Una straordinaria storia d’amore tra una mamma e suo figlio Kanhaiya

Questa che vi propongo oggi è una storia vera, anche se sembra tratta da un best seller come “I mille splendidi soli”. Anche Kanhaiya è indiano. E se Edmondo De Amicis fosse vissuto ai giorni nostri, sicuramente gli avrebbe trovato una parte da protagonista nel libro Cuore, ovviamente tra i buoni.

Ma cosa ha fatto questo giovane indiano per far parlare di sé in tutto il mondo?

Ha lavorato sodo per pagare una cauzione e far uscire la mamma dal carcere.
Una vita di sacrifici per racimolare 138 euro.

La donna, Vijaya Kumari, è ritornata a casa dopo 19 anni dietro le sbarre, e visibilmente commossa ha detto ai giornalisti che le chiedevano quali fossero i suoi sentimenti: “Tutti dovrebbero avere un figlio come il mio”.

Il fatto è che Kanhaiya era ancora nella pancia della mamma quando questa fu condannata all’ergastolo nel 1994 con l’accusa di omicidio di un bambino ed internata nel carcere di Lucknow, in Uttar Pradesh.

L’anno dopo, con il neonato fra le braccia, Vijaya riuscì a farsi ascoltare in Corte d’Appello e fu convincente, perché il giudice annullò la dura sentenza di primo grado, concedendole una libertà dietro il pagamento di una cauzione di 10.000 rupie (appunto 138 euro), che lei però non fu capace di pagare.

“Fui lasciata sola – ha ricordato con tristezza – e né la mia famiglia, né i parenti e neppure mio marito mossero un dito per aiutarmi. Nei sette anni successivi lui venne a trovarmi una sola volta per dirmi che si era risposato”.

Mamma e figlio vissero insieme fino a quando il piccolo Kanhaiya (uno dei nomi del Dio Krishna che vuol dire ‘Colui che ha visto la luce dietro le sbarre’) fu trasferito all’età di sei anni in una Casa-famiglia di Lucknow dove crebbe con un’idea fissa: trovare il modo per far uscire la madre dal carcere.

Ormai adolescente il ragazzo ha cominciato a fare lavoretti di ogni genere, ma per anni la sua capacità di risparmio è stata vicina a zero, anche se almeno ogni due settimane tornava in carcere per incontrare la mamma.

Finché lo scorso anno, ormai maggiorenne, si è presentato in una fabbrica di abbigliamento di Kanpur ed è stato assunto.

Da quel momento, ha raccontato, “ogni rupia superflua finiva in un salvadanaio per accumulare la somma richiesta per la cauzione”, obiettivo raggiunto un mese fa.  “Ed ora – ha assicurato – sono molto molto felice”.

La storia di Vijaya Kumari ha avuto ampia eco sulla stampa, al punto che l’Alta Corte di Allahabad ha chiesto a tutti i tribunali locali di presentare al più presto la lista di tutti i detenuti che, avendo ottenuto la libertà dietro cauzione, non sono usciti per mancanza di risorse.
Che dire?
19 anni passati in carcere senza un giusto motivo, a scontare una colpa che non c’è, e con la libertà nelle tasche (purtroppo vuote) sono tanti, una vita.
Noi ci lamentiamo tanto della giustizia italiana, ma in India stanno messi ancora peggio!

Al di là di questa splendida storia d’amore tra mamma e figlio, mi chiedo: è giusto far crescere un bambino innocente dietro le sbarre?