Eccoci arrivati all’appuntamento con la dottoressa Francesca Santarelli, la nostra Psicologa Amica.
L’argomento che affrontiamo oggi è semplice da dire, difficilissimo da attuare e mettere in pratica.
Parliamo delle regole che bisogna definire e dei “No” che si devono dire con convinzione, anche quando il bambino urla, strepita e sbraita.
Diciamo la verità: spesso noi adulti arriviamo a sera che siamo stanchi, sfiniti. Sogniamo una poltrona, un telecomando e un paio di pantofole. E invece troviamo loro, i nostri bimbi, caricatissimi. E più che sentirli piangere e frignare, cediamo alle loro richieste, accontentandoli anche quando non dovremmo.
Loro non danno fiato all’ugola e non ci sfondano il timpano con le urla, anzi sono felici, e noi siamo più tranquilli.
Tutto perfetto! Vero?
E invece no. Così facendo mostriamo loro tutti i nostri limiti, le nostre debolezze e li mandiamo in confusione.
Ci spiega tutto la psicologa Santarelli:
“Quasi tutti i genitori conoscono e vivono con i loro bambini la cosiddetta “Età dei No”.
E’ proprio verso i due anni che iniziano le crisi di opposizione e con esse i “No” decisi che il bambino grida con tutto il corpo, dalla testa, al collo, alle spalle, e volte piangendo. Ma è anche l’età in cui il bambino inizia a dire “Io”, quindi a riconoscere se stesso, a percepire il senso della propria unità corporea, a sentirsi dotato di un suo pensiero e di una sua volontà. E’ una fase molto importante dello sviluppo, il bambino può muoversi bene ed andare verso nuove esplorazioni, si allontana e si avvicina rispetto alla figura di riferimento, sperimenta gli albori delle sue piccole aree di autonomia. Il bambino capisce che il “No” diventa, per lui, un’arma magica e potentissima che può produrre un effetto nell’ambiente. Diventa uno strumento con il quale il bambino sfida l’adulto e lo fa per sperimentarsi, per capire fin dove può spingersi.
In realtà sta cercando un contenimento ( limiti e regole ) che solo l’adulto può fornirgli con un chiaro sistema di limiti e di regole. I limiti danno al bambino il senso del confine territoriale entro cui gli è consentito muoversi, in termini fisici ed emotivi. I limiti sono necessari e devono essere dati dagli adulti. Insieme alle regole il bambino acquisirà pian piano i concetti di “cosa può fare” e “cosa non può fare.
Il non incontrare confini da altri assegnati o la poca chiarezza e coerenza di tali confini crea nel bambino un profondo senso di angoscia dettato dal sentirsi in balia di sé stesso.
L’uso della regola nell’educazione del bambino diventa molto più difficile da gestire. Il rischio è quello di un’educazione che non aiuta il bambino a crescere ma lo mantiene in una condizione di dipendenza e scarsa autonomia, limitando il suo spirito di iniziativa e la sua sicurezza.
Spesso il genitore si trova a dire di sì alla richiesta del figlio non perché ha valutato che quello che gli chiede il bambino serve alla sua crescita e ad un suo sviluppo armonico e positivo, o almeno non la ostacola, ma perché spesso emergono vissuti tipo “se dico di no”…
• … mi sento in colpa (ci sono poco con i figli / compensazione)
• … mi sento cattivo (me lo dicono anche: rifiuto d’amore)
• … non sopporto vedere che mio figlio ci sta male
• … non voglio fargli mancare nulla (compensazione di mie carenze)
• … ho bisogno dell’approvazione di mio figlio (sentirsi bravi genitori)
Nell’impartire una regola, è importante che il genitore, anche precocemente, con pacatezza, motivi la ragione per cui ci si aspetta un determinato comportamento.
Il bambino senza regole è un bambino confuso che finisce per non avere più nei genitori un punto di riferimento.”
Per appuntamenti con la dottoressa Francesca Santarelli, o info, potete visitare il sito Internet del suo studio: www.studiosantarellidecarolis.com