Perché ogni tanto i bambini regrediscono?

Quando rimasi incinta di Luca, Marco aveva appena compiuto due anni. Era ancora un super cucciolo.
E quando ormai ero a metà strada con il pancione, le educatrici del nido mi consigliarono di fare due passi importanti: portare il mio ometto nella sua cameretta e aiutarlo e liberarsi del pannolino. Due step di tutto rispetto.
Ovviamente senza pressioni e gradualmente, ma prima dell’arrivo del fratellino. Perché dopo sarebbe stato molto più difficile. Mio malgrado, avrei assistito ad una forma di regressione da parte di Marco.
E così fu.
Non vi nego che il mio piccolo grande ometto era già pronto per entrambi i passi e infatti fu bravissimo. Ma l’arrivo di Luca fu uno tzunami per lui. Era il re incontrastato della famiglia fino a quel momento. E invece dopo si ritrovò a “condividere” mamma e papà, ossia tutto il suo mondo, con un fagotto che tutti chiamavano suo fratello, ma per lui era solo un rompiscatole piagnone che gli portava via la mamma!
E così tornò a farsi la pipì addosso, a piagnucolare come un neonato, etc.

E oggi, con la dottoressa Santarelli parliamo proprio di questo, della regressione infantile.

L’arrivo di un fratellino è solo una delle cause scatenanti. Ma perchè si comportano così? E cosa possiamo fare noi genitori?

Ecco cosa ci consiglia la Psicologa Amica:

“Da un giorno all’altro, in modo del tutto inaspettato, il nostro bimbo che sembrava aver raggiunto ormai dei traguardi “da grande”, ricomincia a fare cose che faceva quando era molto più piccolo: rivuole il ciuccio, si fa la pipi sotto, si risucchia il pollice, ricerca il seno, ricomincia a balbettare e parlare come un bambino piccolo stortando le parole, rivuole il latte nel biberon…
Come mai?
Ci troviamo di fronte ad alcuni esempi di regressione infantile.
Alt! Niente allarmismi, ansie e confusione.
Andiamo con ordine.
Quando il bambino di 2, 3, 4 o più anni “torna indietro” si dice che è tornato nello stadio di sviluppo precedente ed è regredito in una fase in cui la dipendenza dai genitori era maggiore e quindi maggiori erano anche le cure e le attenzioni che riceveva.
Questi comportamenti tipici di una fascia d’età precedente non è un avvenimento cosi insolito, anzi, è molto frequente perché è uno dei meccanismi di difesa che conoscono i bambini cosi piccoli per proteggersi da qualcosa che avvertono come particolarmente disagevole.
Può essere una fase di crescita, una situazione difficile, un momento di fatica generale.

La regressione dunque è espressione di un disagio e, nello stesso, è sempre una richiesta d’aiuto che il nostro piccolo ci sta rivolgendo.

Le cause possono essere di varia natura come ad esempio: un’esperienza traumatica che si è trovato a vivere personalmente (anche la morte di un parente o una persona a lui cara); un cambiamento importante in famiglia come la nascita di un fratellino o la separazione dei genitori, ma può rivelare anche una personale difficoltà ad affrontare il distacco dalla mamma a causa della sua ripresa del lavoro o l’inserimento in asilo.

Attenzione però, quando il bambino fa una pausa, o sembra fare qualche passo indietro nel cammino verso l’autonomia, non è detto che stia necessariamente esprimendo un disagio.

Il percorso dello sviluppo infatti, non segue una linea retta: ci sono periodi in cui il piccolo fa molti progressi e altri in cui ha bisogno di una pausa e, quasi fosse spaventato dai suoi grandi passi avanti, trova a cercare insistentemente le attenzioni della mamma con quei classici comportamenti da cucciolo. Se nel giro di pochi giorni, fatto il piano di coccole e rassicurazioni, si mostra pronto a rimettersi spontaneamente in marcia verso nuovi obiettivi, non c’è nulla di cui preoccuparsi e non stiamo parlando di una vera e propria regressione.

Come sempre dunque, non allarmatevi subito, ma prendetevi il giusto tempo per osservare e valutare cosa sta accadendo nella crescita del vostro piccolino.

In ogni caso, cosa possiamo fare noi genitori?
La cosa più importante è non rimproverare il bambino, ma cercare di capire cosa si nasconde dietro questi comportamenti cercando di dare spazio a ciò che sta provando, ma indirizzandolo verso un atteggiamento più consono alla sua età. Trovare dei compromessi è la cosa migliore.
Qualunque sia la causa della sua regressione, il bambino va ascoltato, cercando di comprendere cosa lo spaventa e cosa sta cercando di comunicare con il suo comportamento. Fondamentale è anche mantenere la calma e non andare in ansia perché aumenterebbe la sua insicurezza.
Un surplus di coccole e attenzioni inoltre, non potranno che fargli bene. Sapere che mamma e papà lo amano, sempre e comunque, lo aiutano a sentirsi più sicuro di sé e fiducioso nei confronti del mondo esterno.
Anche raccontare fiabe e storie con vicende simili a quello che sta vivendo, gli permette di esorcizzare tensioni e paure inespresse e al tempo stesso ha un effetto rassicurante”.

Vi ricordo che per appuntamenti o info con la dottoressa Francesca Santarelli, potete visitare il sito Internet del suo studio: www.studiosantarellidecarolis.com.