Che esagerazione! Starete pensando.
Eppure è tutto scritto nero su bianco in una ricerca condotta negli Usa da una clinica della fertilità. E’ stato dimostrato che una dieta ricca di grassi saturi riduce il numero e la qualità degli spermatozoi. Ad eccezion fatta per gli acidi grassi Omega presenti in pesce e olii vegetali. Questi, invece, contribuiscono ad una più alta concentrazione ed efficienza degli spermatozoi.
“Se gli uomini apportassero qualche modifica alla dieta in modo da ridurre la quantità di grassi saturi e aumentare l’assunzione di omega-3 – ha detto Jill Attaman, autore dell’indagine e docente di Endocrinologia riproduttiva presso il Massachusetts General Hospital e di Biologia riproduttiva alla Harvard Medical School – migliorerebbero la loro salute generale, e soprattutto quella riproduttiva”.
Un certo numero di studi precedenti ha indagato il legame tra indice di massa corporea e qualità dello sperma con risultati alterni. Tuttavia, si sapeva poco circa il ruolo potenziale dei grassi alimentari nell’influenzare la qualità dello sperma.
Il team, guidato da Jill Attaman, ha interrogato gli uomini sulle abitudini alimentati, analizzandone campioni di sperma nel corso di quattro anni. Confrontati con quelli che mangiano meno cibi grassi, gli uomini che ne ingurgitano di più avevano un numero di spermatozoi più basso del 43% e una concentrazione spermatica inferiore del 38% (si tratta del numero di spermatozoi per unità di volume di seme).
Inoltre i soggetti che portano in tavola più alimenti ricchi di Omega 3 erano caratterizzati da spermatozoi con una struttura più normale rispetto agli altri. “L’entità dell’associazione” che abbiamo scoperto è “abbastanza notevole e fornisce un ulteriore sostegno agli sforzi per limitare il consumo di grassi saturi”, ha spiegato Attaman.
Tuttavia il 71% dei partecipanti erano in sovrappeso oppure obesi, cosa che – evidenziano i ricercatori – potrebbe avere un impatto sulla qualità del seme. Inoltre, nessuno degli uomini aveva una conta spermatica o concentrazioni al di sotto dei “normali” livelli definiti dall’Organizzazione mondiale della sanità (rispettivamente almeno 39 milioni e 15 milioni per millilitro).
I risultati di questa ricerca sono stati giudicati “interessanti”, anche se, sicuramente, serviranno ulteriori studi per confermare gli esiti, sottolineano i ricercatori americani su ‘Human Reproduction’.