Troppe mamme danno ai propri figli cibo solido prima del tempo, spesso quando ancora non sono pronti a digerirlo. Lo afferma uno studio del Center for Diseases Control and Prevention – CDC di Atlanta, centro di riferimento mondiale per gli studi su controllo e prevenzione delle malattie, pubblicato dalla rivista Pediatrics.
Ma dopo quanti mesi i bambini possono cominciare a mangiare cibi un po’ più solidi?
L’Organizzazione Mondiale della Sanità consiglia di alimentare i bambini solo e soltanto con il latte materno fino a sei mesi. E di cominciare lo svezzamento solo dopo i sei mesi.
Io con Marco ho fatto così. Verso i cinque mesi e mezzo ho cominciato a fargli assaggiare gli omogeneizzati di frutta. Ma le pappine solo dopo i sei mesi.
Con Luca no. Lui aveva fame. Il mio latte non gli bastava e guardava con occhi sgranati desiderosi e vogliosi tutto il cibo dei grandi. E così ho anticipato i tempi. A cinque mesi già mangiava gli omogeneizzati di frutta, i biscottini per neonati e le croste di pane (adorava ammorbidirle con le gengive). E a cinque mesi e mezzo le pappine.
Secondo i ricercatori di Atlanta, però, ho sbagliato.
Loro hanno intervistato telefonicamente più di milletrecento mamme, scoprendo che il 40% aveva dato cibi solidi ai figli prima dei quattro mesi, e il 9% addirittura dopo quattro settimane. Questo, sottolineano gli autori, anche se le linee guida più moderne affermano che la dieta migliore per i primi sei mesi del neonato sia quella esclusivamente a base di latte materno, e nel caso questo non fosse disponibile, il miglior sostituto è quello artificiale.
“Le ragioni principali addotte dalle madri per motivare la decisione di dare cibi solidi ai bambini – spiegano gli autori – sono ‘mio figlio è grande abbastanza’, ‘sembra affamato’, ‘voglio farlo dormire di più’ la notte’ e, ancora più allarmante, ‘un dottore mi ha detto di farlo’. Evidentemente – rilevano – le linee guida dovrebbero essere maggiormente pubblicizzate”.
Secondo gli esperti, “iniziare troppo presto a somministrare cibo solido può portare a malattie come obesità, celiachia e diabete, oltre a gastroenteriti e diarrea se la flora batterica intestinale non è ancora sufficientemente sviluppata”.
Che dire?
Senza voler togliere nulla a questi esperti, io credo che le loro teorie e tesi siano valide sui grandi numeri, non sui singoli casi. E siccome i nostri figli sono “unici”, personalmente preferisco affidarmi e fidarmi di chi li conosce meglio, ossia della pediatra. 🙂