Viva la Mamma

Quando un 8 marzo per le spose bambine?

Mimosa
Oggi è la festa delle donne.
Quante cose ci sarebbero da scrivere su questo tema!
E le agenzie di stampa, proprio in occasione dell’8 marzo, pullulano di notizie sul gentil sesso. Si snocciolano dati di ogni tipo:
– “In Europa le donne guadagnano il 16% in meno rispetto agli uomini. L’Italia però è tra i Paesi più virtuosi, con il gap al 6,5%”. E subito dopo: “The Economist: l’Italia è 21ma in classifica per parità delle condizioni delle donne al lavoro. Islanda, Norvegia e Svezia sono i tre Paesi sviluppati dove le donne hanno le migliori possibilità di avere parità di trattamento”
E ancora:
– “Il 53% di chi fa ricerca è donna”
– “India, a giugno le prime Top Gun
– L’universo femminile è più attento al mondo dei sogni

– …..

Un elenco infinito.

Ma in occasione di questa giornata (che personalmente non amo festeggiare), mi piace pensare che tanta strada è stata fatta, ma tanta ce n’è ancora da percorrere.
La bilancia dei diritti tra generi è ben lontana dall’essere in pari.

Secondo i dati diffusi dalle Nazioni Unite, a circa 62 milioni di bambine in tutto il mondo viene negato il diritto all’istruzione, 500 milioni di donne non sanno leggere.
Il 35% delle donne ha subito abusi da parte del proprio partner.
Inoltre, in circa 155 Paesi vi sono ancora leggi discriminatorie, dalla più famosa Arabia Saudita, dove le donne non posso guidare, fino ‘all’insospettabile’ Regno Unito che non permette alle donne di arruolarsi nel corpo della Royal Marines.

E vogliamo parlare delle spose bambine?

Ogni giorno nel mondo 37.000 bambine sono obbligate a sposare uomini molto più grandi di loro.
Sono costrette a violenze da parte dei loro uomini, alla perdita della loro libertà e del diritto all’educazione.
La loro infanzia o adolescenza viene interrotta sul nascere.
Il matrimonio precoce è una violazione dei diritti umani. È illegale secondo il diritto internazionale ed è vietato in molti dei paesi in cui è presente, ma le leggi esistenti spesso non vengono applicate.

Nonostante le leggi, le autorità non fanno abbastanza per fermarli; gli uomini detentori della tradizione temono di più la sanzione divina che la sanzione della legge. E così ci sono bambine promesse spose ancor prima di essere nate o subito dopo.

Vi riporto alcuni stralci di alcune dichiarazioni di Melissa Verpile, studiosa haitiana che si occupa del ‘Gender, Equality and Population Programme’ per conto della ong ‘Parliamentarians for Global Action’ (Pga), con sede a New York.
Tornata dal Ghana, uno dei paesi maggiormente flagellati da questa usanza tribale, ecco cosa ha spiegato

Quale è la dimensione dei matrimoni infantili?
In Ghana questa pratica riguarda una bambina su cinque, nella fascia di età tra i 12 e i 17 anni.
Nell’Africa Sub Sahariana il 21% delle ragazze (child bride) subiscono violenza prima dei 18 anni.

Perché la famiglia di queste giovani lo permette?
Le famiglie lo permettono per vari motivi. Innanzitutto c’è un sistema patriarcale dove vige la disparità di genere. Infatti la madre è in molti casi anche lei una sposa-bambina che non ha niente da offrire a sua figlia. È disperata e pensa che ‘dare’ la sua bimba sia l’unica strada percorribile.
In secondo luogo, il matrimonio precoce è una pratica tradizionale, portata avanti per gli anziani, che sono i punti di riferimento delle comunità: se una persona si allontana dalle pratiche tradizionali può restare esclusa dalla comunità. Inoltre, il fenomeno dei matrimoni infantili colpisce di più le famiglie povere, dove la bambina è percepita come un onere economico non sostenibile. Quando la figlia si sposa, invece, i familiari ricevono una dote che allevia i problemi di sostentamento. C’è anche da considerare che i genitori fanno sposare le figlie in giovane età perché pensano di garantire la loro sicurezza, infatti nelle zone in cui vivono c’è un alto rischio di violenza sessuale.
Non è trascurabile la mancanza di leggi adeguate che stabiliscano un’età minima di 18 anni per sposarsi. Anche se nei paesi in cui la legge già esiste, come in Ghana, si incontrano problemi di applicazione.

Perché questo tema non è al centro dell’attenzione dell’opinione pubblica mondiale?
Il problema è che le leggi, laddove esistono, non vengono rispettate e ci sono costumi sociali antichi che opprimono le giovani donne e le rendono vittime silenziose, nuove schiave. Non c’è formazione sufficiente per riscattarsi da questa realtà, una volta che le bambine vi sono incanalate, la loro strada è segnata per sempre.

È importante quindi raccontare e testimoniare perché è vero che da noi questo problema non esiste, ma in molti paesi sono ancora numerose le bambine che soffrono in silenzio per questa problematica; spesso non sapendo cosa siano i diritti umani. Sono necessarie quindi la comunicazione e la mediazione per rompere questo loro silenzio. Per aiutarle a raccontarsi e a non vergognarsi nel farlo. L’istruzione è un canale che può aiutare a ridurre i matrimoni forzati.

 

Non sono ancora diventate “DONNE”, sono ancora bambine e costrette a subire queste sevizie.

Il mio 8 marzo lo dedico a loro!

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