Vi è mai capitato di vedere vostro figlio parlare da solo?
Se ha un’età compresa tre i 3 e gli otto nove anni non vi preoccupate. Fa parte della sua crescita e maturità.
Ce ne parla la psicologa Francesca Santarelli:
“Una volta acquisita una certa dimestichezza con il linguaggio, intorno a 3-4 anni, il bambino tende spesso ad accompagnare la propria attività a una sorta di monologo. Non a caso gli psicologi dell’età evolutiva definiscono questa come la fase del “monologo egocentrico” o del ” pensiero ad alta voce”, una tappa importante dello sviluppo cognitivo infantile che introduce l’interiorizzazione del linguaggio e una prima strutturazione del pensiero. Rispetto al linguaggio “socializzato”, in cui il bambino si rivolge a un interlocutore con uno scopo (informare, lamentarsi, chiedere), quello “egocentrico” non ha più obiettivi pratici o particolare intenzioni e poi esprimersi in vari modi:
-L’ecolalia, cioè la ripetizione per imitazione di sillabe e parole per il puro piacere di parlare e sentirsi parlare.
– il monologo, che consiste nel parlare a voce alta senza manifestare la volontà di essere uditi da qualcuno.
– Il monologo collettivo, quando il piccolo parla da solo in presenza di altri senza preoccuparsi di farsi capire, ma con l’intento generico di attirare l’attenzione e di farsi sentire.
Solo raramente il bambino parla da solo per colmare una carenza di comunicazione con i genitori: nel caso questi scambi siano ridotti o inadeguati, per compensare questa mancanza potrebbe appunto essere spinto a parlare più frequentemente da solo. Questo capita di rado, ma comunque mamma e papà devono essere consapevoli di quanto sia importante fornire al piccolo adeguate risposte e simulazioni verbali.
In alcuni casi il bambino che parla da solo in realtà si rivolge ad un “amico immaginario”, un fenomeno frequente tra i 3 e gli 8 anni di età che, quasi sempre, viene superata attraverso il graduale sviluppo psicologico. Si tratta di un’elaborazione della fantasia infantile che permette al piccolo di esternare sensazioni e desideri che non è capace di esprimere direttamente. Solo se la sua presenza di questo amico finisce per riflettersi sul comportamento del bimbo, condizionando i suoi rapporti con i coetanei reali è consigliabile consultare uno psicologo dell’età evolutiva per accertarsi che all’origine di questa invenzione non sia presente un disagio emotivo”.
Per appuntamenti con la dottoressa Francesca Santarelli, o info, potete visitare il sito Internet del suo studio: www.studiosantarellidecarolis.com