Ma esistono, e non sono pochi, casi contrari. Leggete questa sentenza che sicuramente farà discutere e che probabilmente costituirà un precedente giurisprudenziale da considerare e non sottovalutare: una sentenza della sezione specializzata in Diritto di Famiglia del Tribunale Civile di Roma ha condannato una moglie all’addebito della separazione a causa dello shopping ‘selvaggio’ finalizzato soltanto all’acquisto di vestiario e profumi”.
A darne notizie è stato Gian Ettore Gassani, presidente dell’Associazione degli Avvocati MatrimonialistiItaliani (Ami) che ha spiegato: “Di solito l’addebito della separazione viene pronunciato per infedeltà coniugale o violenza. Questa volta, invece, i giudici romani hanno ritenuto sussistere violazione dell’art. 143 del codice civile (che obbliga i coniugi a concorrere alle spese nell’interesse della famiglia) nel comportamento della moglie, la quale avrebbe utilizzato carte di credito e bancomat esclusivamente per proprie spese personali del tutto voluttuarie, al contrario del marito che aveva sostenuto da solo i costi del menage familiare”.
“Secondo le cronache – precisa Gassani – il processo avrebbe dimostrato che la donna non aveva sostenuto una sola spesa per i figli. Per tale ragione, come conseguenza dell’addebito quest’ultima subirà la sanzione della perdita del diritto all’assegno di mantenimento.
Questa sentenza dimostra che il Diritto di Famiglia italiano sta cambiando: c’è più indulgenza per le infedeltà coniugali ma una maggiore severità per tutti gli atteggiamenti di disimpegno economico dei coniugi in danno della famiglia”.
“E’ indubbio che tale provvedimento farà discutere, perché sancisce un nuovo criterio di giudizio circa i diritti e i doveri che i coniugi devono assumere e rispettare in costanza di matrimonio. E non solo. La giurisprudenza molto presto si pronuncerà anche in merito ai criteri di utilizzo effettivo – da parte del genitore presso cui i figli sono collocati stabilmente – dell’assegno di mantenimento erogato dall’altro genitore. Tra gli addetti ai lavori, infatti, si insiste sull‘obbligo della rendicontazione delle spese effettuate per i figli, attualmente non previsto dalla legge”.
Permettetemi una sola osservazione: “ERA ORA!”