Avete mai sentito parlare del “complesso di Edipo”?
E’ la fase che stanno attraversando i miei piccoli uomini in questo momento. E vi assicuro che non è affatto facile.
“La mamma è mia”, “No è mia”, “Ho detto mia”, “Io sono più grande, quindi è mia”, “E io sono il fidanzato”, “E io il suo amore grande”.
Ebbene sì, questi battibecchi tra i due fratellini, a casa mia, sono all’ordine del giorno.
“Quando avete finito ne lasciate un pezzetto pure a me?”, aggiunge sarcasticamente mio marito!
Devo essere sincera, un po’ questa storia mi lusinga: è bello sentirsi amata da due piccoli ometti che ti guardano con gli occhietti a cuoricino (oltre che dal marito, ma quello è un altro discorso ;))
E so che non durerà molto, un giorno si sveglieranno, guarderanno fuori e si accorgeranno che il grande amore è una bella signorina che darà filo da torcere a loro… e pure a me!
Ma adesso come bisogna comportarsi? Quando i bimbi con convinzione affermano: “Sono io il fidanzato della mamma!”, bisogna assecondarli o no?
Ce lo dice la nostra Psicologa Amica, la dottoressa Francesca Santarelli:
“Se già intorno ai 18 mesi circa il bambino riesce a rendersi conto della differenza tra maschi e femmine in ragione di alcune caratteristiche esteriori (quali il tipo di abbigliamento o il modo di tenere i capelli), è solo intorno ai 3 anni di età che individua i propri organi genitali e quelli del sesso opposto e scopre che maschi e femmine sono fatti in modo diverso.
Ha inizio quindi, la cosiddetta “fase fallica Freudiana, che dura fino ai 5/6 anni di età ed è caratterizzata da un grande interesse da parte del piccolo verso l’area genitale del corpo.
In questo periodo compaiono anche le prime domande che mettono a disagio i genitori (“perché le femmine non hanno il pisellino?”) e giochi come quelli del “dottore”, che consentono al bambino di osservare più da vicino le differenze sessuali, soddisfacendo senza malizia, la sua grande e del tutto naturale curiosità di sapere su questo aspetto.
Proprio in concomitanza con la scoperta tra i sessi, ha inizio una fase di maturazione psicologica del bambino contraddistinta da quello che Freud definì come “complesso edipico”, utilizzando come riferimento la mitologia greca (il mito di Edipo).
In base a questa teoria psicanalitica, tutti i bambini intorno ai 3 anni tendono a “innamorarsi” del genitore del sesso opposto.
Se fino a questa età, sia maschietti che femminucce hanno avuto un legame privilegiato nei confronti della principale figura di attaccamento, la madre, dopo la scoperta della differenza sessuale la loro maturazione affettiva intraprende percorsi diversi.
Il figlio maschio si innamora della mamma consolidando il legame affettivo privilegiato che si instaura con lei fin dalla nascita e prova gelosia nei confronti del padre-rivale.
In realtà, entrambi questi sentimenti risultano ambivalenti: il bambino oltre all’amore prova per la mamma anche sentimenti di incomprensione e moti di aggressività che tendono a scatenare in lui un forte senso di colpa. Solo con la crescita, si rende conto che il profondo affetto che lo lega alla mamma è in grado di resistere ai suoi attacchi di rabbia e l’acquisizione di questa consapevolezza gli trasmette sicurezza ed equilibrio.
Riguardo al padre, da un lato viene considerato dal bambino come un intruso tra lui e l’oggetto d’amore e ogni occasione è buona per manifestargli la sua gelosia e ostilità, dall’altro è identificato come un eroe, una figura da prendere a modello e imitare.
Proprio in tale ambivalenza di sentimenti di configura il conflitto caratteristico di questo stadio psicologico che verrà superato con la crescita di solita intorno ai 6 anni.
La femminuccia vive la gelosia edipica come un sentimento più difficile da accettare e da esprimere, in quanto è proprio il suo primo oggetto d’amore, cioè la sua mamma, a trasformarsi nella sua rivale!
Di solito a differenza dei maschietti le sue richieste di attenzione al padre, cosi come le sue proteste, risultano più discrete e sottili: la piccola corteggia il papà ricorrendo a giochi e atteggiamenti di seduzione e cerca di coinvolgerlo assumendo comportamenti simili a quelli adottati dalla mamma.
Tramite il complesso di Edipo la bambina ha modo di sperimentare per la prima volta, nel suo confronto con il maschio rappresentato dal padre, la propria femminilità.
Detto questo, qual è allora il migliore atteggiamento da adottare in questa fase?
Come abbiamo detto è un momento di crescita psicologica molto delicata ed è per questo che mi sento di suggerirvi qualche attenzione in più da adottare, evitando il rischio di esasperare alcuni atteggiamenti attraverso reazioni estreme quali un’eccessiva compiacenza o un atteggiamento punitivo e rigido.
Il ruolo dei genitori è di fatto fondamentale al fine di favorire il naturale superamento di queste ambivalenze e porre le base della futura personalità e identità sessuale del bambino stesso.
La ricerca di attenzioni e la seduttività da parte delle bambine nei confronti del padre, cosi come gli atteggiamenti aggressivi indotti dalla gelosia provata dai maschietti, pur dovendo essere accolti e compresi da mamma e papà, devono essere “contenuti” e ridimensionati attraverso atteggiamenti e comportamenti quotidiani che rendano chiaro quale sia il ruolo di tutti i componenti all’interno della famiglia.
La cosa importante è evitare che il piccolo possa vivere queste fantasie incestuose come reali.
Questa illusione infatti, finirebbe per condizionare il naturale percorso evolutivo del bambino, impedendogli, in futuro, una vita sessuale e sentimentale realmente libera e indipendente.
Ma niente paura….psicanalisi a parte, è bello sentirsi e vedere innamorati i nostri piccoli no?”
Per appuntamenti o info con la dottoressa Francesca Santarelli, potete visitare il sito Internet del suo studio: www.studiosantarellidecarolis.com.