Quando ero incinta speravo, immagino come tutte le mamme, che la creatura che portavo in grembo fosse sana e in salute. Avevo anche tanta paura del parto, perché è una fase delicata dove tante cose posso accadere.
E anche adesso che stanno crescendo, spero tutti i giorni, che la salute li accompagni.
Perché tanta apprensione?
Perché questa società, e lo dico con la tristezza nel cuore, non è adatta per i “diversi”. E un bambino con problemi spesso viene considerato “un peso” per la società.
Fino a che c’è la famiglia ad accudirlo si va avanti. Poi?
Da quando ho conosciuto Lena (la blogger de Il Mondo di Lena) vedo cose che prima non vedevo. O forse non volevo vedere. E sempre con più attenzione leggo il suo blog. E la ringrazio di esistere e anche di essermi amica perché mi ha aperto un mondo. Un universo prezioso.
Qualche giorno fa sul suo blog c’era un pezzo che mi ha colpito molto. Mi ha fatto pensare. L’ho letto e riletto. E sempre più mi sono immedesimata in quella mamma, in Marina Cometto, che ha dedicato la sua vita alla figlia affetta da una rara malattia.
E ora che l’età avanza si chiede: “Che sarà dopo di noi?”
E aggiungo io: “Si può sperare nella morte della propria figlia come IL MEGLIO PER LEI, ed evitare così che, dopo la morte dei genitori, sprofondi nell’oblio di questa società?” Continua a leggere