E ditemi care mamme: che posto vi viene in mente quando sentite parlare di urla, imprecazioni, bestemmie e tanto dolore? Beh! a me un solo posto: la sala travaglio-parto.
Ricordo come se fosse ieri il giorno in cui è nato Marco, fine luglio di quattro anni fa. Poiché l’ospedale era strapieno, le infermiere “parcheggiarono” me e tutte le altre povere donne in travaglio sulle barelle vicino alla porta anti-panico che portava nelle sale parto.
Non vi dico: ogni volta che si apriva quella porta si sentivano urla, insulti e un repertorio che non si può ripetere. Mai avrei pensato che dalla bocca di una donna potessero uscire quelle frasi!
Ve lo giuro, sembravano delle professioniste della parolaccia! 🙂
La porta si spalancava e l’ansia saliva.
Per fortuna che dopo qualche ora mi spostarono in una stanza! Quando è arrivato il mio turno fortunatamente sono riuscita a controllarmi. Al corso pre-parto ci avevano detto che urlare ci avrebbe solo danneggiato, ci avrebbe tolto il fiato necessario per fare le respirazioni profonde, utili per alleviare il dolore.
Io ho seguito il loro consiglio: non ho imprecato, ma ogni volta che arrivavano le contrazioni facevo i respiri lenti e profondi e vedevo le stelle di tutto il firmamento!
Ora, di fonte all’esito di questo studio universitario mi viene da dire: magari se avessi urlato come una pazza… avrei sofferto di meno!
I ricercatori comunque non hanno fatto le loro ricerche sulle partorienti, ma su un gruppo di studenti. Per verificare la loro teoria hanno fatto mettere nelle mani di alcuni ragazzi dei cubetti di ghiaccio, mentre imprecavano. Poi gli hanno chiesto di ripetere l’esercizio ripetendo una frase non offensiva. Così hanno visto che i giovani erano capaci di tenere in mano i cubetti gelati più a lungo quando ripetevano bestemmie e imprecazioni, e che c’è proprio un legame tra la tolleranza al dolore e insulti.
Secondo i ricercatori questo effetto analgesico si verifica perchè le imprecazioni scatenano la risposta ‘combatti o combatti’.
Il tasso dei battiti cardiaci accelerati degli studenti che ripetevano le bestemmie può indicare un aumento dell’aggressività. Lo studio prova che l’imprecare innesca non solo una risposta emozionale, ma anche fisica, che può spiegare la pratica secolare di imprecare, che persiste ancora oggi.
“Per secoli – spiega Richard Stephens, uno dei ricercatori – si è pensato che bestemmie e imprecazioni fossero un fenomeno linguistico umano quasi universale. Invece quest’azione si inserisce nei centri emotivi del cervello e si presenta nell’area destra del cervello, mentre il linguaggio è nell’emisfero sinistro”.
… a saperlo prima…