Quando anche comprare le scarpe diventa un’impresa!

Ogni tanto, anzi ultimamente sempre più di frequente, mi chiedo: ma dove ho sbagliato e cosa continuo a sbagliare?
Troppo poco severa? Troppo permissiva? Troppo accomodante? Poco presente? Poche punizioni serie?
Non lo so. L’unica cosa certa è che le teorie pedagogiche da me e mio marito messe in atto fino a questo momento non hanno dato i risultati sperati. E così anche comprare due paia di scarpe ai bambini mi risulta estremamente faticoso e stancante. Un’impresa titanica.

Ieri siamo andati in un uno di quei grandi negozi che vendono scarpe. L’obiettivo era di tornare a casa con un paio di scarpe da ginnastica per Luca e un paio di scarpe leggere, ma chiuse per Marco.

Facile vero?
No. O meglio: no se i due bambini in questione sono i miei: Marco e Luca.
Presi singolarmente sono splendidi, buoni, educati, degli angioletti. Ma insieme diventano un terremoto di vivacità.

Luca scappava e Marco partiva all’inseguimento per fermarlo. Esito: due monelli che correvano all’impazzata e facevano gli slalom tra gli scaffali. Per fortuna che c’era poca gente!

“Basta, fermi, buoni, aspettate qui seduti un secondo”. Niente.

“Prova questa scarpa, è comoda? Cammina un po’”…  Neanche finivo di pronunciare questa frase che ripartivano!

Faceva freddo, ma sudavo.
Non vedevo nessun altro, nel negozio, in difficoltà come noi.

Sono tornata a casa che ero sfinita, con un mal di testa impressionante e ho dovuto prendere una pastiglia.

Marco mi ha vista arrabbiatissima e mi ha chiesto: “Mamma, perché hai quella faccia?”

E io: “Non è possibile che per farvi un regalo poi devo stare pure male!”

E lui: “Regalo? Mi hai fatto un regalo?”

Io: “Scusami, ma le scarpe che abbiamo comprato non sono un regalo?”

E lui: “No, i giocattoli sono un regalo, non le scarpe. Quelle si devono comprare per forza, altrimenti come cammino”

Io: “Ah! bene, bene a saperlo”.

“Mamma, mi dai un bacio? Ci diamo un abbraccio?”, era quel ruffianetto di Luca.

E io: “No, perché sei stato monello”

E lui, con una faccia irresistibilmente birichina, ingenua e innocente: “Monello? Quando?”

Io e mio marito ci siamo guardati in faccia. Non c’è stato bisogno di parlare, era chiaro che entrambi ci stavamo chiedendo: “Dove abbiamo sbagliato!”

Ieri sera, quando ormai i bimbi dormivano e noi sfiniti eravamo nel lettone, chiacchieravamo. Mio marito mi ha detto: “Cosa vorresti fare nel ponte del 25 aprile?”
E io: “Un giretto, un viaggetto”.

E lui: “Sicura? Finirebbe come l’anno scorso quando siamo andati a Trieste. Ricordi? Siamo tornati a casa con due giorni di anticipo perché eravamo esausti. Che ne dici di questa alternativa: quasi quasi… rimaniamo qua. Loro vanno a scuola e noi finalmente ci riposiamo :)”.

Detta così… mi pare un’offerta che non si può rifiutare 🙂