Quando ho letto questa frase mi sono detta: “Ma dove stiamo arrivando! Ora non possiamo insegnare ai nostri figli neppure l’educazione?”
Ma leggendo le motivazioni che hanno portato alcuni ricercatori dell’Università del Michigan ad affermare ciò, mi sono ricreduta. Effettivamente le scuse fatte perché obbligati da un adulto producono l’effetto contrario sia sul bambino che le fa, sia su quello che le riceve.
Il bambino obbligato a fare le scuse non capisce l’errore, ma impara che basta dire una parola, “SCUSA”, per non avere altre conseguenze o punizioni. Quindi diventa una soluzione di comodo, di convenienza, d’interesse. Insomma una parola detta per un mero tornaconto personale.
Il bambino che le riceve, percepisce che non si tratta di scuse vere, di un autentico rimorso, e si sente doppiamente offeso.
Più che agire di pancia e istintivamente dire al proprio figlio “Adesso chiedi subito scusa!”, dobbiamo educarli all’empatia, alla consapevolezza, alle scuse vere e sincere. Dobbiamo fargli comprendere qual è l’atteggiamento sbagliato, ma soprattutto insegnargli a capire le emozioni della persona offesa.
Craig Smith, l’autore principale della ricerca, suggerisce ai genitori che si trovano di fronte a queste situazioni di non estorcere scuse, ma di “assicurarsi che il bambino abbia capito il torto fatto e compreso il perché la persona offesa sta male”.
I genitori capiranno di aver svolto bene il loro lavoro quando i bambini si scuseranno non perché obbligati, ma perché pentiti.
Le scuse vere e sincere sono le uniche che sortiscono l’effetto sperato. E i bambini sanno perfettamente distinguere le une dalle altre.
Per arrivare a questa conclusione, i ricercatori hanno messo un gruppo di bambini tra i 4 e i 9 anni d’età di fronte a tre tipologie di “scuse”:
• scuse volontarie e non richieste,
• scuse suggerite dal genitore, ma fatte spontaneamente dal bambino
• scuse obbligate e forzate.
Dai dati raccolti è emerso che i bambini riconoscevano le scuse sentite, anche se imbeccate dall’adulto, e ne erano felici e si sentivano meglio.
I bambini che si scusavano sinceramente provavano anche dei sensi di colpa per il torto fatto.
I bambini che si scusavano perché obbligati, invece, non erano dispiaciuti per il torto fatto, ma solo preoccupati per una eventuale reazione punitiva del genitore. E i bambini “vittime” dopo questo tipo di scuse si sentivano anche peggio.
Insomma stop alle reazioni impulsive e guai a dire ancora: “Adesso chiedi scusa!” senza prima aver fatto comprendere l’errore.
La parola d’ordine? Empatia.