Viva la Mamma

L’adolescenza


L’adolescenza. Ancora è lontana, ma mi spaventa già. Tanto.
Qualche anno fa mio suocero mi regalò un libro. Ricordo solo il titolo: “Questa casa non è un albergo”.
Non avevo ancora Luca. Marco era poco più che un fagotto. Iniziai a leggerlo.
Storie di ragazzi in piena fase di ribellione, di rifiuto della società, della famiglia. Il loro mondo fatto solo di ideologie, di miti e falsi miti e di comportamenti esagerati, portati al limite.

Non arrivai alla fine.

Quel libro per me è come un’ombra. Impilato sotto una serie di libri più “leggeri” che mi piacerebbe leggere. Ma ogni tanto lo guardo e con terrore mi chiedo: “Riuscirò ad affrontare quella che per un genitore è la prova più difficile?”

Come tutti, sono stata anch’io adolescente. Ricordo che in quel periodo detestavo tutte le assurde regole che mi imponeva mia madre. Le trovavo insopportabili. E trovavo anche lei insopportabile.
“Fino a che sei a casa mia fai quello che ti dico io”. “Fino a che sei qua rispetti le regole di questa casa”

Odiavo quel “Fino a che”. Lo trovavo irritante, fastidioso, insopportabile.
Un invito a fuggire, un biglietto di sola andata per volare via da quel nido troppo stretto e non tornare mai più.

Ma con le buone o con le cattive (quando è stato necessario) i miei genitori mi hanno traghettata fuori da quel periodo difficile. Più mia madre, se devo dirla tutta.
Col senno di poi, e vedendo quel che fanno i ragazzi adesso, posso dire di non essere stata molto ribelle. Anzi.
Ma dentro di me per anni ho continuato a ripetermi: “Quando avrò dei figli io non farò mai come loro. Li lascerò liberi di scegliere, liberi di andare, liberi di tornare tardi, liberi di…!”

Ebbene, ho cambiato idea. Spero di avere quella forza e quella determinazione che ha avuto mia madre.

Ancora manca qualche annetto. Ma le storie che leggo, che sento, che vedo in giro mi mettono su parecchia ansia.

Sotto vostro suggerimento, qualche giorno fa, sono andata a rivedere il servizio di Matteo Viviani, delle Iene (ho postato il video perchè credo veramente che meriti di essere visto).
La storia di una mamma alla quale è stata sottratta una figlia, in piena crisi adolescenziale, dai servizi sociali.

Mi sono chiesta: “Ma possono accadere veramente cose del genere? Possono i servizi sociali sottrarre dei figli a delle famiglie con tanta facilità? Senza sufficienti prove. E come possono fare i genitori a fronteggiare storie di questo tipo?”

Ai miei tempi se un genitore dava uno schiaffo ad un figlio, il figlio doveva incassare il colpo, chiedere scusa e riflettere su quanto accaduto.

Ora se un genitore dà uno schiaffo ad un figlio rischia una chiamata ai servizi sociali. Rischia anche di perderlo quell’amato figlio.

Parliamo tanto di educazione. Ho letto tanto. Libri e libri su questo tema. Sociologi, educatori, psicologi. Tutti in cattedra. La teoria la conosco alla perfezione.
Ma io in primis non sono riuscita, almeno finora, o così mi sembra, ad educare per bene i miei figli.

Se rimprovero Marco, lui si gira dall’altra parte facendo anche una smorfia.
Se gli dico: “Ora stai zitto e ascolta”, lui cerca di replicare.
“Vai in camera tua a riflettere”… magari in camera ci va, ma si mette a giocare.

“Adesso fai questo e quello”… neanche per idea!

“Devi essere responsabile delle tue cose”… e invece lascia pezzi ovunque senza dare la giusta importanza.

Ogni tanto, lo ammetto, ho anche abbozzato qualche schiaffo. Almeno il gesto. Ma senza sortire i risultati sperati.

E i miei sono ancora due bambini che stanno crescendo, ma ancora piccoli.

A me bastava lo sguardo di mia madre per incenerirmi. Non era necessario neppure che aprisse bocca.

Io non riesco neppure ad impormi con decisione adesso che sono piccoli…

Sinceramente, qui lo scrivo e qui lo nego, non so se sarò capace di affrontare con la giusta forza quel periodo.

Ma mi piacerebbe tanto conoscere le vostre esperienze. So che tra di voi ci sono tante mamme con figli un po’ più grandicelli che spesso non commentano perché gli argomenti da noi trattati sono “superati”.

E’ la vostra volta: fateci sentire la vostra voce, i vostri vissuti.

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