Mio figlio Marco, lo sapete già, ha una casa immaginaria in un paese immaginario che è Agnese (o Vagnese, ancora non abbiamo capito bene). Ogni tanto dice anche di condividere le spese dell’appartamento con degli inquilini illustri, come Ben Tennyson, per gli amici Ben10!
Ma ci sono tanti bambini che chiacchierano con i loro amici immaginari, ci giocano e gli attribuiscono anche tutte le monellerie.
Ma avere un amico immaginario è un fattore positivo o negativo? E noi genitori come ci dobbiamo comportare? Dobbiamo reggere il gioco o smontare la fantasia?
Lo abbiamo chiesto alla nostra Psicologa Amica, la dottoressa Francesca Santarelli.
Ecco cosa ci dice:
“Chissà quante di voi si sono trovate di fronte al vostro bambino che parlava “da solo” o dichiarava apertamente di avere un amico che può vedere solo lui, con cui parlare, giocare, o a cui far riferimento nelle situazioni di tutti i giorni.
Alzi la mano chi non si sia chiesta, almeno una volta: “Ma è tutto normale? Mi devo preoccupare?”
Bhe! allora sono qui per rassicurare tutte queste mamme, dicendo loro innanzitutto che, avere un amico immaginario, è un’esperienza molto comune per i bambini tra i 3 e gli 8/9 anni e non c’è nulla di patologico in questo comportamento, anzi, è un modo di fare che favorisce l’arricchimento della vita personale del bambino.
Infatti, i bambini che hanno avuto, per un certo numero di anni, un compagno immaginario vengono coinvolti in giochi di ruolo piuttosto complessi e il coinvolgimento in giochi di ruolo è risultato positivamente correlato allo sviluppo di comprensione sociale ossia la capacità di assumere la prospettiva di un altro.
Non solo. I bambini con un amico immaginario sono risultati meno timidi, con maggiori capacità comunicative e capaci di mettere in atto soluzioni alternative a situazioni note e non.
I compagni immaginari possono essere di due tipi: quelli che hanno come base un giocattolo o un pupazzo che il bambino ha (e la funzione è molto diversa da quella dell’oggetto transizionale che funge da sicurezza in momenti di separazione o lontananza dal genitore) e quelli inventati.
Fra i compagni immaginari inventati, i più frequenti sono bambini della stessa età e dello stesso sesso ma magari con caratteristiche o poteri speciali, animali magici, o supereroi.
Ci sono anche bambini, vecchi millenari e moltissime altre creazioni originalissime dal momento che le caratteristiche attribuite al compagno immaginario dipendono dalla storia e dalla fantasia di ogni singolo bambino.
Nei bambini di questa età, la capacità di distinguere tra realtà e sogno non è ancora acquisita. Costruendosi un mondo immaginario popolato da amici condiscendenti, il bambino impara a definire i confini esatti tra realtà e immaginazione e ad affrontare i propri impulsi negativi – odio, paura, gelosia, menzogna – che attribuisce all’amico immaginario, mentre lui può assumere il ruolo del ‘buono’ che rimprovera e punisce. Questi esperimenti di buona e cattiva condotta rappresentano i primi sforzi del bambino per conformarsi alle aspettative dei genitori. Il piccolo sa perfettamente che la sua creazione non è reale e ne comprende la fragilità. Ecco perché spesso ne tiene lontani gli adulti, la cui intrusione rischia di limitare il valore esplorativo del suo gioco.
Attraverso gli amici immaginari può vestire a piacimento i panni del ribelle o del bambino fragile e indifeso, verificando di volta in volta quali effetti sortiscono i diversi comportamenti. Parallelamente, nello stesso modo in cui utilizza i suoi ‘falsi’ amici per conoscere meglio se stesso, ha la possibilità di assumere ruoli che gli permettono di identificarsi con l’uno o con l’altro dei genitori. Inizia quindi a capire che cosa vuol dire esercitare un’autorità e disporre di un’autonomia.
L’amico immaginari dunque, è una creazione positiva dell’immaginazione dei bambini ed è una fonte inesauribile di energia utilizzata per portare fuori da se tutte quelle emozioni, tensioni e preoccupazioni che possono far parte della vita di tutti i giorni. Certo, immaginarsi un amico che fa tutto quello che diciamo noi, che ci consola e che non rivela a nessuno le nostre preoccupazioni, a chi non sarebbe utile?
Spesso inoltre, l’amico immaginario si presenta quando l’ambiente attorno al bambino subisce un cambiamento o quando per svariate cause il bambino si trova a restare più frequentemente da solo e può assumere nella mente del bambino le caratteristiche delle persone di cui sente la mancanza. Se per esempio la mamma (o il papà) per motivi lavorativi è costretta/o a rientrare più tardi a casa, il bambino può sentirsi solo e cercare così conforto nell’immaginazione, ecco l’amico immaginario.
Questo discorso vale per qualsiasi figura importante nella vita del bambino, dai genitori agli amici, nonni, ecc…
Se vi trovate a vivere un’esperienza simile e ne siete turbate, perplesse, spaventate o non sapete cosa fare, quello che vi consiglio è innanzitutto di non prendere in giro il bambino e non cercare di convincerlo del fatto che il suo amico immaginario non esiste.
Bisognerebbe comportarsi come se fosse reale senza d’altro canto enfatizzarlo troppo.
L’amico immaginario svanisce nel nulla da solo senza il bisogno di alcun intervento da parte dello psicologo, ma è sempre positivo però cercare un dialogo con il bambino e capire se è preoccupato per qualcosa, se si sente solo o triste.
I bambini imparano ad accettare che i genitori spesso non ci sono perché lavorano e hanno molti impegni, ma li si può aiutare a sentirsi pensati anche se non si è insieme, comunicando con loro, aiutandoli ad esprimere con le parole i propri pensieri, preoccupazioni ed emozioni.
I bambini sanno perfettamente che i personaggi della fantasia vivono in un’altra dimensione rispetto a quella in cui vivono le persone in carne ed ossa e non si stupiscono affatto se voi non volete entrare nel loro mondo magico, in fondo siete degli adulti…
Se vi sentite di stare al suo gioco, partecipate alle sue fantasie senza voler prendere le redini, razionalizzare il tutto o imporre le vostre regole: quello della fantasia è uno spazio di libertà molto tenue che può dissolversi in un battibaleno se coloro che vi accedono manifestano visioni dissonanti. Evitate anche di prendere alla lettera ciò che il bambino dice o di condannare eventuali espressioni violente: i bambini di oggi vedono molta violenza in tv e hanno bisogno di metabolizzarla nei giochi.
Se vostro figlio, o figlia, attribuisce le conseguenze delle sue azioni all’amico immaginario – ad esempio, in una reazione di rabbia colpisce un bicchiere e poi dice: “E’ stato Jimmy a versare l’aranciata sul tavolo, non io!” potete creare una soluzione immaginaria al problema immaginario rispondendo: “Benissimo, allora pulite il tavolo tutti e due insieme!”; si evita un bisticcio pur considerando il bambino responsabile di ciò che ha fatto.
Preoccupatevi della questione solo se il bambino è talmente coinvolto nel suo rapporto con l’amico o gli amici immaginari da non voler più giocare con i bambini in carne ed ossa. O quando è palesemente chiaro che non riesce più a distinguere la realtà dalla fantasia, fino a far scomparire la sua reale identità. In questo caso può servire l’aiuto di uno psicologo.”
Per appuntamenti o info con la dottoressa Francesca Santarelli, potete visitare il sito Internet del suo studio: www.studiosantarellidecarolis.com