Lo avreste mai detto?
E invece è proprio quanto emerso nel corso del II congresso della federazione delle società scientifiche della riproduzione.
“Troppe coppie – ha affermato il professor Giuseppe Ricci dell’Università di Trieste – si sottopongono a screening, relativi alla coagulazione, anomalie della tiroide, anomalie immunologiche, che non danno alcun risultato. Anzi – sottolinea l’esperto – consigliare lo screening, (di utilità non dimostrata), può avere una serie di implicazioni negative”.
A conferma di quanto sostiene, l’esperto cita l’esempio dello screening delle mutazioni genetiche trombofiliche, di cui la più nota è il fattore V Leiden (dalla città olandese dove è stato, nel 1994, per la prima volta identificato).
“Tale screening è ormai entrato fra gli esami che molti centri di procreazione medicalmente assistita richiedono alle coppie prima di sottoporsi alle procedure – sottolinea Ricci -, ma il fattore V Leiden in alcuni casi può essere responsabile di una trombosi.
Purtroppo, non siamo in grado di prevedere in quali soggetti si verificherà la trombosi. Le mutazioni trombofiliche possono trovarsi fino nel 10% della popolazione sana. Se questi fattori dessero una trombosi di un arto, una donna su dieci che fa la fecondazione assistita avrebbe questa gravissima complicanza. Quest’ultima si verifica nello 0,1% delle donne, ma è associata a una mutazione trombofilica nello 0,03% dei casi. Quindi facendo lo screening si troverà una donna su dieci positiva, e si pone il problema se farle una terapia con eparina. Terapia che non è esente da complicanze, e che è piuttosto costosa”.
Per “dovere di informazione” vi ho riportato questa agenzia che mi è sembrata di utile interesse per quanti si stanno accingendo a fare gli screening per l’infertilità.
Ma non aggiungo altro, non è mia materia e non mi permetto di dare pareri e giudizi su argomenti che non conosco.