Luca: “Un gay”
Marco: “Due gay”
Luca: “Due gay”
Marco: “Tre gay”
Luca: “Tre gay”
Marco: “Quattro gay”
Luca: “Quattro gay”
Marco: “Cinque gay”
Luca: “Cinque gay”
Marco: “Sei gay?”
Luca: “No. Marco ho risposto bene?”
Marco: “Certo, fratello!”
Io, mentre stendevo la biancheria, in silenzio ascoltavo questi loro discorsi senza senso.
Ad un certo punto ho sbottato: “Marco, mi dici che cos’è questa fesseria?”
E lui: “E’ un gioco che facciamo a scuola!”
Io: “Un gioco? Che bei giochi che fate, educativi e soprattutto intelligenti. Bravi!
Ma tu sai che significa gay?”
Marco: “Sì. Un uomo che ama un altro uomo”.
Io: “Bene. E quindi? Cosa c’è da scherzare? Detta così come hai fatto tu sembra quasi un offesa. Ti pare modo? Si può offendere qualcuno che ama un’altra persona? Dimmi poi, perché?”
E’ rimasto in silenzio.
Dopo qualche secondo ho rincarato la dose: “Parlo a tutte e due, io ho tanti amici gay e provo veramente sdegno e tristezza quando vedo che la gente usa queste espressioni offensive nei loro confronti. Sono amici a cui voglio bene e mi sento offesa anche io. Essere gay è uno dei tanti modi d’amare. E non c’è nulla di più bello dell’amore, in qualsiasi forma l’amore venga espresso. Amare è volersi bene, è volere il bene degli altri. Amare è la felicità. Insultare l’amore è un insulto alla vita. Sono stata chiara?”
Mi hanno guardata con occhi sgranati. Sicuramente avranno pensato: “Che si è bevuta mamma oggi pomeriggio?”.
Mi hanno risposto con un secco: “Sì mamma” e hanno continuato a giocare e a parlare come se nulla fosse accaduto. E probabilmente nella loro testa nulla era accaduto. In fondo era solo un gioco che si fa a scuola. Che si fa per ridere…
Forse ho esagerato. Ma è da piccoli che si impara il rispetto per la gente. Gente di qualunque razza, colore, religione, sesso e tendenze sessuali.
E devo dire che purtroppo di discriminazione ce n’è ancora troppa.
Vi racconto solo questa cosa, forse l’ho già fatto in passato. Una mia amica, carissima amica, è sposata con un ragazzo di colore (un bel ragazzo 😉 ). Sua figlia è mulatta.
Un pomeriggio di qualche anno fa, questa mia amica portò la figlia al parco. La bambina era ancora piuttosto piccola. Si avvicinò ad altri bambini che erano lì e che giocavano a palla.
Alcune mamme prontamente allontanarono i loro figli per non farli giocare con lei.
La mia amica non poteva credere ai suoi occhi.
Una mamma le si avvicinò e le chiese: “E’ tua figlia?”
E lei: “Sì, è mia figlia!”
La mamma: “E quanto tempo hai impiegato per averla?”
A quel punto la mia amica abbastanza scocciata le rispose: “Nove mesi, come tutte le altre mamme!”
Poi andò a prendere sua figlia e si allontanò da quel parco.
E’ stata l’unica esperienza di quel tipo? Purtroppo credo di no.
Ancora, permettetemelo, e senza offesa per nessuno, c’è ancora tanta tanta ignoranza.
E se i bambini si permettono di fare battute su gay, sui bambini di colore o di altra razza, è perché le hanno sentite dai ragazzi più grandi che a loro volta, probabilmente, le hanno ascoltate dagli adulti.
Anche i miei figli non sono da meno. Prova ne è che a casa stavano ripetendo a pappagallo il “giochetto” che avevano imparato a scuola.
Ma finché avrò voce, non smetterò mai di spiegargli che è sbagliato e che il RISPETTO per gli altri è la base per vivere in una società civile. La CULTURA è l’unica arma che l’uomo ha per non ripetere gli stessi errori del passato e per difendere i propri diritti!
Mi fermo qua. Altrimenti mi sembra di scrivere la scenografia di un film americano. Uno di quelli che arriva al The End con la ramanzina finale, il sermone del siamo grandi, siamo belli, siamo forti, siamo saggi…