quante volte ho battuto la testa… 🙁
Devo darvi appuntamento al prossimo post… perchè di cose da raccontarvi ne ho ancora tante… e questo post rischia di diventare chilometrico…